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Massimo Moro, torna il libertà e accusa la polizia

«Sono una vittima, la polizia mi ha provocato, io mi sono solo difeso e quando ho tentato di scappare dall’ufficio perché temevo di essere picchiato, mi hanno fatto cadere con uno sgambetto. Da quel momento non ricordo più nulla». Lo ha detto appena uscito dal coma, venerdì scorso, Massimo Moro, l’idraulico genovese di 38 anni, residente a Begato, tifoso genoano, arrestato giovedì scorso allo stadio San Siro di Milano dalla polizia e finito in coma durante l’arresto.
Lo ha ripetuto ieri, dopo che il giudice per le indagini preliminari di Milano non ha convalidato il suo arresto e ne ha disposto l’immediata scarcerazione.
Due medici che lo hanno curato hanno detto di averlo visto già ammanettato, privo di conoscenza, nel vomito e nel sangue. Prove sufficienti, secondo il gip, a definire “per lo meno scarsa” l’attenzione delle forze dell’ordine per “l’incolumità personale dell’arrestato”.
Gli stessi medici hanno escluso segni sul volto che potessero fare pensare a delle percosse. Così, difeso dall’avvocato Riccardo Lamonaca, ieri il tifoso genoano è tornato in libertà anche se è ancora ricoverato al policlinico di Milano. Di più, nei prossimi giorni potrebbe diventare una parte lesa se, al termine delle indagini difensive, il suo avvocato deciderà che ci sono abbastanza elementi per una querela contro la polizia. L’ordinanza con cui Moro è stato scarcerato sembra un buon punto di partenza. In particolare nel passaggio in cui il giudice definisce “non credibile” la versione dei verbali di arresto secondo cui Moro, anche dopo essersi spaccato la testa contro uno stipite di ferro, avrebbe continuato a fare resistenza alla polizia”. Senza contare che «l’assoluta lievità delle lesioni riportate dalle persone offese (i poliziotti), consente di formulare qualche plausibile dubbio in ordine alla violenta caratura della resistenza dell’indagato». Parole pesanti, quelle scritte dai giudici milanesi, che sostanzialmente mettono in dubbio le dichiarazioni della polizia nei verbali e a cascata anche quelle fornite dalla questura di Milano dal giorno successivo all’arresto, quando Moro non si era svegliato dal coma.
Tra le righe l’ordinanza dà credito anche alle dichiarazioni di Moro che, dal momento in cui ha ripreso conoscenza, ha raccontato dell’atteggiamento provocatorio delle forze dell’ordine mentre nel corso dell’interrogatorio ha spiegato di aver reagito proprio per quell’atteggiamento e anche di aver tentato di scappare dall’ufficio ma di essere stato fermato “con uno sgambetto” che lo ha fatto cadere. La sua ricostruzione viene definita “non inverosimile” in quanto trova conforto negli atti e nella «stranezza di alcune delle circostanze emergenti dagli atti stessi».
Intanto le condizioni di Moro migliorano di ora in ora e fra qualche giorno potrebbe essere dimesso dall’ospedale e ritornare a casa anche se l’infezione polmonare deve guarire ancora del tutto. «Siamo sollevati, adesso Massimo è un uomo libero», ha detto ieri sera il cognato Marco Soranno che era andato a vedee Inter-Genoa insieme a lui e ad altri otto amici che avevano prenotato pullman e biglietti con il Genoa club Bonilauri di Sestri.
Ieri i “Figgi do zena” hanno diffuso un comunicato in cui stigmatizzano il fatto che Moro e gli altri siano partiti con un pullman prenotato autonomamente dopo la decisione delle tifoserie organizzate di non fare più trasferte in pullman per protestare contro la tessera del tifoso. «Per questo, e per la sicurezza dei tifosi, – si legge nella nota – boicotteremo tutte le iniziative per le trasferte e chiediamo a chi condivide la nostra linea di fare lo stesso».

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