Allarme terroristi, ambientalisti e baby gang per Capodanno. Così almeno dice una circolare del Dipartimento della Pubblica sicurezza che invita a pianificare «idonei dispositivi di sicurezza» in vista delle festività di Capodanno. Stando a quanto si legge nella circolare firmata dal capo della polizia Vittorio Pisani, alla luce «delle numerose mobilitazioni condotte, soprattutto nell’ultimo mese, da aderenti a movimenti ambientalisti» gli eventi di oggi, «specie quelli di particolare impatto mediatico» potrebbero essere considerati «un’occasione di massima visibilità per l’attuazione di iniziative contestative e dimostrative, anche con modalità eclatanti».

ATTI TERRORISTICI e dimostrazioni ambientaliste sono affiancate nello testo che avverte sui rischi per la sicurezza pubblica durante le festività, scambiando per terrorismo azioni nonviolente come quella effettuata da Ultima Generazione contro l’albero di Natale di Gucci a Milano. La decisione di mettere «in sicurezza» le piazze festive di oggi dagli ambientalisti incarna la criminalizzazione verso atti di disobbedienza civile in difesa del pianeta. Una tendenza che gruppi come Ultima Generazione e Extinction Rebellion vivono da anni, con un picco negli ultimi mesi. Le centinaia di misure restrittive che gli attivisti hanno collezionato, infatti, appartengono spesso al codice antimafia, come i fogli di via. Nel 2022 Simone Ficicchia, 20 anni, si è dovuto difendere in un processo per sorveglianza speciale (istanza poi respinta), una misura generalmente messa in atto per evitare che «soggetti pericolosi» commettano reati. Alla manifestazione di Roma in Piazza Vittorio dello scorso 17 dicembre organizzata da Ultima Generazione il centro della capitale si è bloccato a causa delle decine di camionette pronte per difendere la pubblica sicurezza da gruppi di persone sedute in cerchio a parlare, a cantare, o sedute per terra disarmate.

MANIFESTARE per il clima è diventato un rischio per gli attivisti nonostante le modalità della disobbedienza civile siano di natura pacifica. Lo spiega a livello teorico Thoreau, o Ghandi, i nomi che ispirano questi movimenti. Ma lo mostra anche la pratica, quando prima di un blocco stradale vengono avvertiti gli ospedali, viene lasciata una corsia d’emergenza e si calcola che «l’intoppo» abbia una durata di circa 30 minuti – briciole per chi conosce i tempi del traffico nelle grandi città. Le azioni di disobbedienza civile mirano a far sentire i cittadini scomodi nella poltrona della quotidianità, a far riflettere e rendere in qualche modo tutti partecipi. Per questo prima di incollarsi ad un vetro di un quadro passano mesi di confronto con un team di restauratori, perché l’obiettivo non è il danno in sé. Ma la preoccupazione e l’allarme verso il potenziale danno. Che sia un quadro o il pianeta intero.

LA RETORICA della criminalizzazione contro gli attivisti per il clima può funzionare a livello politico, ma non regge quasi mai di fronte alla legge. Le misure cautelari per esempio imposte a Silvia, Ettore e Mida per l’azione al passante di mezzo di Bologna sono state revocate e i pm hanno archiviato le accuse per molti blocchi stradali perché di «lieve entità». Ma la retorica securitaria crea un immaginario sbagliato nell’opinione pubblica, in cui il nemico viene disegnato intorno al profilo di ciascun attivista (come se, poi, ognuno non avesse la propria individualità). Soprattutto se usa delle modalità di protesta non tradizionali. E il nemico, si sa, va odiato. E il governo ha scritto una legge ad hoc «contro gli eco-vandali» per non lasciare nessun dubbio. Forse sarebbe più opportuno preoccuparsi dei 18 gradi il 31 dicembre, che cinque persone sedute a terra.