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Repressione internazionale modello Genova

La decisione del governo di respingere le dimissioni di De Gennaro è un atto di arroganza istituzionale, prima che politica, tesa a consolidare, con una rinnovata fiducia, la catena di comando. Il controllo giurisdizionale (la decisione cioè della Corte d’appello) avrebbe permesso una riflessione seria, anche a livello istituzionale, sulla vera e propria sospensione nei giorni del G8 di Genova dei paradigmi fondativi dello stato di diritto. Primo fra tutti la sospensione dell’habeas corpus (si pensi inoltre agli omicidi di Aldrovandi, Bianzino, Cucchi ecc.). Le istituzioni avrebbero potuto chiedere scusa ufficialmente per la «macelleria messicana» condotta in prima persona non da alcune «mele marce» ma dalla catena di comando e chiedere scusa per il depistaggio attuato da parte della stessa. E’ stato possibile in Sudafrica; è stato possibile qualche giorno fa per i massacri britannici in Irlanda; in Italia è stata possibile solo una volta (nel caso della relazione parlamentare dell’antimafia per l’uccisione di Peppino Impastato, che credo di conoscere in prima persona). Si badi che il depistaggio da parte di segmenti dello Stato è l’elemento costante e permanente della strategia della tensione e dello stragismo italico. Non sono ingenuo: so benissimo, che in Italia, sono mancate le condizioni politiche. Perché il governo attua una torsione populista, razzista, securitaria del rapporto fra statualità e cittadinanza (di cui l’impunità degli apparti dello stato è metafora); e perché l’opposizione parlamentare di questa catena di comando che abbiamo visto in opera a Genova è stata sempre docile ancella. E’ un caso – lo dico anche in termini autocricritici perché avremmo dovuto porre la questione in modo netton – che tutti i funzionari responsabili del massacro e delle torture di Genova abbiano ricoperto, successivamente, incarichi di responsabilità ancora maggiori? Non sono certo un giustizialista. Ma è proprio il garantismo che pretende autonomia dei poteri, equilibrio e sobrietà nella gestione. La verità è che la progettualità, la radicalità e l’autorganizzazione, la critica al potere del movimento altermondialista facevano paura al potere stesso. Il movimento andava spazzato via con cinica e studiata violenza.
E’ mia convinzione da sempre che a Genova, contro il movimento, abbiamo visto in opera una strategia internazionale. Intreccio fra comandi di polizia e comandi Nato a livello europeo. I sistemi d’arma usati, il tipo di addestramento delle truppe ci indicano precise connessioni internazionali. Esiste tuttora una vera e propria struttura militare e di polizia internazionale la cui funzione è tenere «sotto controllo» i soggetti che esprimono radicalità critica. Forse De Gennaro ne sa qualcosa…

Giovanni Russo Spena da il manifesto

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