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Quanto vale la vita di un giovane studente morto in alternanza lavoro? Nulla!

I genitori di Giuliano De Seta, lo studente 18enne di Ceggia (Venezia) morto il 16 settembre scorso, in un incidente in fabbrica nel quarto giorno di stage lavorativo durante un PCTO, non riceveranno alcun risarcimento da parte dell’Inail perchè la norma lo prevede soltanto nel caso lo stagista sia anche “capofamiglia”.

Il mancato indennizzo deriva, inoltre, dal fatto che il ragazzo, travolto e ucciso da una lastra di acciaio, si trovava in azienda come stagista e non come operaio della ditta dove stava svolgendo il periodo obbligatorio di alternanza scuola-lavoro.

Il processo nei confronti delle quattro persone indagate per l’accaduto – il titolare della ditta, Luca Brugnerotto, Anna Maria Zago, la preside dell’Itis Da Vinci di Portogruaro, il responsabile della sicurezza Sandro Boron e il tutor Attilio Sguerzi – è stato programmato per il 10 marzo.

I genitori, che hanno voluto rendere pubblica la questione legata all’Inail, nel dolore della tragedia, hanno la possibilità di ottenere solo un risarcimento assicurativo.

Il commento a Radio Onda d’Urto di Paolo Notarianni, coordinatore nazionale Rete degli Studenti medi. Ascolta o Scarica.

il comunicato del KSA Torino:

Il 16 settembre 2022 a Noventa di Piave un ragazzo di 18 anni è morto durante uno stage schiacciato da una lastra di metallo che gli è caduta addosso. Ci giunge poche ore fa la notizia dell’impossibilità da parte della famiglia di ricevere i risarcimenti poichè al momento del fatto Giuliano era uno stagista e non un operaio, rendendo impossibile il risarcimento inail.

Abbiamo assistito al cordoglio della politica tutta indignata per questo fatto, abbiamo visto questa morte passare come l’ennesimo numero da aggiungere alle statistiche dei bollettini dei decessi sul lavoro, abbiamo visto sciacalli urlare di voler “più sicurezza” o “un’alternanza di qualità” mentre queste stesse persone non hanno fatto nulla per abolire i PCTO.

Oggi continuiamo a ribadire, sulla scia dello scorso anno, che i risarcimenti non ci bastano (figuriamoci se manco quelli ci danno!), la “sicurezza” non ci basta, il “salario in alternanza” serve solo ad anticipare il rapporto tra imprese e giovani ai luoghi di formazione delle capacità che comunque metteremo in vendita una volta usciti da questi.
E’ inaccettabile che questo tritacarne continui a girare per i profitti di coloro che si lamentano ad ogni piè sospinto di fronte a richieste di dignità come il salario minimo o maggiore sicurezza sul lavoro. Il fallimento della società in cui siamo costretti a vivere è evidente quando sacrifica i suoi figli più giovani per qualche settimana di sfruttamento in più, quando la vita di chi lavora vale così poco.

La forza che abbiamo è quella della nostra rabbia parallelamente ai percorsi che decidiamo di intraprendere con le nostre velleità ogni volta che ne abbiamo bisogno e che subiamo attacchi del genere.
Le occupazioni, i cortei, le assemblee e le lotte che in tutto l’arco dei mesi passati abbiamo costruito, hanno risignificato le nostre esistenze, ci hanno reso più sopportabile vivere in questa fase storica dandoci la speranza che un’alternativa è possibile se qualcuno inizia ad immaginarla, smettendo di rappresentare l’atomo di un modello sociale che non è più sostenibile mantenere.
Lottare per un altro tipo di scuola significa immaginare, nel pratico, un altro modo di vivere, nel presente e nel futuro, e questo bisogna iniziare a farlo oggi. Prima che altri come noi debbano morire, ammalarsi o semplicemente continuare a vivere male. Ricostruiamo il nostro diritto ad essere giovani.
Per Lorenzo, Giuseppe e Giuliano, la nostra rabbia è più forte delle vostre parole vuote.
Vogliamo tutto.

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