Se guardiamo con una certa distanza il comportamento della stampa di regime nei confronti delle piazze di questi giorni alcune cose balzano agli occhi.
a) Non stupisce la grande copertura data a iniziative fatte ancora di piccoli numeri, perché tutti hanno capito che la “seconda ondata” non può essere affrontata come la prima. Se di fronte a un pericolo nuovo e sconosciuto la paura sollecita passività, accettazione della disciplina e delle regole fissate dal governo (per quanto incasinate da interventi cervellotici dei presidenti di regione, impegnatissimi a chiedere più potere per sé) e rassegnazione, non altrettanto può avvenire quando quelle misure si sono ormai dimostrate largamente insufficienti a salvaguardare la salute della popolazione.
In più, come sanno bene gli economisti che studiano i double dip (due crisi ravvicinatissime, intervallate di un abbozzo di “ripresa”), la seconda botta ha effetti molto più disastrosi su produzione e redditi, perché arriva su un tessuto già molto indebolito.
Se, insomma, si poteva chiedere ad alcune categorie di “sacrificarsi” per un breve periodo, disponendo “ristori” e cassa integrazione, il ripetersi della stessa situazione – per una durata oltretutto assolutamente imprevedibile, vista la stagione e l’assenza di vaccini – significa per milioni di persone la prospettiva del disastro in pochi mesi.
Non paradossalmente, questa prospettiva spaventa molto di più chi viveva tutto sommato bene o benissimo (piccoli e medi imprenditori del “tempo libero” e dei “consumi evoluti”, come ristorazione, fitness, movida, spettacolo, ecc), che non chi già viveva male (precari e lavoratori in nero di ogni ordine, grado, mestiere).
Ed è quindi logico che i primi a muoversi siano stati coloro che ritengono – per questioni di “classe” – di aver più diritto a mantenere il proprio status. Seguiti immediatamente da “curiosi”, casinisti, disperati, attivisti politici di molti e diversi orientamenti.
I media di regime, insomma, fiutano il pericolo e provano a disporre chiavi interpretative che stimolino risposte dell’esecutivo (“soldi alle aziende subito!”), per non lasciar crescere la crepa che si è andata aprendo nella base sociale del “blocco dominante”. Anche a costo di “gonfiare” gli eventi in atto.
b) Sul piano della “rappresentanza politica” di questi primi scatti nervosi, le chiavi interpretative sono stigmi di condanna preventiva.
“Camorra”, “fascisti” e “ultrà” sono stati insigniti subito come i veri “dirigenti politici” di quel che si muove. Anche quando nemmeno ci stanno, in quelle piazze.
Prendiamo l’esempio di Milano, lunedì sera, 26 ottobre. Circa 150 persone che improvvisano un corteo che arriva fino alla Regione Lombardia (con quel che ha combinato in questa pandemia, è proprio il minimo…), e quasi altrettanti giornalisti. Polizia che lascia fare e poi, sotto la regione, nelle strade laterali, procede a dei fermi.
Titoli sparati al massimo – “fascisti”, “ultrà” (camorra no, mica siamo in Campania… in Lombardi è territorio di ‘ndrangheta) – “scontri” che di fatto non ci sono stati (qualche fumogeno, un po’ di roba tirata contro la sede della Regione).
I nostri inviati sul campo ci hanno dato tutt’altro quadro:
“- la manifestazione non era connotata; unico coro (ma solo ogni tanto) “libertà”, nessuno striscione…
-150 persone max; di cui 30 almeno attivisti, qualche decina-ventina compagni venuti a curiosare, sui 30 anni, venuti a vedere se era come Napoli, qualche decina di scoppiati di giri politici esaltati, qualche decina di ragazzi che magari va allo stadio (ma non ci sono capi-curva,ossia quelli che non urlano, danno non ordini, schierati con striscione, armadi a due ante, ecc), gruppetti di ragazzetti di periferia che volevano vedere/fare casino (una buona fetta del piccolo corteo)”.
Probabilmente qualche fascista c’era (“5-6 mascherine tricolori viste in faccia a dei quarantenni”), ma senza alcun ruolo.
c) Ma i fascisti esistono davvero e si danno da fare. Soprattutto quelli di Forza Nuova. A Roma specialmente. Per due volte hanno giocato a “ciccio mi tocca, toccami ciccio” con la polizia (“scontri” e “cariche” mimate, stando bene attenti a non fare e non farsi male), per la gioia di Repubblica e degli altri media mainstream.
Erano stati tirati fuori anche per Napoli, dove non erano in piazza anche perché lì, alle ultime elezioni regionali di fine settembre, hanno preso lo 0,06%. Insomma, non li vota neanche la mamma, figuriamoci se possono “capeggiare” una protesta popolare.
Però, nonostante questa palese inconsistenza numerica e politica, i “fascisti” – ed in particolare il gruppazzo di Fiore e Castellino – hanno ricevuto l’investitura come “unica opposizione politica di piazza”.
d) Tutto ciò ha senso in un solo caso: tentare di scoraggiare qualsiasi scesa in piazza.
“Non mischiamoci coi fascisti” (la “camorra”, fuori Napoli, non è evocabile), rispondono immediatamente in coro tutti i “democratici” dal divano. E altrettanto fanno molti “sinistri radicali” che non si interrogano ormai su nulla e si fanno l’opinione in base agli articoli della “galassia democratica” (Repubblica, L’Espresso, Il Fatto Quotidiano, La7, RaiTre, ecc). In effetti coi fascisti non ci si mischia, di solito si cacciano a pedate…
Sottacendo che, per esempio, tutta la galassia dei media GeDi (il gruppo Repubblica-L’Espresso, insomma) è ormai proprietà della famiglia Agnelli, così come La Stampa (che aveva ceduto proprio a Debenedetti-GeDi per poi ricomprarsela insieme a tutta la baracca).
Nella storia del movimento operaio, ricordiamo agli smemorati, La Stampa era soprannominata la busjarda dagli operai Fiat, per la sua inveterata abitudine alla menzogna su ogni episodio di conflitto sociale a Torino.
Ora quel soprannome deve essere esteso a tutto il gruppo editoriale e su qualsiasi argomento, nazionale internazionale (dalla Cina al Venezuela, da Cuba alle piazze di ieri e di oggi). Come si possa ritenersi “di sinistra” riprendendone i luoghi comuni, è un mistero della fede.
e) Resta il fatto che qualsiasi spinta emerga dalla piazza deve essere criminalizzata immediatamente. Sul piano della repressione, se autentica. Sul piano dell’infamia storica e ideologica, se “recitata”.
I fascisti si prestano meravigliosamente a questo gioco. Se fossimo dietrologi, saremmo indotti a sospettare che siano anche loro a busta paga della famiglia Agnelli. Come ai tempi di Valletta, del resto…
Dante Barontini
da Contropiano
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Il commento di Nunzio D’Erme dell’Osservatorio Repressione
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