Menu

Report da Bodrum

Conosco la Turchia per come sia possibile dopo tre anni di permanenza più o meno costante.
Lavoro ad un progetto di ricerca sull’immaginario di confine, sul concetto di “Europa” e sulle sue frontiere. In Turchia le elezioni e la competizione politica hanno lasciato il posto alla paura, anche se il coraggio continua a mantenere viva una speranza di cambiamento.

L’unico cambiamento che si avverte, però, è una svolta autoritaria generalizzata, un clima di guerra in un tempo di presunta pacificazione sociale.

Le minoranze sopravvivono come possono in questa lotta, in silenzio e di nascosto, anche se dovrebbero essere celebrate a gran voce per la loro diligenza ed il cuore enorme.

I migranti che sono forse la parte più numerosa di questa minoranza, viaggiano a migliaia superando confini, fili spinati e divieti dei governi, delle autorità e dei propri funzionari.

In questa minestra di interessi in conflitto l’Europa rimane immobile di fronte alle notizie quotidiane di arresti, di persone che vengono uccise, di guerre, di violazione dei diritti e delle libertà religiose, filosofiche, di pensiero e depistaggi. La stampa italiana interviene con articoli parziali, (La Repubblica, La Stampa, Huffingon Post).

Da quando mi trovo costretto a soffrire tutto questo silenzio, a seguire le notizie di città occupate militarmente, senza che i governi della “fortezza europa” muovano un solo passo o proferiscano mezza sillaba, mi sono reso conto che gli unici fatti che venivano raccontati fuori dalla Turchia riguardavano le agende politiche, le scadenze elettorali e  le reazioni inevitabili ai tragici fatti di cronaca che non si possono nascondere perché ci toccano direttamente. Come il fatto che continuino ad essere rinvenuti corpi senza vita e scheletri di imbarcazioni e gommoni nelle acque del Mediterraneo.

Nulla può essere spiegato in maniera razionale, dal momento che non ci è dato sapere cosa  discutano i big del mondo durante gli incontri internazionali.

Altrettanto ipocrita allora sarebbe sedersi in cattedra per raccontare presunte verità, che non cambiano la realtà di un millimetro visto che tutto, ormai, ha la parvenza di un’immensa rappresentazione teatrale condita da bugie che coprono fatti molto gravi.

Tra Bodrum e Kos a cavallo tra il 27 ed il 28 novembre sono morti almeno sei bambini che cercavano di raggiungere l’Europa su una barca, la notizia ormai non fa neppure più il giro del mondo, a fatica se ne trova notizia nei media locali.

Alla popolazione spetta di raccogliere i risultati di queste politiche fallimentari.

Non sorprendiamoci solo ora di questi fatti.

Le stime indicate nelle previsioni economiche d’autunno e rese note dalla Commissione europea, affermano che entro le fine del 2017 altri tre milioni di richiedenti asilo potrebbero arrivare in Europa. Mi domando in che maniera  l’Europa sia corsa da Erdogan a siglare un accordo.

Abbiamo forse chiesto di diminuire le partenze dalle coste turche anche al costo di aumentare il numero delle vittime? E perché non parliamo più quando succede?

Il 2015 che sta finendo ha decretato, come già ampiamente illustrato grazie anche ai contributi che trovate in questo sito, la fine del diritto d’asilo europeo e il regime di libera circolazione introdotto con il Trattato di Schengen. Libera circolazione di persone, s’intende, perché le transazioni finanziarie e di capitali non sono toccate dall’iniquo regolamento di Dublino o dalle leggi securitarie, nè sono limitate da alcun passaporto. Il commercio di armamenti neppure, anzi va a gonfie vele.

Ho assistito in silenzio alla notizia della morte di innocenti esseri umani, l’ho scoperto appena arrivato a Kos, è stata una giornalista del posto a comunicarmelo perché, come ripeto, nessun altro si è curato di diffondere la notizia o darne risalto.

Avevo il sospetto che quella notte di vento forte e onde enormi qualcuno avrebbe tentato di raggiungere l’Europa. Non immaginavo che sarebbe stata segreta anche la loro morte. Il punto è che se lo sapevo io, non potevano non saperlo i migliaia di “civil police” che sono, in maniera preoccupante, sparsi ovunque, nel mondo. E che fine hanno fatto le navi che pattugliano le coste militarizzate del Mediterraneo?

Chi traffica con questi esseri umani non ha scrupolo e sembra avere l’appoggio omertoso di quanti ne tacciono le conseguenze.

Ero tranquillo dunque nella mia pensione perché il mare gonfiava le onde e cominciava a piovere, non sarei mai uscito con quel tempaccio.

Ero preoccupato solo perchè ero stato avvisato che con quei mezzi di fortuna qualcuno avrebbe provato a salpare, in fuga, senza nemmeno saper nuotare. Preoccupato in maniera generale del pericolo dei respingimenti illegali dei senza nome, senza patria e senza documenti che avevo incontrato. Non immaginavo che un gommone sarebbe realmente partito e si sarebbe ribaltato con a bordo uomini, donne e bambini.

Perché nessuno indaga mai su chi trasporta questa gente da una costa all’altra? Lo sanno i governi che per un cittadino europeo (come me) raggiungere la Grecia e tornare a Bodrum costa 20 € ed il tutto si completa il 45 minuti di comodo viaggio, mentre il prezzo che viene richiesto agli “irregolari” è superiore ai 1000€ e nonostante i divieti e le proibizioni, le onde e la paura di morire, i migliaia di respingimenti differiti, le vergognose procedure di protezione internazionale ed il perverso sistema di accoglienza, la fabbrica della “clandestinità di stato” funziona a pieno regime e produce solo grossi guadagni e silenziosi ed invisibili morti di serie b? Lo sanno gli Stati europei che gli sbarchi sembrano, sempre più, essere pilotati e gestiti a seconda delle conseguenze, anche politiche e che questi fatti sono una vergogna che portiamo cucita addosso, anche se fingiamo di essere innocenti?

Non posso non pensare con rabbia alle lacrime di una madre che domanda di comprare per la figlia il miglior giubbino di salvataggio esistente sul mercato con gli ultimi soldi rimasti o che pensa di farlo ma i soldi non le bastano e non vuole dare alcun indizio di una costosa partenza, programmata e tanto attesa, tra preghiere e scongiuri.

L’Unione Europea invece che inasprire i controlli sui migranti, smetta di costringerli a vivere nell’illegalità, da irregolari perché nessun essere umano è illegale.

Lo stesso giorno ho preso anche io la nave per raggiungere Kos, e il mare ha rischiato di ribaltare anche la “nostra” imbarcazione “sicura”.

Appena dopo lo sbarco però, dopo aver mostrato di essere cittadino europeo nessuno si è rivolto a me ordinandomi di adempiere alle operazioni di fotosegnalazione e di prelievo forzato delle impronte digitali.

A Kos, sono andato al ristorante e non nel nuovo Hot spot costruito al posto della vecchia caserma o nel parco/dormitorio/centro di assistenza vicino alla stazione di polizia dove centinaia di migranti rimangono in attesa che sia pronto il loro trasferimento. Eppure, forse, ero io tra tutti il un vero migrante economico.

Quello che ancora non conosco, lo imparerò a detta dei media, che sono in attesa di fare servizi retorici, razzisti o strappalacrime per ribadire il concetto che l’importante è “l’incolumità del territorio europeo” non quella degli esseri umani, che l’importante è lo scoop e la collaborazione tra Unione Europea, Frontex e Turchia. Questi fatti assieme producono tutti gli effetti sperati. Diminuiscono le partenze dalle coste turche, ed aumentano il numero delle vittime.

Viviamo di teorie e diffidenza, paura e incertezza.

Qualsiasi ragione provenga dall’esterno, l’io finisce per sentirsi attaccatto e vuole irrigidirsi, chiudersi, ribellarsi e diventare indomabile e sordo. E non si pensi che sia sufficiente invocare una malattia mentale, anche se la vera follia in cui viviamo è il  modo in cui stiamo al mondo.

Jamal Al Mabrouk da Associazione Diritti e Frontiere

Leave a Comment

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>