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Gli F-35 bombardano Gaza e Biden manda a Israele 735 milioni in bombe

Sale a Gaza il numero dei morti 212 e degli sfollati, 41mila nella scuole dell’Onu. Linee elettriche e rete idrica danneggiate. Feriti in Israele per il lancio di altre decine di razzi da parte di Hamas e Jihad. Mentre i piloti israeliani di F-35 vengono addestrati dalla U.S. Air Force in Arizona e in Israele, il Genio dello US Army costruisce in Israele speciali hangar rinforzati per gli F-35, adatti sia per la massima protezione dei caccia a terra, sia per il loro decollo rapido quando vanno all’attacco

Civili scappati dalle loro case e ammassati nelle scuole, un tragico Deja Vu. Tutto già visto nelle precedenti offensive militari israeliane a Gaza. Nell’ultima, del 2014, «Margine Protettivo», più che in quelle precedenti. Cambia il nome dell’operazione militare, questa volta è «Guardiano delle Mura», ma gli esiti sono gli stessi: morti, feriti, distruzioni immense. Sono già 41mila i civili palestinesi che affollano le aule delle scuole del nord di Gaza, molti fra questi avevano già vissuto questa esperienza sette anni fa. Nelle aule, con qualche materasso e poco altro, ci sono rimasti mesi, alcuni per un paio d’anni. Arrivano da Beit Hanoun, Beit Lahiya e altre località dove l’artiglieria israeliana, oltre all’aviazione, martella ogni giorno. E non possono far altro che mettersi in marcia per raggiungere i luoghi dove ritengono di essere al sicuro. Quasi al sicuro. Ieri gli sfollati sono fuggiti da due scuole del nord dopo che si era diffusa la notizia che Israele le avrebbe bombardate perché sotto di esse l’ala armata di Hamas avrebbe nascosto armi ed esplosivi. «36 scuole di Gaza sono già state danneggiate dalle esplosioni di bombe che hanno colpito edifici vicini, gli effetti secondari degli attacchi aerei per le abitazioni e le infrastrutture sono ancora poco considerati», ci diceva ieri Sami Abu Omar, vice direttore del Centro di scambio culturale Italia-Palestina «Vittorio Arrigoni» di Gaza city. Abu Omar vive a Bani Suheila, ad est di Khan Yunis, nel sud della Striscia, «Viviamo nell’ansia – ci ha detto – nel 2014 a causa della posizione della nostra cittadina nella fascia orientale di Gaza fummo soggetti a raid aerei e cannoneggiamenti per settimane. E temiamo di dover rivivere quei momenti, se non si fermerà subito l’offensiva israeliana. Dopo il nord sarà il nostro turno».

Gaza vive nell’emergenza. Gli ospedali sono già al collasso e hanno urgente bisogno di gasolio per i generatori autonomi di corrente elettrica. E non si sa se potranno entrare subito i rifornimenti di combustibile attesi anche dall’unica centrale elettrica di Gaza che nelle prossime ore sarà costretta a spegnere gli impianti per mancanza di gasolio industriale. I bombardamenti hanno messo fuori uso parte delle linee elettriche ed è alto il rischio che fra Gaza city e il nord centinaia di migliaia di palestinesi non abbiano neppure quelle 4-5 ore di elettricità di cui godono abitualmente. Senza dimenticare che nel nord si sta cercando di riparare la rete idrica per non lasciare senza acqua una ampia porzione di popolazione. L’Onu a Gaza attende di sapere quando sarà dato il via al corridoio umanitario per far entrare medicine, generi di prima necessità, gasolio, benzina e i materiali per la riparazione di strade ed infrastrutture danneggiate.

In queste ore Gaza piange la morte del dottor Ayman Abu al Aouf, capo del dipartimento di medicina interna dell’ospedale Shifa, ucciso assieme alla moglie Reem e due dei loro tre figli. Al Aouf era lo specialista della Shifa che nell’ultimo anno e mezzo si era impegnato più di ogni altro per organizzare nel miglior modo il reparto per la cura dei malati di Covid, anche in altriu ospedali. Abitava nella via al Wahda (Gaza city), in uno dei tre edifici rasi al suolo nella notte tra sabato e domenica dai cacciabombardieri israeliani: i morti sono stati 42, una strage di donne e bambini. Dalle macerie i soccorritori a un certo punto hanno estratto anche il suo cadavere e quello di un suo collega, Muwein Ahmed al-Alul. Per tutto lo Shifa è stato un momento di grande dolore.

Ieri l sindaco di Gaza Yahya Sarraj ha avvertito che tante case sono pericolanti perché colpite fino alle fondamenta da missili israeliani con elevata capacità di penetrazione che si sono conficcati fino a 15 metri sottoterra. Missili che Israele potrà rimpiazzare nei suoi arsenali molto presto. Il presidente americano Joe Biden, riportava con evidenza ieri la stampa israeliana, ha approvato la vendita allo Stato ebraico di missili e bombe Made in Usa per un totale di 735 milioni di dollari. Un via libera, deciso in questo momento, per segnalare i rapporti molto stretti con l’alleato israeliano proprio quando il premier Netanyahu si era rassegnato ad avere rapporti più tiepidi con la Casa Bianca a guida democratica dopo la lunga luna di miele con Donald Trump.

Il portavoce militare israeliano ieri ha riferito il nuovo lungo elenco di obiettivi di Hamas e Jihad che l’aviazione avrebbe colpito nelle ultime ore: sedi di intelligence, campi di addestramento, fabbriche di razzi e munizioni e via dicendo. Un drone ha ucciso Hussan Abu Harmid, uno dei comandanti militari più noti e importanti del Jihad Islami che ha subito minacciato una dura vendetta. I lanci di razzi sono ripresi intensi verso Israele (ieri in totale erano 3.100) dove in una settimana hanno ucciso sette civili, tra cui un bambino di 6 anni, e un soldato, ferito decine di persone e provocato danni materiali, specie ad Ashqelon e Sderot. Il bilancio in casa palestinese è una lunga striscia di sangue: 212 uccisi, inclusi 61 bambini e 36 donne, oltre 1400 feriti tra i quali tanti bambini e ragazzi. Solo ieri l’offensiva aerea di Israele ha ucciso 25 persone – tra cui sette bambini e tre donne – distrutto 13 edifici provocando lo sfollamento di altre centinaia di famiglie palestinesi.

Michele Giorgio

da il manifesto

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Il portavoce delle Forze israeliane Zilberman, annunciando l’inizio del bombardamento di Gaza, ha specificato che «prendono parte all’operazione 80 caccia, inclusi gli avanzati F-35» (The Times of Israel, 11 maggio 2021). È ufficialmente il battesimo di fuoco del caccia di quinta generazione della statunitense Lockheed Martin, alla cui produzione partecipa anche l’Italia quale partner di secondo livello.

Israele, che ha già ricevuto dagli Usa 27 F-35, ha deciso lo scorso febbraio di acquistarne non più 50 ma 75. A tal fine il governo ha decretato un ulteriore stanziamento di 9 miliardi di dollari: 7 provenienti dall’«aiuto» militare gratuito di 28 miliardi concesso dagli Usa a Israele, 2 concessi come prestito dalla Citibank statunitense. Mentre i piloti israeliani di F-35 vengono addestrati dalla U.S. Air Force in Arizona e in Israele, il Genio dello US Army costruisce in Israele speciali hangar rinforzati per gli F-35, adatti sia per la massima protezione dei caccia a terra, sia per il loro decollo rapido quando vanno all’attacco. Allo stesso tempo le industrie militari israeliane (Israel Aerospace ed Elbit Systems), in stretto coordinamento con la Lockheed Martin, potenziano il caccia, ribattezzato «Adir» (Potente): soprattutto la sua capacità di penetrare le difese nemiche e il suo raggio d’azione, che è stato quasi raddoppiato. Capacità non certo necessarie per attaccare Gaza. Perché allora vengono impiegati contro i palestinesi i più avanzati caccia di quinta generazione? Perché serve a testare gli F-35 e i piloti in un’azione bellica reale, usando le case di Gaza come bersagli del poligono di tiro. Poco importa se, nelle case-bersaglio, ci sono intere famiglie.

Gli F-35A, che si aggiungono alle centinaia di cacciabombardieri già forniti dagli Usa a Israele, sono progettati per l’attacco nucleare, in particolare con la nuova bomba B61-12 che gli Stati uniti, oltre a schierare tra poco in Italia e altri paesi europei, forniranno anche a Israele, unica potenza nucleare in Medioriente, con un arsenale stimato in 100-400 armi nucleari. Se Israele raddoppia il raggio d’azione degli F-35 e sta per ricevere dagli Usa 8 aerei cisterna Pegasus della Boeing per il rifornimento in volo degli F-35, è perché si prepara a sferrare un attacco, anche nucleare, contro l’Iran. Le forze nucleari israeliane sono integrate nel sistema elettronico Nato, nel quadro del «Programma di cooperazione individuale» con Israele, paese che, pur non essendo membro della Alleanza, è integrato con una missione permanente nel quartier generale della Nato a Bruxelles. Nello stesso quadro, la Germania ha fornito a Israele 6 sottomarini Dolphin modificati per il lancio di missili nucleari (come ha documentato Der Spiegel nel 2012).

La cooperazione militare dell’Italia con Israele è divenuta legge della Repubblica (Legge 17 maggio 2005 n° 94). Essa stabilisce una cooperazione a tutto campo, sia tra le forze armate che tra le industrie militari, comprese attività che restano segrete perché soggette all’«Accordo di sicurezza» tra le due parti. Israele ha fornito all’Italia il satellite Opsat-3000, che trasmette immagini ad altissima risoluzione per operazioni militari in lontani teatri bellici. Il satellite è collegato a tre centri in Italia e, allo stesso tempo, a un quarto centro in Israele, a riprova della sempre più stretta collaborazione strategica tra i due paesi. L’Italia ha fornito a Israele 30 caccia Aermacchi della Leonardo, per l’addestramento dei piloti. Ora può fornirgli una nuova versione, l’M-346 FA (Fighter Attack), che – specifica la Leonardo – serve allo stesso tempo per l’addestramento e per «missioni di attacco al suolo con munizionamenti di caduta da 500 libbre e munizionamenti di precisione capaci di aumentare il numero di obiettivi da colpire contemporaneamente». La nuova versione del caccia – sottolinea la Leonardo – è particolarmente adatta a «missioni in aree urbane», dove caccia pesanti «vengono spesso utilizzati in missioni poco paganti e con alti costi operativi». L’ideale per i prossimi bombardamenti israeliani su Gaza, che potranno essere effettuati con «un costo per ora di volo che si riduce fino all’80%», e saranno molto «paganti», ossia uccideranno molti più palestinesi.

Manlio Dinucci

da il manifesto

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