Nel 2022 ci sono stati ben 547 casi tra ingiuste detenzioni ed errori giudiziari (-25 rispetto all’anno precedente). In notevole crescita, invece, la spesa complessiva per indennizzi e risarcimenti: poco meno di 37 milioni e 330 mila euro, oltre 11 milioni e mezzo in più rispetto al 2021. Sono queste le cifre aggiornate fornite da Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone, fondatori di Errorigiudiziari.com, attraverso l’elaborazione dei dati acquisiti dal ministero dell’Economia e della Giustizia.

I due giornalisti li definiscono i “numeri della vergogna” soprattutto se li guardiamo in maniera complessiva dal 1991 al 31 dicembre 2022, durante i quali i casi sono stati 30.778: in media, poco più di 961 l’anno. Il tutto per una spesa complessiva dello Stato gigantesca, tra indennizzi e risarcimenti veri e propri: 932 milioni 937 mila euro e spiccioli, per una media di poco inferiore ai 29 milioni e 200 mila euro l’anno.

Ma vediamo nel dettaglio i dati relativi allo scorso anno rispetto a quante persone sono state arrestate salvo poi essere assolte con sentenza definitiva (ingiusta detenzione) e quante quelle condannate e in seguito riconosciute innocenti dopo la revisione del processo (errore giudiziario). Si legge nel report di Errorigiudiziari.com che nel 2022 i casi di ingiusta detenzione sono stati 539, per una spesa complessiva in indennizzi di cui è stata disposta la liquidazione pari a 27 milioni 378 mila euro. Rispetto all’anno precedente, si assiste a un leggero calo dei casi di innocenti finiti in manette (-26), a fronte di una spesa che è aumentata invece di quasi 3 milioni di euro. Continua dunque la flessione già notata negli ultimi due anni.

«Ma è obiettivamente difficile – commentano Maimone e Lattanzi – immaginare che si tratti esclusivamente di un processo virtuoso del sistema. Assai più probabile, anzitutto, che la pandemia continui a far sentire i suoi effetti sull’attività giudiziaria a tutti i livelli, dunque anche sul lavoro delle Corti d’Appello incaricate di smaltire le istanze di riparazione per ingiusta detenzione. Tuttavia un discreto peso su questa tendenza al calo dei casi lo ha soprattutto quella tendenza restrittiva (che abbiamo più volte segnalato) secondo cui lo Stato respinge la stragrande maggioranza delle domande presentate o tende comunque a liquidare importi sempre molto vicini ai minimi di legge».

Tra le ragioni per cui lo Stato respinge le domande troviamo: avvalersi della facoltà di non rispondere, nonostante sia un diritto riconosciuto per legge all’indagato, può essere un esempio di colpa grave che elimina il diritto all’indennizzo; avere frequentazioni poco raccomandabili; non essere stati pienamente collaborativi. Per quanto riguarda le statistiche sugli errori giudiziari veri e propri da gennaio a dicembre 2022 essi sono stati in tutto otto: uno in più rispetto all’anno precedente.

Per il secondo anno consecutivo il dato complessivo relativo agli errori giudiziari resta sotto la soglia psicologica di 10. Un occhio infine alla spesa totale in risarcimenti per errori giudiziari. Il 2022 ha visto schizzare clamorosamente questa voce di spesa: 9 milioni e 951 mila euro, oltre 7 volte in più rispetto allo scorso anno. Ma a questo proposito è corretto ricordare che i criteri di elaborazione dei risarcimenti sono molto più discrezionali e variabili rispetto a quelli fissati invece dalla legge per l’ingiusta detenzione. Come si calcola effettivamente il risarcimento per ingiusta detenzione? In realtà tale domanda non è di per sé corretta. Ce lo spiega senza l’associazione di Maimone e Lattanzi: «In caso di ingiusta detenzione, infatti, lo Stato stabilisce che nei confronti di chi l’ha subita debba essere versato un indennizzo – che tecnicamente è cosa diversa dal risarcimento – perché il danno è stato frutto di una legittima attività dell’autorità giudiziaria. Ecco perché, a differenza del risarcimento, viene determinato in base a calcoli precisi, sulla base di parametri di riferimento e con un tetto massimo».

Anzitutto, per quantificare l’importo da corrispondere in caso di ingiusta detenzione, la Corte d’Appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza o il decreto di archiviazione tiene conto di due criteri fondamentali: quantitativo, che si basa cioè sulla durata della custodia cautelare ingiustamente sofferta; qualitativo, che si fonda sulla valutazione caso per caso delle conseguenze negative derivate dalla privazione della libertà personale (per esempio i danni per la reputazione causati dalla pubblicazione sui media della notizia dell’arresto). «Il limite massimo di un indennizzo per ingiusta detenzione è fissato in 516.450,90 euro (tutti i tentativi di alzare questo tetto finora sono falliti)». In pratica ogni giorno di ingiusta detenzione vale 235,82 euro. L’ammontare di un singolo giorno trascorso agli arresti domiciliari viene invece fissato di solito nella metà: 117,91 euro.

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