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Tagliano il reddito di cittadinanza, aumentano le spese militari

Il governo Meloni taglia il reddito di cittadinanza e dice no al salario minimo, e acquista 200 carri Leopard per 8 mld. Che si aggiungono ai quasi 27 miliardi di spese militari. È il passaggio dallo stato sociale allo stato militare.

Il cambiamento della politica americana per effetto dell’elezione di Donald Trump, con la spinta al primato dell’America e al depotenziamento della globalizzazione, unitamente alla guerra in Ucraina hanno contribuito ad aumentare in modo rilevante le spese militari dell’Occidente. Secondo l’Istituto internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (Sipri), nel 2022 la spesa per la difesa dei Paesi dell’Europa centrale e di quella occidentale è stata di 345 miliardi di dollari, di cui circa 18 miliardi per la guerra in Ucraina. Il 30 per cento in più rispetto alle spese militari del 2013. L’Italia, negli ultimi dieci anni, ha incrementato del 24 per cento tali spese. I 345 miliardi, in valori reali e non nominali, hanno superato per la prima volta la cifra del 1989, al tempo della guerra fredda.

Sconforta l’ammontare delle spese militari sostenute dall’Europa nel 2022, al cui confronto appare risibile la cifra di 750 miliardi di euro stanziata per l’attuazione del New Generation Eu da spendere nei prossimi quattro anni. È un salasso per i bilanci pubblici dei 27 Stati membri e ancor più per quegli Stati come il nostro che hanno un peso del debito pubblico di più del 140 per cento del Pil. Si tratta, peraltro, di una cifra, nostro malgrado, destinata ad aumentare.

Giova al riguardo sottolineare quanto sostenuto dal prof. Mario Draghi nel corso di una conferenza tenutasi di recente in America, in cui ha spiegato che «le crescenti tensioni con la Cina, la guerra in Ucraina e le aspettative di inflazione sono la conseguenza di un cambio di paradigma che nell’ultimo decennio e mezzo ha silenziosamente spostato la geopolitica globale dalla competizione al conflitto». Tale cambio di paradigma ha comportato la militarizzazione dell’Occidente, anche per contenere l’espansione della Cina. Tutto ciò in presenza di un’inflazione difficile da domare che falcidia i conti pubblici di tutti i Paesi, oltre che le buste paga e le pensioni, ma di più quelli del nostro, gravato da più di 2.750 miliardi di debito pubblico.

Sconcerta che le crescenti spese per la militarizzazione dell’Europa passino inosservate nelle aule del Parlamento europeoe nei Parlamenti dei 27 Paesi. Tutto ciò sta accadendo, mentre si assiste allo sfarinamento graduale delle politiche di welfare (sanità e istruzione, in primis), all’inadeguatezza delle retribuzioni e delle pensioni nel fronteggiare l’incalzare della persistente elevatezza del paniere della spesa, all’incapacità nel fronteggiare i costi finanziari e sociali del cambiamento climatico e della tutela dell’ambiente.

In Italia, mentre aumenta costantemente il numero di italiani sotto la soglia di povertà, mentre l’inflazione erode salari e pensioni, mentre si continuano a tagliare risorse alla sanità pubblica, il governo Meloni, in obbedienza ai diktat della Nato, continua ad aumentare la spesa militare, arrivando ad annunciare l’acquisto di carri armati Leopard per un cifra tra i 4 e i 6 miliardi di euro.

«L’Europa nel suo complesso si può permettere di destinare quasi il 50% del PIL alla spesa sociale perché ci sono altri che spendono per la propria sicurezza e difesa. Oggi questo è un lusso non più sostenibile, almeno non negli stessi termini». A dichiararlo l’ex ambasciatore Stefano Pontecorvo, neopresidente di Lenardo SpA. Per Pontecorvo l’espansione delle spese per acquistare sistemi di morte (320 miliardi di euro quanto sperperato dall’Europa lo scorso anno, il dato più alto dai tempi della Guerra Fredda) non è sufficiente. «Oggi quelle stesse stime parlano di una crescita che oscilla tra il 53% e il 65%, ma se l’Europa vorrà essere un attore realmente operativo per la sicurezza deve prima di tutto introdurre una riforma dei propri livelli decisionali, con un rafforzamento e potenziamento dell’Agenzia della Difesa europea».

«Per tre decenni, dopo la fine della Guerra fredda, il Vecchio continente ha potuto godere dei dividendi della pace, dedicando le risorse della difesa risparmiate al rafforzamento del welfare». Adesso non è più tempo di pace nè di dividendi di pace. Ancora più soldi per armi e munizioni e stop allora al “lusso” delle spese per il welfare, l’istruzione, la sanità, ecc. Dopo aver imposto le scelte di politica estera, militare, industriale, ricerca e sviluppo, istruzione universitaria e media, Leonardo pontifica pure sulle politiche sociali. È davvero l’ora di dire NO al complesso militare-industriale-accademico!!!

La portata del fenomeno dovrebbe preoccupare tutti i cittadini europei, progressisti e non. Non si tratta di marciare per la pace. Non si riscopre il sol dell’avvenire. Si tratta, invece, di sapere per quali finalità l’Europa, a tutela dei propri interessi, è legata alla crescente militarizzazione dell’Occidente, guidato dagli Stati Uniti d’America. Per il nostro Paese, la questione non si fossilizza sulla sopportabilità del 2 per cento del bilancio pubblico per spese militari. È la consapevolezza di dove sta andando l’Europa che deve diventare bene comune. La militarizzazione dell’Occidente può implicare il conflitto mondiale, più dell’Ucraina.

da L’Espresso

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