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Ilaria Cucchi; mio fratello è stato condannato a morte

“Riascoltare la sua voce, le sue ultime parole è stato un dolore terribile. Mio fratello era soltanto un  tossicodipendente e invece è stato condannato a morte. Adesso vorrei sapere: il giudice e il pm che hanno detto di non averlo guardato in faccia, come spiegano il fatto di aver ignorato la sofferenza nella sua voce?”.
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, commenta così l’audio dell’ultimo interrogatorio del fratello. Lui che ai carabinieri, il 16 ottobre scorso, diceva: “Sono nato nel 1978” e poi, con un timbro flebile, stentato e affaticato dai sospiri aggiungeva: “Scusate non riesco a parlare bene”. Lei, che adesso ribatte: “Mio fratello soffriva ed era solo. Non hanno voluto vedere. Non sono stati capaci di andare oltre al pregiudizio”.
Stefano era stato fermato per spaccio. Morirà il 22 ottobre, sei giorni dopo quelle parole stanche. Durante l’interrogatorio si era dichiarato tossicodipendente ma non spacciatore, aveva chiesto di essere assistito da un legale di fiducia. Richiesta non accolta e convalida del fermo. Il giovane morirà in carcere, nel reparto detentivo dell’ospedale Pertini, pieno di lividi in circostanze ancora da chiarire.
Un calvario che rivive adesso con le sue parole, registrate. E che, secondo la sorella non può essere messo a tacere. “Mio fratello è stato condannato a morte fin dall’inizio. Sono tante le persone che adesso metterei sul banco degli imputati – afferma – a partire dal giudice e dal pm. E poi, tutti coloro che facevano finta di non accorgersi di quello che accadeva. Per tutti era solo un tossicodipendente e non meritava quindi rispetto e tutela dei diritti”.
Per la sua morte la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per dodici persone. Una sfilza di reati contestati tra cui lesioni aggravate, abuso di autorità nei confronti di un arrestato, abbandono di persona incapace. Decaduta, invece, l’accusa di omicidio preterintenzionale a carico degli agenti penitenziari. Ma la famiglia Cucchi non ci sta. È convinta che ci sia un nesso causale tra la morte del giovane e le percosse subite. Ne è convinta ancora di più adesso, dopo aver sentito l’ultimo interrogatorio. Per questo nella prossima udienza chiederà una perizia definitiva.
fonte: Dire

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