Revoche dell’accoglienza e decreti di espulsione ai richiedenti diniegati. Le prassi illegali della Prefettura di Bergamo
La Prefettura di Bergamo ha avviato di nuovo la cessazione delle misure di accoglienza per i richiedenti asilo in appello e, non ritenendo di aver fatto abbastanza, ha inoltre emesso dei decreti di espulsione.
“Fa caldo, si può dormire anche fuori no?”
La prefettura di Bergamo deve averla pensata così quando la settimana scorsa ha dato avvio alla cessazione delle misure di accoglienza di alcuni richiedenti asilo che hanno proposto appello avverso il rigetto del loro ricorso in primo grado. I richiedenti al momento del provvedimento negativo erano ospitati presso le strutture di accoglienza straordinaria della provincia bergamasca.
La vicenda parte qualche mese fa. Il 2 settembre 2016 la Prefettura di Bergamo “alla luce delle ulteriori indicazioni pervenute da parte degli Uffici centrali […] nonché in presenza di consistenti flussi migratori” pubblicò una circolare per “dare indicazioni aggiornate in merito all’accoglienza”.
E’ dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza che arrivavano le direttive. In particolare si faceva riferimento alla circolare del 21 luglio 2016 diramata per superare le “incertezze applicative” nel settore rimpatri. Sono le prime righe che esplicitano il motivo di tanta urgenza di chiarimenti: i richiami “dell’attenzione”, o meglio all’ordine, delle autorità italiane in seguito alla visita di Valutazione Schengen dell’Italia.
Dopo il necessario preambolo, si intrecciano una serie di frasi e passaggi logici che cercano di tenere insieme una precisa volontà di espulsione e la necessità di rispettare le norme che garantiscono la dignità e i diritti dei richiedenti asilo.
Sul filo della contraddizione si alternano i “sempre” e i “caso per caso”:
[…] di seguito al rigetto dell’istanza di protezione internazionale e decorso il termine per la proposizione del ricorso davanti all’autorità giudiziaria senza che l’interessato l’abbia adita, [le autorità] avranno cura di procedere, sempre, alla revoca del permesso di soggiorno per richiesta asilo […] da cui conseguirà la cessazione delle misure di accoglienza.
In considerazione di quanto affermato, le SSLL, di seguito all’adozione ed alla notifica all’interessato del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno per richiesta asilo, valutato il singolo caso, dovranno aver cura di proporre al Prefetto l’espulsione dal territorio nazionale, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lettera b), del TUI.
La circolare suggeriva inoltre la modalità di assolvere alla valutazione di ogni singola posizione, imposta dalla direttiva rimpatri del 2011:
ogni attività correlata all’allontanamento dello straniero [deve essere preceduta] da una attenta valutazione della sua situazione personale, rilevabile nel corso della rituale intervista e documentabile, da parte dei preposti Uffici, mediante la compilazione dell’apposito “foglio notizie” in uso dal 29 giugno 2011, che dovrà riportare sempre la firma dell’interessato, nell’apposito campo “firma del dichiarante”
Delle modalità di compilazione e dell’uso del foglio notizie che è stato fatto agli sbarchi e presso le Questure, in primis quella di Milano, si è già trattato ed è sembrato tutto meno che una modalità chiara e trasparente di valutazione della situazione personale dell’individuo.
Che l’accoglienza si basi sulla gestione securitaria dei centri e degli spazi vissuti dai richiedenti asilo, e su spinta europea, non è una novità ma la Prefettura di Bergamo ha deciso di andare oltre. Dopo aver ben specificato nella sua circolare di settembre che
“i migranti […] possono proporre ricorso alla Corte di Appello ma perdono il diritto a restare in accoglienza […] salvo che la decisione di primo grado sia stata sospesa dalla Corte di Appello ovvero la stessa abbia emanato una decisione ad effetti equivalenti”
e inserito in nota che
“sul punto, tra le altre, si richiama la decisione della Corte di Appello di Brescia, ordinanza del 29 febbraio 2016 (RG 65-1/2016) con la quale si rileva che, in caso di diniego confermato dal Tribunale, “non ricorrono altri impedimenti di legge affinché il provvedimento non sia sospeso e che, peraltro, la sospensione del provvedimento amministrativo, per effetto del ricorso al Tribunale, può ritenersi estesa per tutta la durata del giudizio” [in grassetto nel testo originale]
i primi di dicembre, con l’inizio del freddo, invia ai CAS la revoca delle misure di accoglienza di alcuni richiedenti in appello. Contraddicendo la sua stessa circolare, premettendo che, poiché il Tribunale di Brescia ha rigettato l’istanza di ricorso in primo grado, viene comunicato che
“a far data dalla notifica della presente nota, non sussistono più i presupposti di legge per continuare a garantire le misure di accoglienza fin qui assicurate, salvo il caso che la S.V. sia in grado di fornire A VISTA […] la prova dell’avvenuto accoglimento dell’istanza di sospensiva da parte della Corte di Appello di Brescia”. [maiuscolo, grassetto e sottolineatura nel testo originale]
La mancanza di preavviso e la contraddizione palese della precedente circolare fecero insorgere associazioni come ASGI e alcuni enti gestori che riuscirono a far “sospendere” la circolare.
La Prefettura aveva dimostrato chiaramente, scrivendolo in nota nella circolare di settembre, di essere a conoscenza dell’orientamento della Corte di Appello di Brescia (che ritiene la sospensione degli effetti della decisione della Commissione intrinseca al ricorso). Nonostante questo, nella lettera di cessazione, prima si decreta la fine dell’accoglienza e poi, solo in caso di presentazione della sospensiva della Corte di Appello (impossibile da produrre!), sarebbero state ancora garantite le misure di accoglienza.
Sospesa per i mesi invernali, appena le temperature hanno superato i 10 gradi, la circolare e la sua speciale interpretazione sono state riattivate.
La Prefettura di Bergamo ha avviato di nuovo la cessazione delle misure di accoglienza per i richiedenti in appello e, non ritenendo di aver fatto abbastanza, ha inoltre emesso decreti di espulsione per i richiedenti trovati al momento della notifica della cessazione.
Da qualche giorno a Bergamo ci sono persone senza accoglienza e con un decreto di espulsione, peraltro facilmente annullabile da un giudice di pace. Ci si chiede che senso abbia, anche secondo l’ottica securitaria che non condividiamo, mettere per strada delle persone che sono necessariamente legate al territorio poiché in attesa della decisione della Corte di Appello di Brescia.
È evidente che la Prefettura, nella smania di liberare posti “in attesa dell’estate” si attacchi a tutto, compresi i (pochi, visto il numero di appellanti) posti dei richiedenti asilo.
Ma la Prefettura pensa davvero che buttando delle persone in strada si possa gestire meglio la sicurezza del territorio?
È così che si pensa di rispondere al razzismo imperante del dibattito politico?
Ci si chiede inoltre quali siano i costi di ogni uscita, data la necessità di impiegare personale di polizia, macchine, mediatori, per notificare la cessazione dell’accoglienza, portare la persona in Questura, notificargli l’espulsione.
Se la metà delle energie impiegate per reprimere ed espellere fossero dedicate al garantire i diritti dei richiedenti asilo e rifugiati il “problema” dell’accoglienza non esisterebbe.