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Roma: Pestarono due diciottenni, indagati due agenti di polizia

In pieno inverno era sceso in ciabatte, canottiera e pantaloncini per manganellare con lo sfollagente di servizio due ragazzini che esplodevano petardi per in un prato, sotto casa sua, in zona Casal Lumbroso. E visto che c’era aveva chiesto il rinforzo di un vicino, come lui agente di polizia penitenziaria, che per l’evenienza aveva portato la pistola. «Siamo della polizia, zitti e muti». E giù manganellate. Era il novembre 2011. Poco più di un anno dopo, il pm Emanuele Di Salvo ha formalizzato l’iscrizione al registro degli indagati dei due agenti – Salvatore C., 34 anni, e Domenico U., 45 anni, in forza a Roma – per «minacce e lesioni».
L’inchiesta era partita su denuncia delle vittime, Shadi e Gabriele, due diciottenni studenti del liceo scientifico Malpighi, uno polacco e uno italiano. I due erano rimasti feriti ed avevano trascorso una settimana ricoverati in ospedale. Ad avere la peggio era stato Shadi B. Per lui era stata necessaria anche un’operazione al setto nasale con altri giorni di ricovero.
L’aggressione era avvenuta intorno alle sei di sera. I due ragazzi avevano appena esploso dei petardi in un prato abbastanza lontano dalle villette a schiera del comprensorio in cui vivono, quando si erano sentiti chiamare attraverso la rete di recinzione di un condominio da un uomo in tenuta da mare, con in mano uno sfollagente di colore nero. «Sono un poliziotto, entrate senno’ v’ammazzo, datemi i documenti figli di p…». Era spuntata pure una pistola. Le minacce erano andate avanti per un po’ e quando Shadi aveva avuto la forza di reagire chiedendo all’agente di mostrargli il tesserino, l’uomo si era innervosito ancora di più e con il telefonino aveva chiesto l’aiuto del vicino-collega («Ci sono due ragazzi da sistemare. Vieni fuori senza pistola che li ammazziamo con le mani»).

Il tipo invece era arrivato con la pistola d’ordinanza. «Sparagli alle gambe, se cercano di scappare», gli avrebbe intimato allora l’agente in ciabatte. In risposta alle scuse per i petardi, poi, erano arrivate manganellate e testate. L’agente in ciabatte picchiava, l’altro tratteneva. Una volta all’interno del cortile Shadi, però, era riuscito a chiamare la madre, medico di base, che una volta rientrata a casa aveva chiamato un’ambulanza e il 113. Agli altri agenti della volante poi intervenuti, Salvatore C. al posto dello sfollagente aveva mostrato un retino da pesca.
I ragazzi erano stati portati in ospedale in ambulanza dove erano stati ricoverati nel Dipartimento d’emergenza. Qui Shadi era stato operato per la riduzione della frattura nasale. La diagnosi: trauma cranico non commotivo, frattura ossa nasali, lesione primo dente incisivo. «Tutto per due petardi e di genere ammesso, comprati in tabaccheria», spiega ora l’avvocato del ragazzo Juan Carlos Gentile: «Troppi abusi, e anche fuori servizio».

«Noi andremo avanti – assicura la madre di Shadi -. Quando sono arrivata là ho trovato mio figlio sanguinante e l’altro sotto choc con forti vertigini. Il poliziotto che aveva usato il manganello ha cercato di darmi anche la mano: “Scusi signora, sparavano petardi, li avevamo scambiati per ladri…”».

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