Menu

La repressione di Bolsonaro al popolo Yyanomami

Gli anni del governo Bolsonaro sono stati devastanti per le popolazioni indigene. In particolare per gli Yanomami colpiti da malattie e ridotti letteralmente alla fame. Nessuno si aspetta miracoli da Lula, naturalmente. Ma almeno sembra voler rimediare alla grave situazione.

di Gianni Sartori

La notizia qualche media l’ha anche data. Parlo della recente visita, doverosa dopo gli anni devastanti (non solo per gli indios, ma forse soprattutto) del governo Bolsonaro. Quello rivendicato a Venezia con lo striscione leghista “Bolsonaro orgoglio veneto”, ricordate ?

Quindi riportandola non dirò niente di nuovo.

Tuttavia, proprio pensando all’ex presidente (di origini venete, pare) ritengo di dover sollevare alcune questioni,

In passato condividevo una certa simpatia per questi compaesani emigrati in Brasile che – a quanto mi era stato detto e confermato – mantenevano una certa purezza originaria della lingua veneta e rispetto per le tradizioni.

Non avevo evidentemente troppe informazioni sulla natura delle emigrazioni novecentesche partite anche dal Veneto, sulla possibilità che comunque avessero rappresentato una ulteriore colonizzazione nei confronti della cosiddetta “America Latina” (dopo quelle devastanti, genocide di spagnoli e portoghesi dei secoli precedenti).

Solo recentemente, incontrando qualche discendente in visita alla terra dei padri (nel Basso Vicentino, in Polesine…) ho sentito raccontare storie poco edificanti di terre praticamente “regalate” dai governi e poi, oltre che disboscate, “ripulite” dalla presenza di indigeni (vuoi con le minacce, vuoi con altri mezzi più drastici…). Sarà stato anche un caso e non pretendo faccia testo, ma l’atteggiamento delle persone da me incontrate (quasi tutti elettori di Bolsonaro) era quello di un malcelato razzismo. Praticamente disprezzavano gli indios quasi quanto odiavano i comunisti, se rendo l’idea. Tutto da verificare ulteriormente, approfondire, studiare…ma la prima impressione resta quella, alquanto negativa,

Detto questo, torniamo ai fatti recenti. Scampato (almeno per ora, tocchiamo ferro) al tentativo di golpe, Lula ha voluto visitare personalmente (il 21 gennaio) la riserva indigena Yanomani nello stato di Roraima (ai confini con il Venezuela). Comprende un territorio di circa 10 milioni di ettari e attualmente è abitata da poco più di trentamila persone.

Ma soprattutto negli ultimi tempi versa in una grave emergenza sanitaria, in gran parte causata dalla disattenzione (eufemismo) del precedente governo di Jair Bolsonaro (2019-2022).

In particolare Lula ha voluto toccare con mano la situazione dei bambini, vittime di denutrizione e malaria. Sarebbero quasi seicento i casi accertati di bambini yanomami morti praticamente di fame tra il 2019 e il 2022 (mentre al momento non si hanno dati precisi sugli adulti morti per inedia). Per rimediare alla mancanza di assistenza nei confronti di questa minoranza etnica (retaggio, ripeto, del precedente governo di destra) è stato istituito un comitato nazionale di coordinamento. La dichiarazione ufficiale di emergenza sanitaria (pubblicata nel giorno precedente alla visita di Lula) era firmata dalla ministra della Salute Nísia Trindade. E prevede l’immediata realizzazione di un “centro di operazioni di emergenza in salute pubblica” al fine di “pianificare, organizzare, coordinare e controllare ogni mezzo necessario per risolvere la situazione”.

Aggiungendo di volere assolutamente “compiere ogni sforzo per garantire la vita degli indigeni e superare questa crisi”. In questa visita il leader del Partito dei Lavoratori (PT) era accompagnato dalla ministra dei Popoli Indigeni, Sônia Guajajara. Molto preoccupata per la “crisi umanitaria e sanitaria affrontata dal popolo yanomani, danneggiato anche dalla consistente presenza di minatori illegali, soprattutto cercatori d’oro”.

Ha poi aggiunto che “è molto triste sapere che molti indigeni, tra cui 570 bambini, morirono di fame durante l’ultimo governo”. Per concludere che considera “inammissibile veder morire di fame i propri familiari”. ”

Gli Yanomami, non dimentichiamolo, già negli anni novanta del secolo scorso avevano perso un quinto della popolazione a causa delle malattie portate dai minatori illegali. La cui attività Bolsonaro avrebbe voluto rendere legale, autorizzando così uno sfruttamento intensivo delle risorse naturali dell’Amazzonia. Alla faccia delle popolazioni indigene.

Osservatorio Repressione è un sito indipendente totalmente autofinanziato. Puoi  sostenerci donando il tuo 5×1000 e darci una mano a diffondere il nostro lavoro ad un pubblico più vasto e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram

Comments ( 1 )

  • Gianni Sartori

    La spasmodica ricerca di litio e altri minerali indispensabili per l’elettrico potrebbe innescare processi di “d’autonomia differenziata” e di “indipendenza a geometria variabile”? In Africa quasi sicuramente.

    IN AFRICA LITIO & C. RIMESCOLANO LE CARTE.
    E MAGARI DOMANI ANCHE QUELLE GEOGRAFICHE…
    Gianni Sartori
    Facile previsione quella di dover assistere, oltre al deflagrare di conflitti, a nuove insorgenze indipendentiste o magari più modestamente a richieste di autonomia in quei territori africani dove si va ad estrarre, lavorare, commercializzare…il prezioso litio (e gli altri minerali indispensabili per l’elettrico).
    Quindi eventuali situazioni di autonomia amministrativa preesistenti potrebbero, possono tornare utili, provvidenziali.
    Vedi il caso del distretto autonomo di Abidjan, con relativo porto, in Costa d’Avorio. Magari grazie alla preveggenza di qualche compagnia straniera che da tempo aveva allungato le mani su questo strategico terminale minerario. Anche se il minerale in questione (per la cronaca: il prezzo del litio nell’ultimo anno è aumentato circa del 500%) proviene da un paese limitrofo, il Mali.
    Infatti l’avvio dei preliminari delle attività estrattive nei giacimenti dell’azienda australiana Leo Lithium limited (in Mali) ha determinato un’accelerazione dei lavori nel “porto autonomo” di Abidjan. Dal 2018 a disposizione della società belga Sea Invest che ha in programma di ampliarne ulteriormente le capacità di stoccaggio (passando da 200mila tonnellate a 300mila) e di esportazione (sempre in previsione, annualmente oltre tre milioni di tonnellate di minerali).
    Per i lavori di ampliamento e modernizzazione, si prevedono tempi brevi, al massimo una decina di mesi.
    AUTONOMIA SI’, MA AL SERVIZIO DI CHI?
    Va detto che la particolare condizione di Abidjan solleva qualche perplessità sull’eventuale abuso del concetto di “autonomia”.
    L’ex capitale e maggior città ivoriana costituisce un distretto autonomo dei 14 in cui è suddiviso il Paese.
    O meglio: una “regione urbana autonoma” (come l’altra, Yamoussoukro, la nuova capitale amministrativa).
    Tutto questo potrebbe essere risultato un buon punto di partenza per l’ampliamento e la gestione (leggi controllo) delle infrastrutture necessarie per concentrarvi i minerali da esportare.
    In Mali il progetto Goulamina (un giacimento di litio nel sud del paese, a circa 150 chilometri da Bamako) si avvia a diventare (si prevede nel giro di un paio di anni) forse la prima, comunque una delle maggiori miniere in attività del continente africano. L’area interessata si estende per quasi trentamila ettari (nel permesso di Torakoro) ed il progetto è sviluppato – come già detto – da Leo lithium limited, in collaborazione con la Ganfeng lithium (cinese).
    Salvo imprevisti (come l’utilizzo di manodopera immigrata, specializzata o meno) l’impianto minerario dovrebbe assumere circa 6-7cento persone del luogo.
    Un migliaio quelle assunte temporaneamente per i lavori di costruzione (durata prevista: due anni), mentre una novantina di milioni di euro (poco più di un terzo dei 240 complessivi) dovrebbero finire nelle tasche di imprenditori maliani (fornitori di calcestruzzo, attrezzature, installazioni…).
    Gianni Sartori

Leave a Comment

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>