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Il caso di Giuseppe Uva pestato e ucciso in caserma dai Carabinieri

Emergono nuove circostanze che gettano una luce ancora più inquietante sulla morte di Giuseppe Uva, l’uomo di 43 anni morto il 14 giugno del 2008 nell’ospedale di Varese dopo un pestaggio subito nella caserma dei carabinieri.
Sembra che tra lui e uno dei militi che lo avevano fermato la notte precedente ci fossero degli screzi personali legati a una donna. Alberto Biggiogero condotto in caserma insieme ad Uva, e che racconta di aver sentito le grida atroci dell’amico provenire dalla stanza dove era stato rinchiuso tanto da chiamare il centralino del 118 per chiedere un intervento (circostanza che ha trovato piena conferma dalla registrazione della telefonata e dai successivi contatti del 118 con la caserma), ha sostenuto in un’intervista che Uva «aveva avuto una relazione con la moglie di un carabiniere e questo, in seguito, aveva promesso di fargliela pagare». Biggiogero non sa chi fosse questa donna, ma la sera del fermo per schiamazzi notturni accadde qualcosa di molto simile a quanto paventato dall’amico. Nella dettagliata denuncia presentata alla procura di Varese, Biggiogero descrive la scena: «Un carabiniere si avvicina a noi con uno sguardo stravolto urlando “Uva, cercavo proprio te, questa notte te la faccio pagare!”», quindi avrebbe cominciato a spintonarlo e picchiarlo per poi spingerlo insieme con altri colleghi in una delle volanti accorse. Insomma, stando alle parole del testimone, il movente del brutale pestaggio continuato in caserma e finito in tragedia avrebbe potuto essere quello del forte risentimento personale nutrito da un esponente dell’Arma che avrebbe coinvolto altri suoi colleghi. La presenza in passato di uno screzio con i carabinieri, sempre per questioni di donne (Uva era incensurato), viene confermato anche dalla sorella dell’uomo, Lucia. D’altronde la descrizione del corpo martoriato di Uva, in particolare le tracce di sangue sul retro dei pantaloni, la scomparsa degli slip, il sangue attorno ai testicoli e alla zona anale, lasciano supporre il ricorso a sevizie di natura sessuale compatibili col movente indicato. L’avvocato Anselmo, legale della famiglia, è più prudente e preferisce procedere con metodo: «Basterebbe poter consultare il traffico delle chiamate in uscita e in entrata sull’utenza del cellulare di Uva per accertare la verità». Per questo nei prossimi giorni depositerà una memoria avanzando diverse richieste per la riapertura delle indagini, tra cui la riesumazione della salma affinché venga realizzata una nuova autopsia finalizzata a nuovi accertamenti medico-legali sulla natura delle ecchimosi e dei lividi raffigurati nelle foto e la presenza di eventuali fratture e altri traumi. Nel frattempo il procuratore capo di Varese, Maurizio Grigo, ha rivendicato «il corretto operato dei colleghi titolari del procedimento». In un comunicato ha reso noto che «il 30 settembre 2009 la dottoressa Sara Arduini ha aperto un nuovo procedimento proprio per verificare le nuove accuse della famiglia e le dichiarazioni rese da Alberto Biggiogero ed accertare ulteriori ipotesi di determinismo sull’accadimento». Non vi sarebbero per il momento persone iscritte nel fascicolo degli indagati, ma a detta del procuratore «sono state espletate ulteriori attività istruttorie e altre ne verranno svolte, nel caso con la possibile partecipazione dei difensori». Per quanto riguarda, invece, il procedimento per omicidio colposo nei confronti dei due medici del reparto di psichiatria dell’ospedale di Varese che diedero assistenza a Uva durante il ricovero, il procuratore ha sottolineato che «si è in attesa della fissazione della prima udienza preliminare». A ventuno mesi dalla morte di Giuseppe Uva cominciano a trovare conferma molti elementi che smentiscono la versione ufficiale fornita dalle autorità. Tuttavia numerose domande attendono ancora risposta, tra queste il numero dei militi dell’Arma e degli agenti della polizia di Stato presenti nella caserma la notte tra il 13 e 14 giugno e perché questi non sono mai stati ascoltati. Il velo di omertà, la catena di complicità e il muro dell’impunità di Stato cadranno?
Luca Bresci

Comments ( 5 )

  • sergio

    E’ necessario e urgente rendere obbligatorio, per i rappresentanti delle forze dell’ordine, il test antidroga. A mio avviso i vari carabinieri, polizia,
    secondini ecc.., che compiono questi atti, sono sicuramente sotto l’effetto di droghe: QUESTA E’ L’UNICA SPIEGAZIONE LOGICA.
    Anni fa, parlando con un carabiniere, mi accorsi del suo profondo stato di
    disagio psicologico dovuto al fatto, mi diceva, che il suo mestiere non
    gli permetteva di vivere una vita normale. Lui sembrava una persona a
    posto, ma quanti altri suoi colleghi non scivolano nell’uso di cocaina, o
    altre droghe???
    Un tempo io mi sentivo tutelato dalle forze dell’ordine, ora mi sento ancor
    più minacciato da loro che dai delinquenti dichiarati!

    Ripeto: per questi signori, che hanno compiti delicatissimi, è NECESSARIO
    che sia previsto un periodico controllo del loro stato psichico e TOSSICOLOGICO!

    Il test antidroga è già obbligatorio per certe categorie di lavoratori che compiono lavori pericolosi. Perchè i rappresentanti delle forze dell’ordine fanno eccezione?

    Stiamo parlando di oltre 1500 morti “sospette” in 10 anni nelle carceri e dintorni. Sono tutti morti di freddo, essendo al “fresco” o “quasi” al fresco?

    Purtroppo le nuove generazioni di ragazzini sono state allevate dalla realtà virtuale, dove si può fare di tutto, tanto è solo un gioco e nessuno si fa mai male!

  • Anonymous

    sono daccordo con sergio, fa accapponare la pelle che non venga seguito e controllato il profilo psicologico dei ‘tutori’ dell’ordine pubblico…molti esaltati e psicopatici con deliri di giustizieri si arruolano per soddisfare le loro aberranti fantasie..quello che mi fa piu’ specie e’ che vengano coperti dai loro colleghi…eppure dovrebbero sapere che il destino e’ beffardo la ruota gira e tutti loro hanno una famiglia…e’ raccapricciante…

  • Anonymous

    Bisogna vedere che tipo di ordine e’ impartitoda superiori a sottoposti gerarchicamente nelle forze dell’ordine.Puo’ darsi che un civile e un militare possono avere un rapporto amichevole ma che si puo’ guastare senza motivo.Il problema e’ che uomini di legge non dovrebbero usare metodi illegali.Un civile uccide o ruba e va in galera e al camposanto e viene messo in cattiva luce dai media, lo fa un tutore dell’ordine va tutto bene e’ il suo mestiere.In Italia non c’e’ la condanna a morte eppure. . .

  • Anonymous

    Stavo seguendo un servizio delle Iene che parlava, appunto, di Uva.
    Beh io vi dico una cosa, sono una ragazza di 23anni ed ho avuto un passato raccapricciante riguardo droghe e vita allo sbando. Una sera mi dice male e mi portano in caserma con una dose di ketamina, ma fin qui è tutto normale: io=cattiva poliziotto=bravo. Tutto cambia quando una volta entrata in caserma uno dei poliziotti mi chiude in una stanza e mi dice ke se io sarò “carina” con lui, lui farà altrettanto con me buttando la mia droga.
    Vi ho raccontato questo breve scorcio della mia vita x farvi capire che io personalmente non mi sento ne sicura ne protetta dalle “forze dell’ordine”.
    OCCHIO!

  • Anonymous

    Fa troppo male questa storia essere arrestato per aver messo 2 transenne in mezzo la strada e uscire dalla caserma pongo tutta la mia solidarietà alla sorella di Giuseppe uva questa povera donna che ha perso tutto per avere giustizia in un paese dove nn esiste la giustizia