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Pestaggi al carcere di San Gimignano: fu una vera spedizione punitiva

Le motivazioni della condanna per i dieci agenti penitenziari.

Il detenuto recluso al carcere di San Gimignano era tranquillo, c’era l’assenza di qualsivoglia ragione di allarme, necessità, urgenza. Eppure sono intervenuti 15 agenti penitenziari mentre stava per andare a fare la doccia, commettendo il reato di tortura e lesioni.

Parliamo delle motivazioni, appena depositate, relative alla sentenza di condanna con rito abbreviato nei confronti dei dieci agenti della polizia penitenziaria del carcere di San Gimignano accusati di avere usato metodi violenti nei confronti del detenuto tunisino, Meher, nella fase di trasferimento da una cella a un’altra. Una vicenda resa pubblica per la prima volta da Il Dubbio, grazie a una lettera di denuncia di altri detenuti, testimoni dell’accaduto, indirizzata all’associazione Yairaiha Onlus. Ma c’è anche l’associazione Altro Diritto che, fin da subito, ha seguito questa vicenda accanto sia alla vittima che ai detenuti testimoni del pestaggio.

Ricordiamo che durante l’udienza precedente alla sentenza di condanna, sono stati visti ampi spezzoni del video che riprese la scena incriminata. L’avvocato Michele Passione, parte civile che ha rappresentato il Garante nazionale delle persone private della libertà, ha detto fin da subito che il video è apparso sufficiente per ricostruire quanto è accaduto nel reparto isolamento della Casa circondariale di San Gimignano. Infatti, nelle motivazioni, viene ben raccontata questa scena rappresentata nel video acquisito in tempo utile prima che fosse sovrascritto dalle registrazioni. I fatti sono avvenuti l’ 11 ottobre del 2018, poco dopo le ore 14.50, quando il detenuto Meher è stato spostato dalla cella che occupava, la numero 3 del reparto A, alla cella numero 19 del reparto B. Dal filmato si vede che, poco prima dell’inizio delle operazioni di spostamento, un gruppo di agenti della polizia penitenziaria si raduna nei pressi della cancellata che separa la zona A dalla zona B del reparto di isolamento. Dal video si evince che poco dopo, precisamente alle ore 14.58, quattordici agenti in gruppo, tutti con i guanti, si avvicinano alla cella occupata dal detenuto Meher, nel reparto A, con un agente scelto leggermente in testa al gruppo che chiude alcuni spioncini delle porte blindate delle celle che precedono quella del detenuto, la vittima. Una volta che tutti e quattordici sono assiepati dinanzi alla porta blindata della cella occupata dalla persona offesa, l’agente scelto apre la porta e il detenuto Meher esce immediatamente dalla cella, qualche frazione di secondo dopo che l’ispettore fa al detenuto un repentino gesto con la mano destra, inequivocabilmente segnalante l’ordine di uscire che, come ci tiene a sottolineare il giudice nelle motivazioni, è stato adempiuto in maniera istantanea, spontanea e pacifica da parte di Meher.

E ancora, nelle motivazioni si osserva che la vittima era in attesa di essere condotto al reparto docce. «Egli, dunque, non era in attesa di uno spostamento di cella, ma era in attesa di andare a fare la doccia e ciò, ancor prima che dalle dichiarazioni del medesimo emerge dalla mera visione del filmato», sottolinea il giudice.

Dal video emerge che Meher viene fatto cadere a terra a causa delle spinte provocate dalla massa di agenti che si spostava e quando cade, prima delle cancellate di separazione tra il lato A e il lato B del reparto di isolamento, si vedono distintamente e chiaramente numerosi calci che vengono sferrati in danno del corpo a terra. Dopodiché viene rialzato, privo dei pantaloni che nel frattempo gli si erano tolti, e viene condotto con forza, quasi trascinandolo, nella sezione B. Ricade a terra, a quel punto si vede l’assistente capo che si inginocchia di peso ( non indifferente, perché è obeso) sulla schiena del detenuto che giaceva già immobilizzato,

a terra, riverso pancia in sotto. «Con estrema violenza – si legge nelle motivazioni -, il detenuto Meher viene rialzato, mentre l’assistente capo gli stringe una mano intorno al collo, quasi per soffocarlo, e l’assistente capo gli torce con forza il braccio sinistro dietro la schiena». Giunti presso la cella, gli agenti spingono dentro il detenuto e poi, per due minuti circa, quasi tutti entrano nella cella ( non ripresa dalle telecamere). In questa fase viene tirato fuori un tavolino dalla cella, che poi un agente porta via, ma anche dopo la rimozione del tavolino gli agenti continuano ad entrare e uscire senza portare fuori alcunché, fi quando la porta della cella blindata viene chiusa e nessuno — fino alla fine delle riprese — si recherà più presso il detenuto Meher.

Tutti e 10 gli agenti, sono stati condannai per i reati di tortura e lesioni che – scrive il giudice – «possano essere ritenuti unificati dal vincolo della continuazione, poiché commessi in virtù del medesimo disegno criminoso rispondente alla volontà di realizzare una spedizione punitiva nei confronti del detenuto Meher».

Damiano Aliprandi

da il dubbio

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