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Immigrazione: dopo i respingimenti collettivi, espulsioni e convalide nei nuovi Cie

Dopo la visita di Berlusconi e le diverse missioni di Maroni a Tunisi, per perfezionare “intese tecniche” allo scopo di allontanare dal territorio italiano i tunisini giunti a Lampedusa, sembrerebbe entro un tetto massimo di 800 persone, le autorità italiane hanno effettuato circa trecento respingimenti collettivi direttamente da Lampedusa, gli ultimi sabato 23 aprile. Altre decine di respingimenti sommari, se non espulsioni vere e proprie, sono stati effettuati nell’ultima settimana dall’aeroporto di Palermo e da altri aeroporti italiani.
Nel frattempo, risulta che la metà circa dei 23.000 tunisini giunti in Sicilia a partire dal mese di gennaio si sia allontanata, in gran parte verso altri paesi europei, senza alcun documento di soggiorno, o con una “intimazione a lasciare entro cinque giorni il territorio dello stato”, il cosiddetto “foglio di via”, di fatto un vero e proprio passaporto verso la clandestinità.
Gli altri tunisini che hanno fatto richiesta di permesso di soggiorno per motivi umanitari in base al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 aprile scorso, stanno ottenendo i documenti di soggiorno e stanno affluendo verso il valico di frontiera di Ventimiglia, dove la situazione si aggrava di giorno in giorno, anche perché la Francia continua a respingere coloro che non possono dimostrare i requisiti ( documenti e risorse economiche) richiesti dagli Accordi di Schengen, e poi dal Regolamento comunitario n. 562 del 2006.
Tutti coloro che sono giunti in Italia dopo il 5 aprile, o ai quali sia stato rifiutato il permesso di soggiorno per una pregressa espulsione o per precedenti penali, sono stati rinchiusi nei nuovi centri di detenzione aperti “di fatto” dal governo in diverse regioni italiane, e poi trasformati in Cie con un tardivo decreto del ministro dell’interno. È bastata qualche ora di differenza per trasformare la condizione di coloro che giungevano dalla Tunisia, trattenuti per mesi a Lampedusa in condizioni disumane, da richiedenti protezione umanitaria in clandestini, una operazione orchestrata dai partiti di governo ad evidenti scopi elettorali, per vincere ancora una volta sulle politiche della paura, dello “tsunami immigrazione” tante volte annunciato e poi ridimensionato.
Prima si è creata una emergenza a Lampedusa, bloccando nell’isola miglia di migranti che se fossero stati trasferiti tempestivamente non avrebbero distrutto l’immagine dell’isola ed avrebbero avuto riconosciuto almeno i loro diritti fondamentali. Poi, con il decreto del Presidente del Consiglio del 5 aprile si è dichiarato lo “stato di emergenza su tutto il territorio nazionale”, e si sono affidati i pieni poteri alla Protezione civile, sulla base di un presupposto inesistente, come ha poi stabilito l’Unione Europea che ha negato l’applicazione della direttiva 2001/55/CE. Infine con l’ennesimo decreto del 7 aprile si è stabilito “lo stato di emergenza umanitaria nei paesi del Nord Africa”, su un altro presupposto chiaramente falso “ l’emigrazione di un gran numero di cittadini libici”, non per portare aiuti in Tunisia o per riconoscere visti di ingresso o ancora altri permessi di soggiorno, ma all’esclusivo scopo di “ consentire un efficace contrasto dell’eccezionale afflusso di cittadini ( africani, libici, tunisini?) nel territorio nazionale”.
Il vero scopo di questa decretazione d’urgenza è apparso subito chiaro, e consisteva nell’”ineludibile esigenza di assicurare l’urgente attivazione, in coordinamento con il Ministero deli affari esteri, di interventi in deroga all’ordinamento giuridico”. In realtà si tentava di derogare le regole che vietavano i respingimenti e le espulsioni collettive, ma il governo provvisorio tunisino ha negato l’autorizzazione per le operazioni di respingimento a mare, sul modello di quelle praticate con tanto “successo” negli anni passati, dopo gli accordi con la Libia di Gheddafi. Ed allora ecco che la deroga “all’ordinamento giuridico”, in realtà un vero e proprio stato di eccezione, si è applicata nelle operazioni di respingimento sommario da Lampedusa, e poi da altre città, mentre si prolungava la detenzione amministrativa ben oltre i termini previsti dalla legge, in assenza di tempestivi provvedimenti di convalida da parte dell’autorità giudiziaria.
In una prima fase, che corrisponde ai rimpatri effettuati direttamente da Lampedusa, si è provveduto con identificazioni sommarie, sembrerebbe che neppure le autorità consolari abbiano fornito i documenti di viaggio, e senza la tempestiva notifica dei provvedimenti dei provvedimenti di allontanamento forzato, al punto che molti migranti neppure sapevano, nei primi giorni di rimpatri, dove li avrebbe condotti l’aereo sul quale venivano imbarcati.
Dopo che la notizia sulla destinazione effettiva dei voli verso la Tunisia ha cominciato a circolare non si sono contati i tentativi di suicidio e gli atti di autolesionismo, in assenza di tutte le condizioni per il rimpatrio forzato previste dalla Direttiva comunitaria n. 2008/115/CE che l’Italia di Maroni e Berlusconi si ostina a non applicare. E appare evidente come lo scopo effettivo dell’incontro tra Sarkozy e Berlusconi per il 26 aprile sia costituito dalla ricerca comune di altri sotterfugi per eludere le direttive comunitarie che stabiliscono garanzie procedurali anche per gli immigrati irregolari, e magari modificare il Regolamento Schengen all’esclusivo scopo di chiudere -”quando serve”- le frontiere interne, al pari di quelle esterne, agli immigrati provenienti dai paesi del Nord-africa.
E quando si è finalmente arrivati alle prime convalide dei provvedimenti di allontanamento e di trattenimento, come negli ultimi giorni a Santa Maria Capua Vetere, e come si verificherà in tutti i nuovi centri di accoglienza ed identificazione trasformati in Cie (Manduria, in Puglia, Kinisia, a Trapani, in Sicilia, e sembra anche a Potenza), i giudici di pace hanno semplicemente obbedito alle pressioni dello locali questure, giungendo a convalidare misure di trattenimento fondate su presupposti giuridici inesistenti e sulla falsificazione delle date di trattenimento.
Nel caso dei migranti detenuti sulla nave di crociera Excelsior per quasi una settimana, da Lampedusa a Catania, e poi a Civitavecchia ed ancora a Trapani, dove venivano fatti sbarcare, al fine di giustificare il conteggio dei termini richiesti dall’art. 13 della Costituzione e dagli articoli 13 e 14 del T.U. sull’immigrazione, si è cercato di addurre il carattere “volontario” della loro scelta di salire sulle navi o di entrare nei centri di accoglienza ed identificazione. Quasi come se fossero “ospiti”, ospiti particolari però, perché tutti hanno visto la caccia all’uomo forsennata, persino con agenti a cavallo ed elicotteri, che si è scatenata quando gli “ospiti” volevano esercitare la loro libertà di circolazione.
Fulvio Vassallo Paleologo (Università di Palermo) da www.meltingpot.org

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