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Lettera di due obiettori di coscienza in fuga dalla guerra in Ucraina

Diffondiamo l’accorato appello arrivato all’associazione  “un ponte per” dall’Ucraina:

“Mi chiamo Oksana e con questa lettera chiedo il vostro aiuto da Dnipro, Ucraina.

Il mondo intero è preoccupato per la situazione che stiamo vivendo nel mio paese natale. Oggi è il quarantesimo giorno di guerra, ma anche il quarantesimo giorno di enormi violazioni dei diritti umani. Le restrizioni imposte a causa del conflitto negano la libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Le frontiere sono chiuse per una certa parte della popolazione ucraina, violando così altri due importantissimi diritti: il diritto alla libertà di movimento e il diritto di ricevere asilo quando si è perseguitati.

A dire il vero gli ucraini e le ucraine, soprattutto giovani, si trovano in un circolo vizioso. Da un lato le minacce della guerra, con l’alto rischio di essere feriti/e o uccisi/e dall’esercito russo; dall’altro, la persecuzione in patria in caso di rifiuto di servire nella leva militare, o di diserzione.

Nessuna legge ucraina permette l’obiezione di coscienza per motivi ideali. L’unica consentita è quella religiosa, riservata ad alcune comunità. Nonostante sia possibile teoricamente, anche questa opzione è praticabile soltanto sei mesi dopo il richiamo delle truppe. In sintesi, posso concludere che tutti gli ucraini maggiorenni e molte ucraine sono intrappolati/e nel paese come prigionieri/e, e non possono esercitare il diritto all’obiezione di coscienza in maniera legale.

Inoltre, sia la legge ucraina – inasprita negli ultimi mesi – che il giudizio sociale sono univoci verso chi si rifiuta di combattere. Chi rifiuta il servizio militare è chiamato ‘traditore della patria’, viene perseguitato in tutto il territorio ucraino e condannato a 10 anni o più di prigione. La situazione riflette il grado di polarizzazione della nostra società. I cittadini e le cittadine ucraine, sotto l’influenza della propaganda politica, sono pieni/e di rabbia non solo verso i nemici, ma anche verso chi, in patria, si oppone alla violenza e all’uso delle armi.

Questa situazione rinchiude in una gabbia me, le persone a me care e migliaia di giovani in Ucraina. Nel frattempo il nostro governo soffia sul fuoco del nazionalismo e sulle differenze insormontabili tra noi e la Russia. L’obiettivo di chi è al potere è ottenere la vittoria militare, non quello di preservare il maggior numero di vite umane. La nostra legislazione non prevede la possibilità di obiettare, ecco perché la mia sola speranza è il sostegno internazionale verso gli obiettori e le obiettrici di coscienza, e verso chi deciderà di disertare.

Chi è costretto/a a servire nell’esercito a causa di questa emergenza, senza alcuna possibilità di rifiuto, si trova oggi in una posizione molto vulnerabile che non mette a rischio non solo la vita, ma anche la salute mentale.

So che chi mi legge non ha modo di influenzare direttamente la legislazione di un altro paese. Ma spero che possiate aiutarmi a trovare una strada per denunciare la violazione dei diritti umani che sta avvenendo in Ucraina.

Permettetemi di dirvi due parole su di me. Tutto ciò che ho descritto finora è applicabile alla mia vita e a quella del mio fidanzato. Entrambi siamo nati a Dnipro e abbiamo vissuto qui fino ad oggi. Ho 23 anni. Tra un mese mi laureerò in Medicina ma lavoro già da anni sulle ambulanze come assistente medico. Secondo la legge ucraina in tempo di guerra, le donne con una formazione medica sono obbligate a servire con le forze armate. Per me tutto ciò è inaccettabile, contraddice i miei ideali e le mie convinzioni.

Mi rifiuto di essere coinvolta in spargimenti di sangue tra due paesi, a causa dell’incapacità dei due governi di venirne a capo. L’unica cosa accettabile per la mia coscienza è lasciare l’Ucraina e chiedere asilo in un paese dove potrò continuare a studiare per salvare vite umane. Lo stesso vale per il mio futuro marito. È per questo che chiediamo aiuto.

Il mio fidanzato ha 25 anni ed è un ex ufficiale militare. Ha prestato servizio per un anno e mezzo, poi ha abbandonato l’esercito perché troppe cose contrastavano con le sue idee: era depresso, oppresso dai giudizi altrui, dalla disciplina eccessiva e dall’arroganza diffusa.

Nonostante questo è stato costretto a tornare in servizio, contro la sua volontà, come riserva militare.

Entrambi siamo obiettori di coscienza. Rifiutiamo di diventare altri due nomi nell’interminabile lista dei “cittadini le cui vite sono state distrutte dal conflitto tra due Stati”. Ci opponiamo alla coercizione del servizio militare di emergenza. Vogliamo che sia garantito il nostro diritto alla libertà di movimento e di asilo in altri paesi. Il mio fidanzato insiste sul suo diritto alla libertà di pensiero e di coscienza. Crede nella giustizia, nella nonviolenza e nella protezione della vita umana. L’obbligo di rimanere in guerra fino alla fine, quello di usare le armi non solo contro i soldati nemici ma contro chiunque sia sospettato/a di legami con la Russia, l’arroganza dei vertici militari: sono tutte cose che mettono continuamente a repentaglio la sua vita.

Chiediamo al Comitato Internazionale di Sostegno agli Obiettori di Coscienza e ai Disertori un aiuto urgente. La nostra salute e la nostra vita sono in pericolo. Chiediamo di essere liberati/e dal servizio militare obbligatorio, di poter lasciare il nostro paese e che venga garantita la nostra sicurezza mentre lo facciamo”.


Oksana e Pavlo, Obiettori di coscienza di Dnipro – Ucraina

*I nomi delle persone e dei luoghi sono stati modificati per ragioni di sicurezza. La lettera ci è pervenuta in data 2 maggio 2022.

 

Firma l’appello di Giuristi Democratici per un corridoio umanitario per gli obiettori di coscienza in Ucraina!

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