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La guerra turca ai diritti curdi non ha più confini

L’attuale coalizione del governo svedese ha ricevuto la fiducia con un voto di differenza, è stato quello di Amineh Kakabaveh di cui la Turchia chiede l’estradizione. Kakabaveh è contro la Nato. La prova del fatto che Ankara, anche al di fuori dei suoi confini, mina ogni rivendicazione dei diritti dei curdi

di Ragıp Zarakolu – Editore e attivista turco in esilio in Svezia

Se il presidente Erdogan fa un passo avanti l’ambasciatore potrebbe mancare? Ha preteso il rimpatrio di Amineh Kakabaveh, membro del parlamento svedese, in Turchia. Kakabaveh ha reagito: «La Svezia non deve consegnarmi alla Turchia ma deve immediatamente rimandare in Turchia questo ambasciatore».

Non mi stupirei se l’ambasciatore diventasse ministro degli Esteri, molto presto. Il trono di Cavusoglu è a rischio dopo questa mossa. Ovviamente non è un problema per il potere machista il fatto che Cavusoglu abbia molestato verbalmente la ministra degli Esteri svedese.

Però questo ambasciatore potrebbe essere premiato per la sua ultima mossa. Dato che secondo il presidente l’essere curdo vuol dire essere terrorista, è normale che lo assecondi anche l’ambasciatore.

La Svezia ha espulso numerosi diplomatici russi perché hanno ficcato i loro nasi negli affari interni del paese. Spero non succeda anche a lei: l’attuale coalizione del governo svedese ha ricevuto la fiducia con un voto di differenza, è stato quello di Amineh Kakabaveh. Che è contro la Nato. Ankara pensa che Amineh sia una curda della Turchia, ma è iraniana. La richiesta di un suo eventuale rimpatrio semmai spetterebbe alla Repubblica islamica dell’Iran ma per quanto ne so l’Iran non avanza richieste del genere.

O forse la Turchia pensa che sia una deputata dell’Hdp. La vorrebbero mettere nella stessa cella con Demirtas oppure Kisanak. Pensano di essere furbi. Meglio sarebbe leggere il suo libro-diario, Amineh – No Bigger Than a Kalashnikov: A Peshmerga in Parliament.

Kakabaveh si è allontanata dal Partito della Sinistra per le posizione del movimento che in qualche maniera cercava di legittimare la sha’ria per le donne musulmane. Il Partito della Sinistra cercava così di evitare una serie di temi importanti per non perdere i voti degli immigrati.

È vero che Kakabaveh è diventata una guerrigliera a 13 anni. Voleva dire far parte della resistenza contro l’attentato sanguinoso del 1979 compiuto dalla Repubblica islamica dell’Iran. Komala era una formazione di resistenza contro il regime dello scià in Iran. Poi si è trasformata in un movimento di resistenza contro il regime dei mullah.

Questo movimento non viene riconosciuto come organizzazione terrorista dagli Stati uniti, esattamente come il partito Anc di Mandela in Sudafrica. Ha un ufficio in Washington. Ci sono solo due paesi che definiscono Komala organizzazione terroristica: Iran e Giappone. Povero Giappone. Abbasso il petrolio!

Bianet ha intervistato Kakabaveh, pochi giorni fa, in merito all’adesione della Svezia e della Finlandia alla Nato. Ha detto: «La Nato non ha mai portato sicurezza nel mondo». Mi congratulo con Bianet per questo lavoro.

Secondo Kakabaveh il fatto che il presidente della Repubblica nonché il presidente generale del Partito dello Sviluppo e della Giustizia (Akp) sia contro l’adesione della Svezia e della Finlandia alla Nato riguarda anche il fatto che Erdogan non è più così «popolare» in Turchia come prima. Quindi vorrebbe compensare questa perdita con una vittoria registrata in politica estera.

«Io, come Amineh, vi parlo della mia esperienza personale. Noi curdi, in Turchia, Iran e in altri paesi, abbiamo subito continue pressioni e abbiamo sperimentato la guerra. In Svezia ci sono numerosi rifugiati. Quindi anch’io, come tante altre persone, sono contro la Nato e contro la guerra. Noi parlamentari non abbiamo approvato il fatto che la Svezia decidesse di cambiare la sua posizione di neutralità che dura da 200 anni, una posizione di pace. La Svezia da tanto tempo non fa parte di nessuna alleanza. Questo è un punto molto importante. Se la Svezia diventasse un membro della Nato, sarebbe un enorme errore».

Nel frattempo la Turchia ha chiesto il rimpatrio del medico Siraç Bilgin dalla Svezia, ma è morto sette anni fa. È l’autore della biografia Barzani (Firat Yayinlari, 1992). Questo libro è vietato in Turchia, il cui governo ha criticato il referendum realizzato nel 2017 nel Kurdistan iracheno e non ne ha riconosciuto l’esito. La prova del fatto che la Turchia, anche al di fuori dei suoi confini, è contro la rivendicazione dei diritti dei curdi e lo fa collaborando con i nazionalismi arabi e persiani.

da il manifesto
(Traduzione di Murat Cinar)

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Amineh Kakabaveh: «Erdogan vuole la mia estradizione e la Svezia tace»

Intervista alla deputata curda svedese: «Nessuna conseguenza: Stoccolma teme di perdere la Nato. Kurdistan agnello sacrificale, il vero pericolo è il negoziato sullo stop all’embargo contro la Turchia. Io non sono parte del Pkk, ma importante che il Pkk sia rimosso dalla lista del terrorismo della Ue: finché ci sarà, la questione curda non sarà risolta»
di Chiara Cruciati

Amineh Kakabaveh ha una storia che parla da sé: nata nel 1970 nel Rojhilat, Kurdistan iraniano, ha aderito al movimento guerrigliero marxista-leninista Komala che era ancora un’adolescente. A 19 anni ha cercato rifugio in Svezia: si è laureata mantenendosi come collaboratrice domestica. Fino all’ingresso in parlamento con il Left Party.

Il suo è uno dei nomi che dieci giorni fa l’ambasciatore turco a Stoccolma, Hakki Emre Yunt, ha indicato come prede degli appetiti di Ankara: deportazioni in cambio del sì all’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato, un cambio di paradigma rispetto a una neutralità storica sulla spinta della guerra in Ucraina, che Erdogan ha saputo subito intercettare.

Yunt ha poi ha ritrattato, ma tant’è: al cuore della narrazione turca sta l’idea che quelli scandinavi siano Stati-santuario del Pkk, il movimento di liberazione curdo di cui – in ogni caso – Kakabaveh non è mai stata parte. L’abbiamo raggiunta al telefono.

Ankara ha ipotizzato la sua estradizione, seppur non sia cittadina turca. Qual è stata la reazione della Svezia?

È scandaloso che il governo turco e il suo ambasciatore chiedano la mia deportazione in un paese di cui tra l’altro non sono cittadina. Si sono permessi di attaccare la parlamentare di un paese democratico europeo e chiederne l’estradizione. È terribile che abbiano il potere di farlo e di non subire alcuna conseguenza: Stoccolma non ha detto quasi nulla, non vuole perdere la possibilità di entrare nella Nato. Alcuni partiti svedesi hanno condannato la richiesta della Turchia, ma non il governo.

Una richiesta illegale che potrebbe avere conseguenze nell’ambito del negoziato tra Stoccolma e Ankara?

È del tutto illegale, è impossibile che la Svezia lo permetta. Detto questo, quel negoziato porta con sé pericoli ben più probabili, a partire dallo stop all’embargo militare contro la Turchia. È inaccettabile che si negozi con regimi fascisti come quello turco, è una dittatura. Nella Nato ci sono paesi autoritari, ma il livello di democrazia in Turchia è pressoché nullo.

Il governo della Turchia la accusa di essere parte del Pkk.

Non sono né sono mai stata parte del Pkk, Ma non è importante: chiunque lavori per i diritti umani dei curdi, a favore dell’autodeterminazione curda o contro Daesh è chiamato da Erdogan «terrorista». I curdi hanno combattuto contro l’Isis, in prima linea. Come curdi chiediamo il rispetto dei nostri diritti in tanti paesi diversi. Il problema è che la Turchia è nella posizione di poter esprimere la propria narrazione nel consesso internazionale ed europeo. I leader europei negoziano con Erdogan, lo hanno fatto sulla questione dei rifugiati siriani riconoscendo ad Ankara molti soldi. Il prossimo anno Erdogan si trova ad affrontare le elezioni e ha bisogno di vendicarsi dopo la sconfitta a Istanbul e Ankara nelle amministrative passate (nel marzo 2019, ndr). È la politica interna a guidare le sue scelte internazionali. È debole e attacca i curdi, in Kurdistan e nella diaspora. È nazionalismo fascista.

La Svezia ha aperto la porta a molti rifugiati curdi, ma allo stesso tempo è stato il secondo paese dopo la Turchia a inserire il Pkk nella lista del terrorismo. Qual è oggi la posizione di Stoccolma?

In Svezia vivono decine di migliaia di curdi, sono presenti da decenni, hanno famiglie, lavoro, imprese. È la diaspora curda più ampia dopo la Germania. La posizione del governo, sfortunatamente, è la stessa della Ue: il Pkk è nella lista del terrorismo. Ma finché sarà in quella lista, la questione curda non sarà risolta. È importante dunque che il Pkk sia rimosso da quella lista. Va ricordato che Erdogan ha negoziato con il Pkk fino al 2015: ha abbandonato il tavolo e iniziato un’offensiva contro ogni movimento curdo quando ha cominciato ad avere problemi interni, economici, elettorali.

Lei è contraria all’ingresso della Svezia nella Nato.

Sono completamente contraria. Sono contro la guerra e sono contro l’invio di armi all’estero. Non voglio che la Svezia invii armi ad altri paesi perché questo incrementa solo morte e guerra. Le armi inviate in Medio Oriente ci uccidono. La posizione neutrale della Svezia era una voce per la pace e la solidarietà, almeno sulla carta. Oggi, all’improvviso, ha cambiato la sua posizione dopo duecento anni di neutralità. È un grande dolore.

da il manifesto

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