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L’accoglienza Minniti: più Cie e meno diritti

Dal 18 agosto la protezione internazionale sarà decisa da un giudice che potrà non sentire né il richiedente asilo né il suo avvocato, potrà decidere di non celebrare neanche un’udienza. In caso negativo, per il ricorrente non ci sarà più il secondo grado ma solo il ricorso alla Cassazione. Operatori sociali a fare i poliziotti e a notificare i dinieghi delle richieste, ma soprattutto più CIE per la detenzione amministrativa dei migranti. Questi sono tra i punti principali della legge Minniti/ Orlando n. 46/ 2017 “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale”, entrata in vigore il 18 aprile.

La legge infatti istituisce delle sezioni specializzate in materia di diritto degli stranieri presso i tribunali nel luogo dove hanno sede le Corti d’appello. «Il problema è che non tutte le competenze in materia di migrazione andranno alle sezioni specializzate – dice Guido Savio avvocato dell’ASGI ( Associazione studi giuridici sull’immigrazione) molto critica rispetto alla nuova legge – ad esempio tutto ciò che riguarda le espulsioni rimane competenza dei giudici di pace, così come le controversie su permessi di soggiorno e ricongiungimenti familiari rimarranno attribuite alla giurisdizione amministrativa. Si è persa una buona occasione per aggregare alla sezione specializzata del tribunale tutta la materia dell’immigrazione, ma se questa non si occupa di come le persone entrano in Italia di come fanno a restare e di quando devono essere espulse è una sezione monca».

Nel 2016 sono state presentate 123.600 richieste di protezione internazionale con un aumento del 47% rispetto al 2015; ne sono state esaminate 91.102, ma il 60% delle domande riceve una risposta negativa. L’esame viene fatto dalle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, ovvero Ministero dell’Interno, enti locali e UNHCR. La parola d’ordine, oggi, è snellire il sistema, velocizzare le procedure sulla decisione per il questo disegna un sistema in ma- teria di protezione internazionale principalmente cartolare, ovvero .

Con la Minniti/ Orlando tutte le audizioni in fase di Commissione territoriale verranno videoregistrate con un sistema di riconoscimento vocale che effettua la trascrizione in italiano. Visto che non ci sarà l’obbligo di convocare le parti quella diventerà la prova decisiva. «Le audizioni in Commisione durano un paio d’ore – spiega Savio – e pensare che il giudice se le riveda dal suo computer al giudice che dal suo computer fa sorridere. Il rischio potrebbe essere anche quello di rallentare il processo decisionale. Senza contare che il riconoscimento di una dei tre tipi di protezione si basa in gran parte sull’attendibilità e sulla credibilità, la coerenza della narrazione dei fatti da parte della persona interessata, è molto opinabile che una decisione di questo tipo possa essere presa senza un contatto diretto con l’interessato». E poi c’è l’abolizione del secondo grado di giudizio sempre con l’idea di accelerare i tempi. «Nessuna di queste nuove procedure è di per sè incostituzionale – conclude Savio – il secondo grado di giudizio non è coperto dalla Costituzione, così come non incostituzionale il rito camerale, ma la sinergia di queste misure crea un sistema che lede fortemente il diritto alla difesa di persone che più di altre avrebbero bisogno di protezione e garanzie».

Un’altra questione che sta destando molte perplessità è l’attribuzione del dovere di notifica ai centri di accoglienza: non sarà più la polizia a notificare al richiedente asilo la risposta positiva o negativa sulla sua richiesta di protezione, ma lo farà il responsabile della struttura dove si trova. «Noi siamo stati da subito molto critici su questa disposizione – afferma Manuela Di Marco operatrice legale del settore immigrazione Caritas Italiana – non è più chi prende la decisione a dare la notizia, ma chi accoglie. Ci fanno diventare dei vigili urbani, va molto oltre rispetto al ruolo di sussidiarietà in ambito di accoglienza che ci prendiamo in quanto società civile». Il responsabile riceverà la notifica tramite PEC dovrà comunicarla al richiedente ottenendo una ricevuta dell’avvenuta comunicazione. «Questo significa delegare a persone non competenti una funzione delicatissima – dice Di Marco – che se fatta male può avere conseguenze pesanti. Senza contare che l’ 80% dei richiedenti asilo si trova in centri di emergenza, i CAS ( Centri Accoglienza Straordinaria), disposti direttamente dalle prefetture. A gestire i CAS non c’è solo il privato sociale ormai esperto nell’accoglienza come Caritas e altri, ma anche gli alberghi e i motel. Come farà l’albergatore a garantire la notifica?».

Cecilia Ferrara da il dubbio

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