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L’odissea dei rifugiati: «Così ho visto morire i miei amici e i miei cari»

Il racconto di chi è riuscito ad arrivare in Italia. Gran parte delle persone sbarcate nel nostro paese racconta di aver subito violenze e torture.

Torture, stupri e brutalità durante la detenzione. È quanto denunciano di aver subito, in Libia, migranti e rifugiati sbarcati in Sicilia. Tali testimonianze vengono riportate nel nuovo rapporto ‘ L’inferno al di là del mare’, diffuso oggi da Oxfam, Borderline Sicilia e Medu ( medici per i diritti umani) che punta i riflettori sulle brutalità perpetuate da parte di milizie locali, trafficanti e bande criminali. «L’ 84% delle persone intervistate – si legge in una nota – ha dichiarato di avere subito trattamenti inumani tra cui violenze brutali e tortura, il 74% ha dichiarato di aver assistito all’omicidio o alla tortura di un compagno di viaggio, l’ 80% di aver subito la privazione di acqua e cibo e il 70% di essere stato imprigionato in luoghi di detenzione ufficiali o non ufficiali».

Dall’inizio dell’anno, il nostro paese ha avviato una politica di dialogo e negoziato con i paesi africani di origine e transito dei migranti, mirata ad arrestare la cosiddetta migrazione “irregolare” e a ridurre, se non bloccare, i flussi migratori attraverso la rotta del Mediterraneo centrale. Fanno parte di questo approccio i finanziamenti concessi dal governo italiano a Mali e Niger nell’aprile scorso e il protocollo di intesa Italia- Libia firmato nel febbraio 2017. Il rapporto spiega che l’accordo Italia – Libia è stato concepito in un contesto paese contrassegnato da sistematiche violazioni dei diritti umani estremamente gravi nei confronti degli immigrati, commessi da trafficanti di esseri umani, bande criminali e milizie locali che operano con la connivenza della polizia e della Guardia costiera libica stessa.

Oxfam, Borderline Sicilia e Medu, all’interno del progetto # OPENEUROPE, hanno raccolto molte testimonianze dirette di migranti arrivati in Italia sugli abusi e le violenze subite in Libia. Nel rapporto ne vengono riportate alcune. Per i migranti, la Libia contemporanea è una vasta zona di sfruttamento e morte. La permanenza al suo interno ha conseguenze drammatiche sulla salute fisica e mentale di un’intera generazione di giovani africani. Durante il viaggio, come ha raccontato un testimone, «non sei più umano». Dal momento in cui entrano in Libia – attraverso le regioni di Gatron, Sabha, Bae o Gadames – i migranti devono attraversare il deserto affidandosi esclusivamente a trafficanti e affrontare sistematicamente una serie di abusi, maltrattamenti e violenze. Molti affermano di essere stati venduti dai trafficanti ad altre bande criminali o alle milizie che controllano il territorio e poi detenuti in modo da costringere le loro famiglie a pagare un riscatto in cambio della loro liberazione. Chi non aveva la possibilità di pagare è stato sottoposto a lavoro forzato direttamente dai rapitori o presso terzi, nei settori delle costruzioni, pulizie domestiche, carico scarico merci nelle fabbriche. Il gruppo criminale più citato nei loro racconti è conosciuto come “Asma Boys”. Le violenze e i maltrattamenti che si verificano più frequentemente nei vari siti di detenzione sono tutti riconducibili a percosse, violenza sessuale, scosse elettriche, ustioni, negazione di cibo e acqua, costrizione a posizioni innaturali per lungo tempo, all‘ ascolto di urla di dolore e sofferenza degli altri detenuti e ad assistere ad esecuzioni sommarie. Proprio per questo Oxfam, Borderline Sicilia e Medu lanciano un appello urgente per una immediata revoca dell’accordo tra Italia e Libia e una revisione degli accordi con i Paesi di transito finalizzata solo a favorire lo sviluppo sostenibile dei Paesi poveri e il rispetto dei diritti umani dei migranti, senza mirare al controllo delle frontiere.

Damiano Aliprandi da il dubbio

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