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Spese militari fuori dal Fiscal Compact in nome dell’emergenza

Le spese per finanziare eserciti e polizia contro il terrorismo non saranno conteggiate nel patto di stabilità. Potrebbe essere una moratoria totale sulle spese militari, mentre si tagliano welfare, sanità, tutele. Come si crea il diritto europeo all’emergenza. Il presidente della Commissione Ue Juncker approva un altro tassello del diritto speciale continentale dopo i trattati sull’austerità.

Le spese per finanziare eserciti e polizia contro il terrorismo non saranno conteggiate nel patto di stabilità. Potrebbe essere una moratoria totale sulle spese militari, mentre si tagliano welfare, sanità, tutele. Gli unici strumenti di pace contro il terrorismo. L’Europa sprofonda nell’abisso.

Le spese per finanziare eserciti e polizia contro il terrorismo non saranno conteggiate nel patto di stabilità. Il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha recepito la richiesta avanzata da François Hollande. Oggi lo stato di emergenza sarà recepito nella costituzione francese. Domani varrà per l’Europa. In un dibattito sul futuro dell’Europa organizzato da tre quotidiani belgi ieri a Bruxelles, Juncker ha definito gli attacchi di Parigi “atti di guerra compiuti in Europa” e ha parlato dell’Isis come del “nemico numero uno per l’Europa e non solo”. Si è detto inoltre convinto che “Usa, Russia ed Europa devono lavorare insieme contro l’Isis, mettendo da parte i problemi tra noi per concentrarci su un problema che se non sarà risolto ci porterà sull’orlo dell’abisso”.

Lo stato di emergenza dichiarato da Hollande ha prodotto un contraccolpo politico sul rigore della Troika. Le spese militari non devono avere lo stesso trattamento delle altre spese rispetto al Patto di Stabilità, un principio che dovrà “valere anche per gli altri stati” ha assicurato Juncker. Da oggi, se l’Italia o la Grecia decideranno di assumere poliziotti o militari, avranno la benedizione della Troika, o comunque di uno dei suoi componenti. Ciò non varrà per gli altri “pilastri” della dottrina Merkel-Schauble: aumenti delle spese sociali, per le tutele universali degli individui, per il lavoro, o contro la povertà non saranno contemplate.

Che cos’è il patto della sicurezza. Questo è il cuore del “patto della sicurezza” vigente insieme al “patto di stabilità”. Il commissario Ue all’economia Moscovici lo ha giustificato in questo modo: “Una cosa è chiara nelle circostanze attuali: in questo momento terribile la sicurezza dei cittadini in Francia e in Europa è la priorità assoluta, e la Commissione lo capisce pienamente“. La Commissione seguirà l’esempio fornito da un’altra emergenza, quella dei profughi che ha spinto a concedere la flessibilità di bilancio. “Vedremo in futuro quale sarà l’impatto e il modo in cui sarà pertinente analizzarlo – ha detto Moscovici – tenendo conto che in ogni caso già oggi “il patto di stabilità non include le spese militari”.

Una precisazione che potrebbe portare anche ad una moratoria totale sulle spese militari e per la sicurezza. In altre parole, terminata l’emergenza terrorismo, gli stati membri potranno continuare a finanziare le spese militari e di polizia, ma non tutto il resto. Insieme alle garanzie costituzionali, il governo dell’emergenza restringe quelle sociali e l’idea, residuale, di Welfare.

Quanto a Renzi l’affermazione di un diritto dell’emergenza permanente avviene nella normalità assoluta. Anzi, diventa l’occasione per rivendicare un primato. Il presidente del Consiglio sostiene di averlo proposto per primo nel 2014 “ma ci fu detto no”. Oggi, invece, “è positivo, giusto, sacrosanto: figurarsi se uno sta attento allo zero virgola sulla sicurezza, quello che vale per la Francia varrà anche per l’Italia”.

Nel nostro paese non occorre un cambiamento della costituzione, almeno su questo punto. Lo stato di emergenza, e l’uso emergenziale di apparati di sicurezza, può passare dal decreto legge di proroga della partecipazione italiana di missioni militari all’estero che sarà approvato oggi. Ieri la Camera ha approvato un emendamento che permette al premier di “emanare disposizioni per l’adozione di misure di intelligence di contrasto, in situazioni di crisi o di emergenza all’estero che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all’estero, con la cooperazione di assetti della difesa”. C’è chi ha denunciato il rischio di un “servizio segreto militare” ripristinato in segreto. Per il momento si tratta di uno spostamento strategico dei poteri decisionali sull’emergenza verso Palazzo Chigi.

L’indirizzo politico è lo stesso, in Francia e in Italia. Con queste parole un editoriale apparso il 18 novembre su Le Monde descrive la trasformazione securitaria ed eccezionale della politica europea: “Fare dello stato di emergenza un’arma permanente al servizio del potere esecutivo può condurre a rimettere in causa le libertà fondamentali. Quelle che figurano al primo posto dei diritti dell’uomo, allo stesso titolo della sicurezza. La sicurezza è un’esigenza. Non importa a quale prezzo“. La Francia lo dichiara nella costituzione e sta creando il suo abisso. L’Italia si trova nello stesso abisso, ma lo fa di nascosto. Con un emendamento.

Il diritto europeo dell’emergenza. Questo è un nuovo tassello che si aggiunge al mosaico del diritto europeo dell’emergenza così è stato definito da Giuseppe Allegri e Giuseppe Bronzini nel loro libro “Sogno europeo o incubo?” (Fazi). L’emergenza terrorismo viene oggi usata, in termini governamentali, per creare un diritto speciale. Fino a oggi, in Europa, è stato usato per sovvertire le regole dei trattati e il metodo comunitario, insieme ai fragili e complicati equilibri tra le istituzioni europee: commissione, parlamento, corti di giustizia e organi intergovernativi. I trattati del Fiscal compact e del Meccanismo europeo di Stabilità (Msn) sono stati infatti adottati secondo le regole del diritto internazionale e non secondo quelle dell’Unione europea. Il Six Pack e il Two Pack, invece, rispondono al diritto comunitario.

Il terribile attentato di Parigi aggiunge un altro dettaglio in questo patchwork giuridico che non conta su una politica economica unica e nemmeno su una politica di difesa comune. “Io sono a favore dei un esercito europeo, ma non è questo il punto – ha aggiunto Juncker – L’importante ora è avere una politica di difesa comune europea”. Tale politica oggi viene sostituita in nome di un’emergenza indefinita e durevole, all’insegna delle politiche di polizia, dentro e fuori i paesi europei.

Tale politica oggi viene sostituita in nome di uno stato di emergenza indefinito a livello europeo, all’insegna delle politiche di polizia, dentro e fuori i confini europei. Ieri, ai piani alti del continente, nessuno ha pensato che l’aumento dei bilanci contro la disoccupazione, per l’istruzione e l’inclusione sociale possa essere uno strumento efficace per garantire la sicurezza sociale delle vittime della crisi economica o della segregazione sociale. Che sia uno strumento di pace contro il terrorismo.

Roberto Ciccarelli da il manifesto

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