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Polonia: Esplode l’estrema destra

Festa nazionale in Polonia. Le agenzie di stampa parlano di una marcia dei 60mila, concentrato delle estreme destre europee. Segnali misti di xenofobia, integralismo religioso in salsa nazionalfascista, con elementi di antisemitismo.
Quest’anno era il 99esimo anniversario della rinata indipendenza polacca. Se tanto ci dà tanto per il centenario c’è da attendersi di peggio.

Gli esperti non si dilungano in commenti, segno che non si erano preparati il pezzo precompilato da copiare e incollare per l’occorrenza. Il che significa che quanto avvenuto era inattteso, per lo meno in quella misura.
Una sorpresa? Forse c’è invece da rimanere sorpresi del fatto che la vicenda abbia costituito una sorpresa.

In generale quando si parla di destra nei paesi ex-socialisti il pensiero corre subito al leader ungherese Orban, che viene individuato come elemento trainante del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) nella scelta di bloccare il flusso dei migranti alle frontiere e di costruire muri, non solo simbolici, al crearsi di società multiculturali. I requisiti in materia a Orban non mancano, sia nel respingimento dei migranti che nel rifiuto di accogliere la quota di persone stabilita dall’Unione europea. Va comunque notato che, a differenza, per esempio, proprio dei polacchi, fermi a zero virgola, l’Ungheria in passato qualche profugo lo aveva pure accolto. Inoltre, in tempi recenti, si sono precipitati in massa verso i confini tra Serbia e Ungheria pullman di kosovari in fuga dalla miseria nera di un paese cui una guerra umanitaria avrebbe dovuto aprire panorami paradisiaci. Naturalmente il Kosovo è definito paese sicuro quanto a rispetto dei requisiti ufficiali. Ne deriva che i nuovi arrivi ai confini ungheresi, che dati ufficiosi segnalano al 70% come kosovari, appartengono nella stragrande maggioranza alla categoria dei migranti economici. Visto che la normativa prevede una discriminazione a loro danno, figuriamoci se Orban non la utilizzava.
Per carità, anche sul piano dei diritti individuali Orban si pone all’estrema retroguardia, basti guardare a cosa stia avvenedo alla “sua” Costituzione, però almeno un ex-aequo con qualche collega premier dell’est, e non solo, se pensiamo all’austriaco Kurz, glielo vogliamo attribuire? Pensiamo, ad esempio, a cosa stesse dietro alla recente manifestazione delle donne polacche contro la politica del governo in tema di aborto.

Il punto è che Orban, oltre al resto, nutre anche rapporti con la Russia che potremmo definire di buon vicinato e questo lo fa diventare maglia nera nella Ue che conta. Tutto il contrario della Polonia che, nel nome del comune odio contro i russi, costituisce un alleato di ferro per le politiche europee filo-Ucraina.
Restiamo in Polonia e al fatto che l’esplosione delle destre nelle manifestazioni di sabato non costituisca una sorpresa: fattori attuali e radici storiche.
Il governo polacco è da tempo in mano al PiS (Diritto e Giustizia, partito della destra populista) ostile alla Ue perfino nella persona del Presidente polacco Donad Tusk, ritenuto troppo moderato. Salvo poi portare a casa notevoli finanziamenti Ue, gestiti peraltro con risultati cui va riconosciuto il pregio dell’efficacia.
Presidente della Polonia, sempre del PiS, è Andrzej Duda, che coi manifestanti di destra ci è andato a nozze e ancora del PiS è la premier Beata Szydlo. Leader del PiS è infine Jaroslaw Kaczinski, uno dei famosi gemelli, passati dalle recite infantili alle scene della politica. Ricordiamo che l’altro gemello, Lech, morì in un incidente aereo e che sotto sotto la responsabilità della tragedia viene ipotizzata, in Polonia, a carico dei russi.

E qui veniamo al punto, vale a dire agli ingredienti storici del cocktail che definisce i lineamenti politici della Polonia di oggi, di cui non ci possiamo stupire.
Contro i Russi, dal tempo dei tempi per passare al patto tra Molotov e Von Ribbentrop, che attanagliò il paese in una morsa da oriente a occidente avvalorandone le spinte nazionaliste e naturalmente filo occidentali. Per arrivare agli anni della dominanza sovietica a Varsavia.
Per un cattolicesimo intransigente e reazionario che vide in Wojtyla l’angelo vendicatore dei polacchi in un’accoppiata sacro/profana fatta di Madonne di Czestochowa e di Radio Maryja, con inevitabili ricadute sui diritti delle donne.

Infine, anche se la cosa è meno nota, una componente di antisemitismo da non trascurare. Qualcosa che ha attraversato anche la storia recente, sia pure sotto diverse bandiere. Siamo soliti ricordare l’eroica resistenza degli ebrei ai nazisti, nel ghetto di Varsavia, nella vana attesa di un soccorso rosso. Ma va anche ricordato che, in proporzione ad altri paesi, la falcidia di martiri ebrei in Polonia ha determinato un crollo delle presenze nel paese di dimensioni ancora superiori al prevedibile.
Non solo i deportati di un tempo: ai tempi di Gomulka molti intellettuali ebrei se ne andarono quando videro circolare comunicati che imputavano loro di avere festeggiato la vittoria israeliana del kippur contro gli amici (del governo) arabi…e ho incontrato persone pronte a sostenere che non era vero.
Ma anche i tempi di Solidarnosc lasciano intravvedere diverse ombre. Una delle ragioni della impresentabilità di Walesa pare venisse attibuita alla sua tendenza nel raccontare barzellette sugli ebrei. Anche le fortune della sinistra di Solidarnosc pare siano stata vanificate dal fatto di puzzare ancora troppo di socialismo (vedi Urss), ma anche dal fatto di essere rappresentate da un politico di spessore come Adam Michnik, ebreo.

Tracce ricorrenti, percorsi che si intrecciano con insistenza, anche se sarebbe sbagliato generalizzare.
Poi, oggi, il boom delle destre più estreme che accolgono i colleghi del continente. Antisemite, xenofobe, reazionarie, ultras del Gruppo di Visegrad.
Le scienze politiche non pretendono di essere scienze esatte, ma è anche vero che contribuiscono a far capire che nulla, nelle svolte politiche di una nazione, avviene per caso.

Alberto Tarozzi

da AlgaNews

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