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Omicidio Casu: rinvio a giudizio per i medici dell’ospedale psichiatrico

Protestava contro lo sgombero della sua bancarella, era finito legato mani e piedi in un letto di costrizione. Dove è morto. Per il pm è omicidio colposo
Era rimasto sette giorni legato al letto dell’ospedale, dopo essere stato ricoverato con la forza durante lo sgombero della sua bancarella abusiva a Quartu Sant’Elena. Per la morte di Giuseppe Casu, il sessantenne venditore ambulante stroncato nel letto del reparto psichiatrico del Santissima Trinità di Cagliari, dopo due anni di indagini il pubblico ministero Gian Giacomo Pilia ha chiesto il rinvio a giudizio di due medici del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura di uno dei più importanti nosocomi cagliaritani. Il 19 febbraio, dunque, nell’aula Gup al terzo piano del Palazzo di Giustizia del capoluogo sardo compariranno il primario del reparto Gian Paolo Turri e Maria Rosaria Cantone, il medico-psichiatra che aveva in cura l’ambulante deceduto a seguito di una tromboembolia venosa (questo quanto accertato dall’autopsia). L’accusa per entrambi è quella di omicidio colposo. Giuseppe Casu era morto il 22 giugno 2006 dopo una settimana passata legato al letto della clinica, sottoposto ad una «contenzione fisica e farmacologica», legato cioè mani e piedi con delle cinghie e sedato con psicofarmaci. Ad accertarlo, poco tempo dopo il decesso, era stata una speciale commissione d’inchiesta nominata dai vertici dell’Asl. Nella relazione degli ispettori non era emerso alcun rapporto di «causa-effetto» tra contenzione fisica e cause del decesso, anche perché lo scopo dell’inchiesta interna era esclusivamente quello di scoprire se Giuseppe Casu avesse ricevuto un’assistenza sanitaria adeguata nel periodo di degenza. «È stato accertato – avevano scritto i medici nel dossier riservato consegnato a Gino Gumirato, manager dell’azienda – che la contenzione fisica è stata effettuata per un periodo eccezionalmente lungo, che si è protratto per sette giorni, ossia dalla data del ricovero a quella del decesso, senza soluzione di continuità». Dopo essere stato prelevato con la forza da vigili urbani e carabinieri, nel giugno 2006, Giuseppe Casu era stato ricoverato in psichiatria: dall’arrivo sino al momento della morte, hanno accertato i medici, l’ambulante sarebbe rimasto sempre legato con i lacci al letto. Poco tempo dopo, consegnato il dossier anche in Procura, è scattata l’inchiesta del pubblico ministero Gian Giacomo Pilia, pure a seguito di un esposto presentato dagli avvocati Mario Canessa e Dario Sarigu per conto dei familiari. A seguire da vicino tutte le fasi dell’inchiesta, nel tentativo di tenere viva l’attenzione sulla vicenda, in città si è anche costituito un comitato che, in questi due anni, ha più chiesto che venisse fatta luce sulle cause del misterioso decesso. Un giallo che si è condito di molti elementi, alcuni anche inquietanti. Oltre al fascicolo per «omicidio colposo» dove sono stati iscritti i due medici indagati, la Procura ne avrebbe aperto anche un secondo a carico di ignoti per «frode processuale». Nominata dal pm la commissione di consulenti anatomopatologi forensi e medici (Giancarlo Nivoli, Francesco Paribello e Giovanni Frau) per studiare le cause della morte del paziente, il pubblico ministero ha così scoperto che le parti anatomiche acquisite non erano quelle di Giuseppe Casu, ma bensì di un altro paziente morto sempre a causa di una tromboembolia dell’arteria polmonare, ma causata da un tumore. La Procura avrebbe poi scoperto che le parti del corpo dell’ambulante erano scomparse dall’Istituto di Anatomia Patologica dell’ospedale Santissima Trinità, sostituite da quelle di un altro cadavere, facendo così partire la seconda indagine. Interrogati i responsabile del reparto, gli inquirenti non scartano alcuna ipotesi: dall’errore umano, come il semplice scambio di etichette o dei reperti, all’intrusione di sconosciuti che avrebbero potuto sostituire le provette. I locali dell’anatomia patologica, infatti, non sarebbero blindati e chiunque avrebbe potuto accedervi per manipolare il campione. Ma sul filone principale dell’inchiesta, quella per l’omicidio colposo del commerciante quartese, la parola passa ora al giudice per le udienze preliminari che dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio per i due medici formulata dal pm Pilia. «Dopo che Casu fu ricoverato in quanto affetto da stato di agitazione psicomotoria» si legge nel capo d’imputazione, «venne sottopoto a contenzione fisica con quattro nastri e una fascia al torace e contestualmente gli venne praticata una terapia farmacologica per tutta la durata del ricovero, sino al 22 giugno, data del decesso del paziente per tromboembolia dell’arteria polmonare. La contenzione fisica fu lecitamente prescritta ma poi continuata in modo non conferme a quanto prescritto dalla scienza medica, atteso che non vennero richieste consulenze specialistiche e, comunque, non vennero effettuati controlli clinici strumentali e di laboratorio». Poi la parte più pesante: «Non vennero prescritte attività motorie» si legge ancora, «a scopo preventivo tendenti a ridurre, per quanto possibile, l’immobilità e quindi la stasi e non venne prescritta una terapia preventiva antitrombotica ovvero non venne sottoposto al controllo dei sistemi coagulativi». Nell’udienza per discutere sul rinvio a giudizio, i due indagati saranno difesi dagli avvocati Gianfranco Mancciotta e Massimiliano Ledda. In quell’occasione i familiari si costituiranno parte civile ed è stata annunciata un presidio da parte del comitato «Verità e giustizia per Giuseppe Casu».

Comments ( 1 )

  • Anonymous

    Comitato per la VERITA’ VERA SUL SIGNOR CASU:
    Siete informati sul fatto che il “povero” sig. Casu fu prelevato in eccitamento maniacale mentre teneva un coltellaccio in mano che nascondeva con l’avambraccio? Sapete che è assolutamente falso che venne contenuto per una settimana poichè venne scontenuto a più riprese, ma essendo gravemente agitato ed in eccitamento chiedeva egli stesso di essere contenuto? Sapete che dopo anni di dibattimento è emmerso in modo certo ed inequivocabile che l’embolo che si paventava nell’accusa essere la causa di morte era in realtà un embolo post-mortem ovvero che dopo tutto il casino fatto per la contenzione è da escludersi che questa centri col decesso? Sapevate che l’accusa di omicidio per uso non corretto di Aloperidolo è crollata miserevolmente all’ultima udienza stando al giudizio dei super periti farmacologi, e che quindi i medici sono indiscutibilmente innocenti? Sapevate che il “povero” sig. Casu, conosciuto da tutto il vicinato, che lo temeva, e dalla polizia di Quartu come un pericoloso alcolista violento, è stato giudicato con condanna a tre anni (sentenza in giudicato) per pedofilia verso le due figlie minori e violenza domestica verso i familiari (le due figlie minori non si sono infatti costituite parte civile). Verificate prima di scrivere. Complimenti per la campagna sulla repressione!

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