«Le botte in cella una lezione di vita» Parola di giudice
- luglio 27, 2016
- in carcere, violenze e soprusi
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Rachid Assarag detenuto nel carcere di Parma registrò le “confessioni” degli agenti
Il Gip di Parma ha scritto la parola fine sulla vicenda Rachid Assarag, il quarantenne marocchino che aveva accusato gli agenti penitenziari del carcere emiliano di averlo picchiato sistematicamente per mesi.
Nel 2010, grazie all’aiuto della moglie Emanuela che riuscì a fargli avere un registratore, Assarag incise quotidianamente quello che accadeva nel carcere di Parma. Tre mesi di registrazioni choc, con le voci di agenti che raccontavano senza remore episodi di aggressioni e botte ai detenuti. La vicenda balzò agli onori della cronaca solamente a settembre del 2014, quando il settimanale L’Espresso pubblicò un articolo dal titolo «Galera, botte e omertà».
Nel pezzo, oltre a raccontare i pestaggi subiti da Assarag, era anche descritto il clima all’interno del carcere di Parma, dove i medici e gli operatori penitenziari, pur conoscendo quanto accadeva, non denunciavano per paura di subire ritorsioni. Le denunce, però, le aveva presentate Assarag. Quattro denunce per le violenze subite di cui, dal 2010, si erano perse le tracce.
Solamente grazie al clamore mediatico suscitato dall’articolo di stampa, il pubblico ministero di Parma decise di verificare «quali procedimenti penali fossero allo stato pendenti». Se non fosse stato per l’articolo, infatti, «si sarebbe proceduto all’archiviazione, attesa la contradditorietà del quadro probatorio e l’impossibilità di svolgere ulteriori indagini per scadenza dei termini».
L’avvocato di Assarag, Fabio Anselmo, depositò allora le trascrizioni delle registrazioni.
Iniziò, quindi, una attività d’indagine per falso e calunnia nei confronti degli agenti della polizia penitenziari. La Squadra Mobile della Questura di Parma ascoltò decine di persone fra guardie, medici e operatori in servizio al carcere di Parma.
A dicembre del 2015, terminata l’istruttoria, il pm decise per l’archiviazione di tutte le posizioni. Le registrazioni, infatti, sono «rese note solo quattro anni dopo i fatti, una tempistica che rende estremamente ardua la ricostruzione dei fatti». Alcuni dei dialoghi sono molto “crudi”. In una conversazione con Assarag, una guardia dichiara che dentro il carcere comandano loro e non esistono né avvocati né giudici. Al riguardo, il pm, premesso che l’affermazione è «inquietante», dato però «che la guardia non ha mai usato violenza nei confronti di Assarag, tali affermazioni paiono essere più delle lezioni di vita carceraria che la guardia sta impartendo al detenuto, che delle minacce o delle affermazioni di supremazia e di negazione dei diritti».
L’archiviazione suscitò polemiche. L’avvocato Anselmo parlò di «reality della vita carceraria». Il Pm di Parma, duramente criticato, venne difeso dalla locale sezione dell’Anm che, anzi, evidenziò lo scrupolo con cui erano state condotte le indagini.
La vicenda venne riproposta a marzo di quest’anno al grande pubblico, grazie ad un servizio della trasmissione televisiva Le Iene, dal titolo “Lezioni di vita carceraria”, dove, oltre a ripercorre l’iter processuale, venivano anche riproposti gli audio incriminati.
La parola fine, dunque, il 21 luglio scorso, quando il Gip di Parma, rigettando la richiesta di opposizione, ha stroncato ogni aspettativa di Assarag confermando l’archiviazione.
Le registrazioni «non consentono di collocare nel tempo gli episodi e, di conseguenza, non possono essere riferite con certezza agli episodi denunciati. Le registrazioni – prosegue il Gip – sono di non facile e sicura interpretazione essendo estrapolate da dialoghi intervenuti tra il detenuto e persone non individuate (agenti, medici, psicologi). Inoltre, le dichiarazione di Assarg presentano incongruenze tali da compromettere l’attendibilità della sua ricostruzione».
Sentita dal Dubbio, la moglie di Assarag, ha dichiarato: «Che paese civile, quello che ti obbliga a fare casino, per ottenere qualcosa. E nel nostro caso abbiamo ottenuto un’archiviazione. La procura di Parma – prosegue – di fronte al mondo della giustizia è una goccia nell’oceano. La storia è tutt’altro che chiusa. La richiesta di archiviazione del Pm, confermata dal Gip, non intacca il contenuto delle conversazioni registrate in carcere. Al contrario, l’ostinazione a voler insabbiare tutto, mi fa capire quanto quelle tracce possano aprire scenari difficili da gestire, per cui preferiscono perdere tempo, per poi chiudere tutto con una prescrizione. Quanta libertà intellettuale e coscienza c’è, in una sentenza simile? »
Assarag dal 2009 sta scontando una condanna a nove anni e quattro mesi di carcere per stupro. In questi anni è stato trasferito in undici carceri diverse (Milano, Parma, Prato, Firenze, Massa Carrara, Napoli, Volterra, Genova, Sanremo, Lucca, Biella) attualmente è recluso a Bollate. A breve il Tribunale di Sorveglianza di Milano dovrà esprimersi sulla sua richiesta dei domiciliari.
Giovanni M. Jacobazzi da il dubbio
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