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Siracusa: Arrestato don Carlo prete, scomodo, di frontiera. Accusato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’illecita permanenza di stranieri

Bisogna passarci per Bosco Minniti. È un quartiere di Siracusa dove qualcuno ha provato a dare senso alla parola “accoglienza”. Un prete, uno dei tanti sacerdoti di frontiera che invece di piegarsi ai poteri dominanti, da anni ospita nella sua parrocchia uomini e donne migranti, quelli che chiedono asilo, quelli appena giunti dai viaggi disperati, quelli che si fanno la stagione nell’agricoltura. Si chiama Carlo D’Antoni, un faccione ruvido e una voce forte che nascondono una capacità di considerare sempre l’altro come prossimo. Una storia di impegno a favore dei migranti e in generale degli ultimi, di vecchia data, fatta anche di gesti esemplari come quello di far seppellire nel cimitero del paese i corpi di chi arrivava senza un nome per renderli, almeno da morti, parte della comunità. Una parte consistente dei parrocchiani ha condiviso e condivide il suo impegno, c’è chi fa volontariato, chi si prodiga per fornire prospettive e speranze di futuro, niente è arrivato invece dalle istituzioni ovvero da chi per mandato costituzionale, dovrebbe svolgere un ruolo di sostegno sociale.
Da alcuni l’impegno di Padre Carlo non è mai stato molto gradito, un prete che si indigna contro lo sfruttamento nel lavoro, che più volte segnala alla procura della Repubblica casi comprovati che rasentano e a volte oltrepassano la riduzione in schiavitù è considerato come minimo un sovversivo, un comunista.
E ieri, fra incredulità, rabbia e sgomento è giunta la notizia dell’arresto di Padre Carlo. Il provvedimento è stato emesso dal Gip di Catania ed è esteso ad altre 8 persone accusate di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’illecita permanenza di stranieri nel territorio dello stato italiano, falso ideologico in atto pubblico, e false dichiarazioni a Pubblico Ufficiale. Un inchiesta che ha visto impegnata anche la Direzione Distrettuale Antimafia di Catania e la Procura di Siracusa. Secondo gli inquirenti la chiesa di Bosco Minniti era la base logistica di questo clan che, dietro lauti compensi, “produceva o rilasciava documenti falsi necessari per ottenere i relativi permessi di soggiorno per asilo politico o protezione umanitaria. Sempre secondo l’accusa, alla chiesa affluivano migranti da tutta Italia, anche ragazze nigeriane che poi venivano avviate alla prostituzione. Due donne, componenti di questa fantomatica organizzazione, hanno avuto contestato anche il reato di riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione.
Uno shock per il mondo associativo e antirazzista siciliano. Per Padre Carlo sono stati disposti gli arresti domiciliari nella parrocchia e non è ancora possibile parlare con lui. Impossibile contattare anche il suo avvocato, Aldo Valtimora, un professionista anche lui attivo nell’azione di sostegno e assistenza ai migranti, né Antonino De Carlo, uno dei più attivi collaboratori. Ambedue sono accusati di far parte della stessa organizzazione. Le associazioni antirazziste hanno emanato un unico comunicato di solidarietà, a firmarlo sono Agire Solidale, Amnesty International; Arci, Centro Sociale Culturale Pio La Torre, Comitato 100 donne, Emergency, Arcisolidarietà, Libera Siracusa, Jamil Onlus, Stonewall Glbt, Legambiente. Nel testo, pur rispettando l’operato della magistratura, si esprime massima e sincera solidarietà a padre Carlo, fiduciosi che l’esito dell’inchiesta in corso possa chiarire la sua posizione e il suo operato.
Ieri alle 18, i rappresentanti delle associazioni e delle forze politiche democratiche, si sono riuniti in assemblea per decidere il da farsi, cercare di capire le ragioni di tale accanimento, ma soprattutto risolvere i problemi che ora si presentano.
Questo perché la chiesa è divenuta, per mano di questo pericoloso “criminale” un centro interculturale di accoglienza. Dopo i fatti di Rosarno, una parte dei lavoratori fuggiti dalla Piana di Gioia Tauro hanno chiesto aiuto a lui. Detto e fatto: l’altare è stato spostato al centro della navata per lasciare posto ad una mensa che di notte diventa dormitorio per almeno 60 persone altrimenti per strada. Saranno ora i volontari e gli esponenti delle associazioni a fare quello che padre Carlo faceva insieme ai suoi collaboratori. Ma non è la prima volta che padre Carlo finisce nel mirino della “giustizia”. Accadde anni fa, venne accusato del più infamante dei delitti, pedofilia, si tentò di distruggerlo salvo poi assolverlo totalmente perché si trattava di un caso di omonimia. Era un altro sacerdote, con lo stesso nome ma di età diversa e che operava nel nord Italia, ad essersi macchiato di tale reato.
«È uno che si è sempre esposto – racconta Stella Vizzini – del Prc di Siracusa. Sta dalla parte degli ultimi e a qualcuno in città questo non è mai piaciuto. C’è chi vorrebbe che qui e a Cassibile, a pochi chilometri, dove si concentra il lavoro agricolo, accadesse quello che è avvenuto a Rosarno, per poi cacciare via tutti. Ma non andrà così». Un prete che si è interessato troppo anche di politica: alle ultime elezioni amministrative aveva organizzato dei faccia a faccia, fra i candidati alla poltrona di sindaco e i cittadini, affinché si parlasse dei problemi reali di un quartiere con seri problemi sociali da affrontare. «Siamo con lui – ribatte Danilo Ferrante – segretario provinciale del Prc – ma questo succede perché ad impegnarsi su questi temi non sono le istituzioni». Solidarietà anche dalla rete antirazzista catanese.
Padre Carlo è anche uno dei riferimenti locali del “Comitato primo marzo 2010, un giorno senza di noi” , giovedì ci sarà un incontro che vedrà la partecipazione di una delle esponenti nazionali, per definire le modalità della mobilitazione nella zona. Si parla di recarsi in quel giorno all’alba a incrociare le rotte dei caporali e poi di una manifestazione pacifica per chiedere diritti ed eguaglianza.
Stefano Galieni

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