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L’insensatezza della repressione allo Stadio Olimpico

Riceviamo e pubblichiamo questo articolo sulla situazione della Curva Sud di Roma. A scriverlo è una ragazza che la frequenta direttamente.

Non ero mai stata allo stadio fino a pochi anni fa. In casa mia si parlava di calcio, ma con un padre interista che vive a Roma l’ipotesi di andare a vedere una partita allo stadio non è quasi per nulla contemplata. Oltretutto, girava l’idea che non fosse un bel posto, che alla fine la partita si vede in televisione, evitando il traffico, il caos, ed eventuali “disordini”.

Una delle poche discussioni che mi ricordo sugli stadi, avvenuta nella mia cucina, fu durante il derby del bambino morto. Io ero piccola, però qualcuno disse che alla fine i tifosi erano delle “teste di cazzo” (solo oggi so esattamente cosa successe quella sera). Questi i termini che venivano utilizzati. In fondo cosa potevano dire due quarantenni che ascoltavano il telegiornale? Niente di diverso. Non hanno grandi colpe.

Ho iniziato ad andare a vedere la Roma all’Olimpico pochi anni fa, quando un amico mi disse che la Curva Sud era il posto più bello del mondo e che me ne sarei innamorata. Mi ha convinto più o meno subito, non tanto perchè avessi una gran voglia di vedere del buon calcio (correva l’anno 2011 quello di Luis Enrique: la Roma nun vinceva mai. 9 punti in 14 giornate, settimi in classifica a fine campionato) quanto perchè pensare a migliaia di persone che cantano tutte insieme, esultano tutte insieme e colorano un intero stadio mi incuriosiva e mi emozionava.

Aveva ragione, me ne sono innamorata. Da quel giorno, due domeniche al mese, ci mettiamo in macchina due, a volte tre ore prima, per raggiungere, dalla più profonda Roma Sud, l’unica parte di Roma Nord che conosco e che mi piace: lo stadio. Non è mai stato un peso pensare di dover fare così tanta strada, di farsi un’ora di traffico su Viale Marconi. Quei 90 e più minuti sono diventati sacri, le uniche due ore in una settimana in cui non pensi a nulla, in cui
ti diverti, soffri e non riconosci bene quali sono i momenti in cui sei pazzo di gioia e quelli in cui stai morendo di ansia. Penso che nulla nella vita dia emozioni simili.

Da quel momento sono iniziate anche le lunghissime attese estive, quelle in cui la domenica non sai che cazzo fare, perchè non c’è il campionato. Anche quest’anno come sempre, quando agosto stava per finire, è iniziata quella splendida inquietudine che annuncia la Serie A.

E poi c’è stata Roma-Siviglia. I prefiltraggi e le perquise infinite, steward enormi che dividono la curva, la celere nel settore e così via. Il livello di repressione che i tifosi della Roma stanno vivendo non solo è vergognoso ma fa parte di un disegno ben preciso: eliminare il tifo organizzato dallo stadio olimpico. Far stare tutti seduti al proprio posto perchè lo stadio del tennis piace alla questura, piace a Pallotta, insomma piace un po’ a tutti.

Le curve sono uno dei pochi luoghi di aggregazione rimasti in un momento storico in cui non conta niente altro che produrre e fare profitto. In cui i rapporti umani sono solo un imprevisto in un mondo di prodotti da consumare. E allora noi che pensiamo che vadano preservati luoghi come questo in cui tutti, all’unisono, provano le stesse emozioni, si scambiano idee e provano a comunicarle, un giorno siamo “idiots”, quello dopo siamo razzisti, quello dopo ancora siamo violenti. Sono anni che criminalizzano gli ultras per il razzismo e la violenza, quando viviamo in una società intrisa di razzismo e violenza. A quanto pare siamo noi i criminali in una città in cui metà della giunta è collusa con un sistema mafioso.

Evidentemente in una città al collasso da tutti i punti di vista, le curve sono il problema da risolvere. Ormai da anni, ogni problema a Roma viene risolto con la repressione, quindi tutto questo non mi sorprende, mi fa solo tanto incazzare. Mi fa incazzare che chi va allo stadio sia trattato da criminale, così come chi esce il sabato sera e prende una birra dopo le due di notte, così come chi protesta perchè qualcosa cambi.

Tornando alla Curva Sud il punto è che “sto a rosicà”. Perchè stanno distruggendo un luogo in cui ho vissuto per troppo poco tempo. Perchè quando sento i racconti di chi ha molti più anni di curva di me mi si chiude lo stomaco sapendo di essere arrivata troppo tardi. E probabilmente c’è chi la Curva Sud, anche solo come io l’ho conosciuta, non la vedrà mai. Chi non apprezzerà mai la bellezza di non stare attento ad una corsa sulla fascia del terzino, perchè in quel momento la curva sta cantando il suo coro più bello.

L’unica fonte di speranza in queste settimane è stato vedere un’intera curva cantare contro la presenza della celere nel settore, dopo essere stata in silenzio per tutta la partita. L’unica speranza è stato vederla vuota a Roma-Sassuolo, vederci rimanere fuori. E penso che, se sarà necessario, sarà giusto rimanere fuori tutto il campionato.

E a chi pensa che siamo degli idioti mi sento di dire che invece stiamo difendendo qualcosa di importante per tutti, purtroppo con troppe poche armi per resistere a questo attacco. E’ importante combattere ogni tipo di spinta repressiva non solo per chiunque frequenti lo stadio, ma anche per tutti potranno essere vittime della repressione sperimentata allo stadio e esercitata poi per strada. Perchè così funziona.

Camilla Guarino

da SportPeople

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