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La censura di Facebook aiuta la guerra di Erdogan

Dopo aver chiuso le pagine delle organizzazioni e reti pro curde, il social network di Mark Zuckerberg chiude le pagine di portali di movimento e informazione indipendente italiani. Oscurati MilanoInMovimento, GlobalProject e Contropiano. A rischio DinamoPress, Radio Onda d’Urto e Infoaut. La denuncia dei siti coinvolti

Tra ieri sera e questa mattina, Facebook ha chiuso le pagine di alcune testate indipendenti e legate ai movimenti sociali. Altre sono state raggiunte da messaggi ufficiali della piattaforma in cui si comunica il rischio della chiusura.

I contenuti oggetto dell’operazione sono strettamente legati a post in cui si evidenziava il sostegno alla causa curda e si esprimeva il legittimo dissenso a quanto sta succedendo in Siria del Nord a opera della Turchia. Una guerra che aggiunge anche la questione dell’informazione e della comunicazione nel novero dei terreni di contesa, che si sommano ai più evidenti aspetti economici, politici e militari. Evidentemente, l’espansionismo di Recep Erdoğan non è solo territoriale, ma si propaga anche nell’intelligence digitale.

Gli attacchi che stanno subendo queste pagine non hanno nulla di casuale. È chiaro a tutti che sono ben organizzati e coordinati. Erdoğan ha il problema di ricostruire consenso intorno alla sua figura per questo vuole mettere a tacere tutte le voci critiche.

Riteniamo che il sostegno di Facebook all’offensiva comunicativa del regime turco violi i più basilari dettami della libertà di stampa. Anche per il social network vale la Costituzione, che all’articolo 21 stabilisce: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».

Inoltre Facebook – agendo da piattaforma proprietaria – confonde scientemente la “neutralità” dei suoi contenuti con una vera e propria censura nei confronti di chi sta denunciando il massacro militare di civili, il rafforzamento di Daesh – che era stato sconfitto grazie alla resistenza curda – e la produzione di una nuova emergenza migratoria forzata.

Mr Zuckerberg vuole sostenere questa campagna propagandistica? Fare da sponda alla censura e a un regime che ha scatenato una guerra d’invasione fa parte degli standard della communnity del social più utilizzato al mondo?

Come testate che hanno da sempre sostenuto istanze di libertà e democrazia reale, ribadiamo che continueremo a essere in prima linea nel documentare e sostenere le lotte per la giustizia, l’uguaglianza e i diritti in ogni angolo del mondo. Allo stesso tempo ci appelliamo a chiunque creda nei valori e nell’azione di una informazione libera e indipendente di denunciare questo grave atto di censura attraverso tutti gli strumenti a sua disposizione.

Contropiano, Dinamopress, Globalproject, Infoaut, MilanoinMovimento, Radiondadurto

da DinamoPress

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  • The author effectively highlights the intricate dynamics between social media platforms and political power, shedding light on the ways in which Facebook’s censorship practices may inadvertently assist Erdogan’s government in its efforts. This article is a valuable contribution to the ongoing discourse on freedom of speech and the role of social media in shaping political landscapes. It prompts readers to critically examine the potential consequences of online censorship, encouraging a deeper understanding of the complex dynamics at play.

  • It’s concerning to see how social media platforms can be manipulated to suppress freedom of expression and stifle dissenting voices. Your article sheds light on the role Facebook has played in this complex issue, and it’s crucial that such issues are brought to public attention.

    Freedom of speech and access to unbiased information are fundamental principles in any democracy, and your work in highlighting instances where these principles are under threat is commendable.

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