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Palestina senza pace

Prosegue implacabile lo stillicidio di morti ammazzati in Palestina. Usque tandem?

di Gianni Sartori

Si calcola che siano 216 i palestinesi uccisi dall’inizio del 2022. Tra questi 164 in Cisgiordania.

E l’anno sembra doversi concludersi con ulteriori lutti.

Il 29 novembre a Beit Ommar (nei pressi di Hébron in Cisgiordania) veniva ucciso dai militari israeliani Mufid Mahmud Khalil di 44 anni.

Nel corso della stessa giornata nella località di Kafr Ein

perdevano la vita due fratelli ventenni, Jawad e Dhafer Abdul Rahman Rimawi, mentre partecipavano ad una manifestazione contro la colonizzazione.

Sempre martedì 29 novembre, un altro palestinese rimaneva ucciso nell’attacco a una colonia denominata Kokhav Yaakov (sempre in Cisgiordania).

L’ultima vittima palestinese nel mese di novembre, il giorno 30.

Le forze di sicurezza israeliane, nel corso di un’operazione a Yabed (località non lontana da Jenin) per arrestare Abdul Ghani Herzallah, avevano aperto il fuoco contro alcuni palestinesi che protestavano. Colpito al petto da una pallottola, perdeva la vitaMuhammad Tawfiq Badarneh.

Stesso copione il 6 dicembre quando, per arrestare tre presunti membri del FPLP, gli israeliani entravano nel campo profughi di Dheisheh (nei pressi di Betlemme). Anche in questo caso scoppiava la protesta dei rifugiati e negli scontri veniva ucciso il ventenne Omar Manna. Altri sei palestinesi venivano feriti dai colpi esplosi dai militari.

Due giorni dopo – l’8 dicembre -tre giovani venivano ammazzati a Jenin. Stando alle dichiarazioni di alcuni palestinesi, I soldati israeliani avrebbero (condizionale d’obbligo) sparato anche sulle ambulanze che trasportavano i feriti. Inoltre si contavano una quindicina di arresti.

Considerata la sede più consistente della resistenza palestinese, nel 2022 Jenin ha subito raid quasi quotidiani da parte dei militari israeliani. Degli oltre 200 palestinesi uccisi quest’anno, una quarantina vanno registrati nella regione di Jenin. Sia militanti che civili. Compresi bambini di dodici anni e una giornalista (Shireen Abu Akleh).

Come per Nablus, sottoposta a raid continui e insistenti, sembra di assistere ad una sorta di punizione collettiva contro la popolazione locale.

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