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Golpe in Myanmar, morta una manifestante colpita dai militari durante la protesta

Prima la promessa di non usare la forza per reprimere le manifestazioni, poi i cannoni ad acqua usati “per disperdere la folla”, adesso in Myanmar si sparano proiettili di gomma e gas lacrimogeni contro gli anti-colpisti. Secondo quanto riportato dai media locali, una studentessa di 19 anni  è morta dopo essere rimasta gravemente ferita con una pallottola alla testa dai militari. Il tutto accade nel quarto giorno consecutivo di proteste per le strade del Paese contro il colpo di stato di una settimana fa, con i manifestanti che sfidano un nuovo divieto dell’esercito a manifestare a Yangon, Mandalay e nella capitale di Naypyidaw.

Testimoni citati dall’agenzia Afp hanno riportato gli spari, aggiungendo anche di aver visto diverse persone ferite. Ancora non è chiaro quante siano le persone che hanno richiesto cure mediche, considerando anche che almeno un ospedale della capitale non avrebbe permesso ai familiari di vedere i congiunti.
Il regime militare mostra i muscoli anche con gli altri paesi: secondo quanto reso noto dal portavoce del dipartimento di stato americano Ned Price, è stata respinta la richiesta degli Stati Uniti di parlare alla ex leader Aung San Suu Kyi, ancora tenuta prigioniera. L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha condannato in una nota l’uso della forza contro i manifestanti, giudicato “sproporzionato”. Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite terrà invece una sessione straordinaria il prossimo 12 febbraio sulle “implicazioni per i diritti umani della crisi in Myanmar”.

Le centinaia di migliaia di persone scese in piazza in questi giorni hanno spiazzato i gerarchi golpisti, che non si aspettavano di incontrare una resistenza così forte tra la popolazione. Quest’ultima ha risposto compatta all’appello della leader San Suu Kyi, che aveva subito chiesto ai suoi cittadini di ribellarsi e rivendicare la legittimità delle ultime elezioni, ritenute “fraudolente” dai militari che hanno rovesciato il governo. Nella serata di ieri il capo delle forze armate, generale Min Aung Hlaing, è apparso in televisione per giustificare il golpe, insistendo sulla motivazione dei “brogli elettorali”.

Spiegazioni che però non riescono a convincere una folla fatta principalmente di giovani, che scendono in piazza pacificamente con slogan e cartelli principalmente rivolti a deridere il regime. Complice l’accesso a internet ormai ripristinato dopo il blocco degli scorsi giorni, gli anti-golpisti non hanno più paura di esprimere il loro dissenso, e la loro tenacia rischia di protrarre i giorni di tensione ancora a lungo.

da il Riformista

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