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Parma: Un torneo di calcio per i vigili razzisti

La singolare iniziativa di un comitato nato in difesa degli indagati per il caso Bonsu Una partita di calcetto in solidarietà con gli agenti arrestati per il pestaggio di Emmanuele E dopo i calci il calcetto. Ci mancava pure la partitella solidale, a Parma. A organizzarla il sedicente comitato Senzanullaincambio, nato in difesa dei vigili urbani indagati per il pestaggio di Emmanuel Bonsu, il 22enne ghanese scambiato per uno spacciatore e picchiato a sangue dalla polizia municipale. Tra i promotori figuravano le zie e le nonne e gli amici tutti degli agenti emiliani. Perché, lamentano con piglio i fan degli inquisiti, sulla vicenda del giovane di colore «l’intero corpo della municipale è stato sottoposto ad attacchi mediatici ingiustificati e senza precedenti». Ecco dunque la loro prova di forza: un paio di braghettoni da calcetto e una tshirt con la foto di Alberto Sordi nel film “Il vigile”. Alè. Palla a centro e via andare.Il fischio d’inizio nella palestra di via Testi, a pochi metri dal parco Falcone e Borsellino dove – secondo la pm Roberta Licci – nel tardo pomeriggio del 29 settembre 2008 Emmanuel venne aggredito da quattro vigili in borghese. Erano convinti di aver acciuffato un pusher, gli agenti. Quel giorno i poliziotti della municipale – sempre stando alle carte della procura di Parma – s’erano appostati, avevano concordato cenni d’intesa. E quando, finalmente, avevano messo le mani addosso al sospetto non avevano badato al capello: giù con calci e pugni e sberle alla cieca. Insulti, urla. Poi subito le manette, il trasporto al comando di via Del Taglio, le umiliazioni e le foto ricordo con «la scimmia», secondo l’epiteto usato nei confronti del ragazzo. Erano su di giri, gli ex addetti al traffico. Quella sera anche l’assessore alla Sicurezza Costantino Monteverdi, silurato dal recente rimpasto del sindaco Pietro Vignali, s’era congratulato per «la splendida operazione di polizia». Va a sapere, invece, che l’arrestato era solo uno studente del Da Vinci, l’istituto tecnico a due passi dal parco. Un incensurato insomma, e però con la pelle scura. Per rimettere un po’ d’ordine nella vicenda ci sono voluti allora cinque mesi di indagini, un ordine di arresto domiciliare per quattro dei 10 vigili presenti all’operazione, la sospensione dal servizio degli altri sei e la conferma dell’impianto accusatorio da parte del Tribunale del riesame di Bologna (lesioni aggravate, calunnia, sequestro di persona e falso sono le imputazioni formulate dal pm Licci con l’aggravante, per alcuni, dell’odio razziale). In settimana, poi, agli agenti è arrivata la notifica della fine delle indagini, in concomitanza con l’archiviazione dell’accusa fatta a Bonsu di resistenza a pubblico ufficiale. Fra meno di 15 giorni, salvo contromosse degli avvocati, il rinvio a giudizio. Il comitato Senzanullaincambio non s’è scomposto e anzi ha rilanciato: una partita di calcetto per esprimere solidarietà ai vigili e per raccogliere fondi da destinare ai loro familiari. «Dimentichiamo infatti che i dieci agenti finiti nell’occhio del ciclone hanno dei figli da mantenere», lamentava a bordo campo la nonna di Andrea Sinisi, uno dei sei sospesi dal servizio. Già alle 14 di sabato scorso, quindi, sgambettavano di buona lena colleghi e simpatizzanti del corpo: agenti da una parte del campo, amici e parenti dall’altra. In mezzo, un pallone pesante come il piombo e addirittura un arbitro ufficiale della Fgci (che fischierà la fine dell’incontro sul punteggio di 7 a 3 per i vigili). Per tutti, magliette d’ordinanza con l’immagine dell’Albertone nazionale che dirige il traffico (appunto). Sugli spalti della palestra, tra i circa 60 ultras della solidarietà stava invece Mario Assirelli, segretario vicario nazionale del Sulpm, il sindacato dei vigili urbani. È stato lui a portare alla combriccola i saluti di Maurizio Saia, senatore di An. Neppure l’ombra, invece, dei politici locali e di Giovanni Maria Jacobazzi, il nuovo comandante della polizia municipale di Parma, di cui qualcuno s’era azzardato ad annunciare la presenza: «Non sapevo nulla della partita – ha ribattuto seccamente l’interessato – penso che questo sedicente comitato abbia usato il mio nome solo per farsi pubblicità». Punto e stop. De resto non serviva un grande fiuto per smarcarsi dai supporter degli inquisiti. Già nelle scorse settimane erano partite dai loro ranghi bordate e attacchi assai disinvolti nei confronti di stampa e magistrati, rei di presunti comportamenti diffamatori nei riguardi di vigili urbani. All’ultimo, a finire in fuorigioco sono stati quelli del comitato.
fonte: il manifesto

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