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Si riapre il caso Giuseppe Uva: trovate tracce di sangue sulle scarpe da ginnastica

Dopo oltre 3 anni finalmente si riapre ufficialmente il caso Giuseppe Uva ( varesino morto nella caserma dei carabinieri di via Saffi, pare dopo essere stato malmenato dalle stesse forze dell’ordine, ovviamente questo secondo la difesa della famiglia Uva) con delle nuove prove. La prima e forse la più eclatante è di queste ultime ore: le scarpe da tennis sequestrate e repertate dalla polizia, mostrerebbero evidenti tracce di sangue, le quali dovranno essere analizzate e capire l’appartenenza tramite la prova del dna. Scarpe che, secondo le dichiarazioni della sorella Lucia Uva, l’unica ad averle viste repertate ( “Gliele avevo regalate solo il giorno prima della tragedia” sottolinea la donna ) pare presentino anche tracce di usura nelle punte come segni di trascinamento. La seconda è l’esito della nuova autopsia effettuata nei giorni scorsi e che sarà reso pubblico nella giornata di domani, autposia chiesta dal magistrato dopo le pressioni da parte dell’avvocato Fabio Anselmo che segue il caso. Insomma nuovi scenari su di una brutta storia pregna di dubbi, gli stessi che metterebbero in luce una violenza ingiustificata da parte della polizia, che avrebbe poi causato la morte assurda di un uomo di 43 anni.
Giuseppe Uva come Federico Aldrovandi, ragazzo ferrarese di 18 anni morto dopo essere stato picchiato da quattro poliziotti di pattuglia e ora condannati per omicidio. Scenari drammatici che mettono in luce altre tristi e simili vicende; come quella di Michele Ferrulli trovato esamine a terra in una zona centrale di Milano lo scorso 30 giugno, dopo un controllo della polizia chiamati da alcuni vicini per schiamazzi. Se poi aggiungiamo pure la vicenda caserma Bolzaneto allora si capisce che effettivamente qualcosa non va nei comportamenti di alcuni componenti le forse dell’ordine.
Se la vicenda Aldrovandi ha trovato dei colpevoli, questo non si può invece ancora affermare per quanto attiene le vicende Uva e Ferrulli, tre storie molto simili tra loro anche per la forza messa in campo dai familiari delle vittime, che non hanno mai creduto alle varie versioni della polizia, sempre così diverse e spesso senza prove fondate che evidenziassero realmente come siano andate le cose in quelle drammatiche serate.
Un cortina di omertà messa in risalto dal docufilm intitolato “E’ stato morto un ragazzo. Federicio Aldrovandi che una notte incontrò la polizia” , che verrà presentato stasera al Filmstudio di via De Cristoforis (inizio ore 21), un ottimo lavoro di cronaca giornalistica frutto di mesi di ricerche dettagliate da parte del giornalista Rai Filippo Vendemmiati, presente oggi alla conferenza stampa di presentazione insieme a Lucia Uva, sorella di Giuseppe Uva e Domenica Ferrulli, figlia di Michele Ferrulli.
“Dopo questa inchiesta posso sentenziare senza ombra di dubbi che per si è trattato proprio di omicidio e il documentario in questione evidenzia tutta la responsabilità della morte, causata da una inaudita violenza messa in atto dai poliziotti intervenuti-dice Vendemmiati che aggiunge- Onestamente devo dire che mi ero avvicinato a questo caso, io navigato giornalista di cronaca, con qualche reticenza su tutta la vicenda, poi ho dovuto ricredermi raccogliendo sempre più prove e testimonianze che mettevano in evidenza quanto realmente accaduto quella sera”
Una indagine difficile, pesante ed anche dolorosa che alla fine ha portato alla verità. La stessa che attendono ora i familiari di Uva e Ferrulli. Nel caso di Uva c’è un fascicolo, tecnicamente denominato “Fascicolo21”, non ancora reso noto che potrebbe riservare altri colpi di scena. Altri contenuti importanti sono invece inclusi in una memoria raccolta dall’avvocato Fabio Anselmo e che venerdì verrà consegnata come Esposto in procura a Milano, memoria letta in anteprima dalla sorella Lucia “ Questa è l’unica vera verità e tutto documentato in maniera dettagliata, ora spero nuovamente nelle giustizia e che finalmente vengano condannate quelle persone che hanno pestato a morte mio fratello. Il processo è stato fatto a noi e non capisco tutto questo astio nei nostri confronti da parte del Pubblico Ministero Abate. Invece di prendersela con noi, il dottor Abate dovrebbe invece rendere pubblico quel fascicolo su mio fratello che tiene chiuso nella sua scrivania”.
Tanto clamore ha suscitato pure la vicenda di Michele Ferrulli che solo la caparbietà e coraggio della figlia Domenica non ha fatto sì che venisse relegato nel dimenticatoio di quelle tristi inconcludenti storie di cronaca nera italiane, archiviate senza colpevoli. “ E’ difficile vive in questa situazione- confessa Domenica, 26 anni e madre di due figli- Quella sera c’erano tanti testimoni. Molti vicini di casa che hanno assistito a tutta la scena e ora defilatisi per paura delle conseguenze. Tutto ciò fa stare male ma io non mollo anche perché dopo tanta fatica la magistratura finalmente ha messo agli atti un filmato girato con l’Iphone da due cittadine romene (filmato rintracciabile anche attraverso youtube , ndr), dove si vede benissimo il pestaggio da parte dei poliziotti. La cosa che più mi disgusta è vedere l’ironia e i sorrisini che mettono in atto gli stessi agenti di polizia, tra l’altro miei coetanei, ogni volta che mi incontrano quando girano in pattuglia. Poi il fatto che il mio luogo di lavoro sia proprio di fronte alla loro caserma, psicologicamente non aiuta. Ho ricevuto anche minacce, ma non mollo e voglio che si faccia giustizia per la morte di mio padre”. Vicende drammatiche, storie dolorose che verranno raccontate durante un’intera puntata del noto programma televisivo “Presa Diretta” (a partire dal prossimo 8 gennaio), drammi familiari che però non vogliono colpevolizzare-così come evidenziano spesso sia Lucia Uva che Domenica Ferrulli- il difficile e dignitoso lavoro che svolgono quotidianamente gran parte dei componenti le Forze dell’Ordine, ma che raccontano di un Paese che troppo spesso dimentica cosa significhi essere un Paese civile.
Gianni Beraldo da Varese7press

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