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Ilaria Salis: “costretta a firmare verbale in ungherese”

Nuova lettera di Ilaria Salis dal carcere ungherese. Ilaria ha scritto all’ambasciata per segnalare che dopo l’udienza di lunedì è stata interrogata dal personale della prigione sulle sue condizioni detentive e poi le è stato fatto firmare un verbale delle sue parole redatto in lingua ungherese

«Purtroppo qui in prigione dobbiamo eseguire gli ordini e rifiutarsi di firmare non è ben visto», ha scritto. Dice il suo avvocato Eugenio Losco: «Ilaria ha il timore che nel foglio che le è stato fatto firmare siano state riportate sue dichiarazioni false. Le è stato praticamente ordinato di firmare quel foglio elei non è stata in grado di opporsi». Intanto il garante italiano dei detenuti ha scritto quattro lettere sulla situazione di Salis al suo parigrado ungherese e alle autorità europee.

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Ilaria Salis: due attacchi a tre neonazi, ma soltanto ferite leggere

Le accuse della procura di Budapest . Gli episodi avvenuti durante il Giorno dell’onore Usati bastoni telescopici, martelli di gomma e spray. Gli inquirenti contestano anche l’appartenenza a un gruppo antifascista tedesco

di Mario Di Vito da il manifesto

Sono quattordici le pagine con cui il sostituto procuratore capo di Budapest Attila Jakubàsz ricostruisce gli scontri tra antifascisti e neonazisti avvenuti tra il 9 e l’11 febbraio del 2023, il periodo del Giorno dell’onore, quando la capitale ungherese si popola di nostalgici hitleriani che celebrano clandestinamente le azioni militari delle SS contro l’Armata rossa. Ilaria Salis è stata presa in custodia alle 16 e 25 di sabato 11 febbraio insieme a due cittadini tedeschi, Tobias Edelhoff e Anna Christina Mehwald. Inseguiti dalla polizia, i tre sono saliti su un taxi in piazza Ferenk Deak, nella zona centrale di Pest, e hanno fatto appena in tempo ad arrivare fino al poco distante viale Teréz prima di essere presi. Tre giorni dopo, martedì 14 febbraio, Salis, Edelhoff e Mehwald sono stati ufficialmente dichiarati in stato di arresto.

PER L’ITALIANA, accusata di associazione a delinquere e di lesioni potenzialmente mortali in relazione a due episodi distinti, la procura ha proposto 11 anni di reclusione nel caso in cui, in sede di udienza preliminare, si fosse dichiarata colpevole. Lei invece, davanti al giudice, si è detta innocente per entrambe le accuse. Il suo processo è cominciato lunedì scorso e riprenderà il prossimo 24 maggio con l’audizione di alcuni testimoni. Nelle carte degli investigatori i due episodi contestati a Salis non sembrano però «potenzialmente letali»: nel primo caso la vittima ha riportato lesioni agli occhi e alle costole guarite rispettivamente in 6-7 e 8 giorni; nel secondo, con due vittime, una ha subito ferite prive di prognosi e l’altra invece lesioni alla testa guarite in 8 giorni e al gomito guarite in 5-6 giorni. Il procuratore, tenendo conto degli strumenti utilizzati per le aggressioni (bastoni telescopici e martelli di gomma), parla di «realistica possibilità di lesioni gravi e pericolose». Da qui la gravità del reato contestato.

IL PRIMO episodio che vede coinvolta Ilaria Salis è avvenuto alle 12 e 25 di domenica 10 febbraio: un uomo, Zoltàn T., militante di una formazione neonazista, è stato aggredito da 11 persone mentre dall’ufficio postale andava al lavoro, in piazza Gazdagredi. Zoltàn T. prima è stato colpito in testa con un bastone telescopico e poi, nel tentativo di scappare, è inciampato e, a terra, è stato circondato e colpito «almeno 13 volte» in varie parti del corpo, per «tre volte» è stato «pugnalato al busto con una penna» e per finire gli è stato spruzzato dello spray al peperoncino addosso. In totale l’azione è durata lo spazio di 30 secondi. Le prove prodotte dalla polizia sono nelle registrazioni delle telecamere pubbliche di sicurezza (in cui gli aggressori appaiono tutti a volto coperto), nel riconoscimento di un giubbotto indossato proprio da Salis e nella testimonianza della stessa vittima.

A MEZZANOTTE E 16 minuti del giorno successivo, in viale Milkò sei persone hanno aggredito due neonazisti tedeschi, Sabine B. e Robert F., mentre stavano rientrando nell’appartamento che avevano preso in affitto. Gli investigatori definiscono i colpi inferti dagli aggressori come «di media forza». Anche in questo caso, il tempo dell’azione è di circa 30 secondi. Le prove risiedono nelle testimonianze delle vittime e nelle riprese delle telecamere di sicurezza del tram preso dagli assalitori mentre stavano pedinando le vittime. Queste sono le uniche due circostanze per cui Ilaria Salis è sotto processo a Budapest.

C’È POI L’ASSOCIAZIONE a delinquere. Secondo quanto ricostruito dalla procura della capitale ungherese, la donna sarebbe stata chiamata a far parte di un gruppo antifascista tedesco che l’avrebbe convocata a Budapest insieme ad altri «in quanto partecipanti a movimenti anarchici in Italia». L’organizzazione, anonima ma chiamata Hammerbande dai giornali, sarebbe nata nel 2017 a Lipsia su impulso di Lina Engel e Johann Guntermann (attualmente latitante). Engel è stata arrestata in Germania il 5 novembre del 2020. La giustizia tedesca ritiene il suo gruppo responsabile di cinque azioni contro militanti di estrema destra avvenute tra il 2018 e il 2020 in Sassonia e in Turingia: due di queste vennero effettuate contro il noto neonazista Leon Ringl, prima in un pub di Eisenach e poi, poche settimane dopo, nella stessa città, mentre era da solo nei pressi di casa sua. Il terzo fatto contestato riguarda l’esplosione, senza vittime né feriti, di una bomba carta davanti al locale di Eisenach. Infine abbiamo il pestaggio di Tobias N. a Lipsia e una rissa con i neonazisti a Dresda durante una commemorazione delle vittime del bombardamento alleato della Seconda guerra mondiale.

IL PROCESSO A LINA ENGEL, molto seguito in Germania, è finito il 31 maggio scorso a Dresda. Il giudice, Hans Schlüter-Staats, nel leggere il verdetto ha spiegato che «opporsi agli estremisti di destra è un motivo rispettabile» e che ci sono state «deplorevoli carenze» nelle indagini e nei processi contro i neonazisti. Nonostante questo, Engel ha «commesso dei crimini» e, visto che «il monopolio dell’uso legittimo della forza appartiene allo stato e non ai privati», è stata condannata a cinque anni e tre mesi. Subito dopo la sentenza, l’imputata è stata rilasciata in attesa dell’appello.

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