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Chi è Gianni Tonelli, il capolista della Lega che insulta i parenti di Cucchi e Aldrovandi

La Lega di Matteo Salvini ha deciso di candidare come capolista del collegio plurinominale di Bologna Gianni Tonelli, il segretario del Sindacato autonomo della polizia assurto agli onori delle cronache per le sue molteplici raggelanti dichiarazioni sui casi Cucchi, Aldrovandi e sull’inutilità dell’introduzione del reato di tortura.

La Lega di Matteo Salvini ha deciso di candidare come capolista nel collegio di Bologna il segretario del Sap, Gianni Tonelli, assurto agli onori delle cronache a causa di alcune sue posizioni piuttosto estremiste espresse in relazione ai casi Cucchi, Aldrovandi e al massacro del G8 di Genova. Tonelli è il segretario di uno dei maggior sindacati di polizia, che conta circa 20mila iscritti su un totale di 100.000 poliziotti italiani. Nel corso degli anni a più riprese si è scagliato contro Ilaria Cucchi e Patrizia Aldrovandi, rispettivamente sorella di Stefano Cucchi e madre di Federico Aldrovandi, due ragazzi picchiati a morte in circostanze mai totalmente chiarite mentre erano in custodia ai tutori dell’ordine.

Da sempre sostenuto da Matteo Salvini della Lega, che a più riprese ha difeso le posizioni estremiste di Tonelli anche in merito all’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento italiano, il segretario del Sap – dopo mesi di indiscrezioni – alla fine si è effettivamente ritrovato candidato come capolista del Carroccio nella città di Bologna. Nel corso degli anni, Gianni Tonelli si è distinto in negativo per la sua difesa a oltranza dei poliziotti coinvolti nel caso Aldrovandi e degli agenti coinvolti nella prima inchiesta relativa alla morte di Cucchi (agenti che sono stati definitivamente assolti, a processo ora sono imputati i carabinieri che nell’ottobre 2009 fermarono Stefano Cucchi e lo trassero in arresto).

“Non ho cercato io questa candidatura, mi è stata offerta da Matteo Salvini. La cosa che mi ha fatto piacere non è tanto la gratificazione a livello personale quando l’onore che il segretario della Lega ha voluto fare a tutta la comunità delle divise, dimostrando che la vicinanza espressa in questi anni non era solo una cosa formale per andare a caccia di voti. È un segnale che credo i miei colleghi debbano apprezzare perché ci consentirà di tutelare a un livello superiore gli interessi della categoria. Se entrerò alla Camera porterò lì dentro la voce degli agenti e contrasterò il partito dell’antipolizia che tanti danni ha fatto a questo Paese”, ha dichiarato Tonelli ad Affari Italiani.

Tonelli sul caso Cucchi

Tra le affermazioni più controverse e contestate dall’opinione pubblica figura in particolare la dichiarazione espressa da Gianni Tonelli in occasione dell’assoluzione degli agenti imputati per la morte di Stefano Cucchi: “Tutti assolti, come è giusto che sia. Esprimo piena soddisfazione per l’assoluzione in appello di tutti gli imputati per la morte di Stefano Cucchi. In questo Paese bisogna finirla di scaricare sui servitori dello Stato le responsabilità dei singoli, di chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità. Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze. Senza che siano altri, medici, infermieri o poliziotti in questo caso, ad essere puniti per colpe non proprie”.

Nel corso degli anni anche Salvini ha espresso solidarietà alle forze dell’ordine coinvolte nel caso Cucchi. Nonostante non abbia mai preso una posizione tranchant, come invece capitato altre volte, dalle dichiarazioni susseguitesi nel corso degli anni sembra comunque emergere una diffidenza del leader del Carroccio in merito al procedimento giudiziario contro gli imputati per la morte di Stefano Cucchi: “Mi sembra difficile pensare che in questo, come in altri casi, ci siano stati poliziotti e carabinieri che abbiano pestato Cucchi per il gusto di pestare. Se così fosse, chi l’ha fatto, dovrebbe pagare. Ma bisogna aspettare la sentenza, anche se della giustizia italiana onestamente non ho molta fiducia. Comunque, onore ai carabinieri e alla polizia”.

Tonelli e Salvini sul caso Aldrovandi

Anche sul caso Aldrovandi, Gianni Tonelli è intervenuto svariate volte affermando posizioni piuttosto controverse e irrispettose. Esattamente come per il caso Cucchi, anche nel caso Aldrovandi Tonelli sostanzialmente accusò, nemmeno troppo velatamente, il ragazzo morto mentre era in custodia degli agenti e difese a spada tratta, applaudendoli al congresso del Sap, Paolo Forlani, Luca Pollastri e Enzo Pontani, tre dei quattro agenti condannati in via definitiva per la morte del 18enne di Ferrara durante un controllo di polizia il 25 settembre del 2005. “È un delitto solidarizzare con colleghi che consideriamo innocenti? Ero al congresso e ho applaudito convintamente i miei colleghi condannati ingiustamente”, specificò Tonelli spiegando il motivo del suo gesto.

“Ai colleghi coinvolti è andata una parte degli applausi, non certamente perché sono eroi, ma perché sono poliziotti che, in servizio, hanno patito e patiscono infinite tribolazioni dopo una sentenza per reato colposo sulla quale nutriamo, legittimamente, alcune riserve”, scrisse Tonelli in una lettera indirizzata all’allora presidente Giorgio Napolitano, nell’ambito della quale chiese al capo dello Stato “di considerare la fatica delle forze dell’ordine e la richiesta di rivedere il processo nei confronti dei quattro agenti responsabili della morte di Federico Aldrovandi”.

“La condanna è ingiusta, si tratta di un errore giudiziario. Di fronte al dolore della madre non abbiamo nulla da eccepire ma non possiamo confondere verità con pietismo. Tutti i giorni muoiono giovani sulle strade, ma non diamo la colpa alle strade. C’è più di un ragionevole sospetto, le cause della morte di Aldrovandi sono altre. Non è il fermo di polizia la causa”, dichiarò ancora sostenendo l’inadeguatezza della sentenza definitiva per la morte di Federico Aldrovandi.

Tonelli e Salvini sul reato di tortura

Anche per quanto riguarda il reato di tortura, Tonelli e Salvini sono piuttosto d’accordo ed entrambi considerano l’introduzione della norma – a lungo richiesta dall’Onu in seguito alla ratifica della convenzione sulla tortura da parte dell’Italia a inizio anni ’80 e in mancanza della quale lo Stato Italiano è stato condannato dalla corte europea per i diritti umani – una vera e propria legge contro la polizia, nonché un regalo ai delinquenti. La revisione del reato di tortura, nonché l’inasprimento delle sanzioni per violenza contro un pubblico ufficiale, figura nel programma condiviso della coalizione di centrodestra e probabilmente il punto è stato inserito proprio per accontentare il leader della Lega che da anni contesta la legge.

“Carabinieri e polizia devono poter agire liberamente. Se devo prendere per il collo un delinquente, lo devo prendere. Se cade mentre è fermato e si sbuccia un ginocchio, cazzi suoi”, dichiarò Salvini commentando l’approvazione del reato di tortura licenziato alla Camera. “Il reato di tortura è l’ennesimo regalo ai ladri e l’ennesimo attacco alle guardie. La Lega è l’unica contraria. Con questo reato basterà che qualunque delinquente appena arrestato denunci il poliziotto o il carabiniere anche per una violenza psicologica, e il poliziotto o il carabiniere passano i guai”, commentò ulteriormente il leader del Carroccio.

Mentre in parlamento era in discussione la legge per l’introduzione del reato di tortura, Matteo Salvini era in piazza a partecipare alla protesta contro la norma organizzata proprio dal sindacato di Gianni Tonelli: “In Italia esistono già sanzioni contro chi ha comportamenti di tortura che possono portare a quasi due vite di galera. Ora il parlamento deve approvare una norma, ma non ci si può lasciare andare a un manifesto ideologico contro le forze dell’ordine”, affermò Tonelli, sostenendo però una posizione fondata su presupposti falsi.

La Corte europea dei Diritti dell’Uomo, intervenuta su ricorso del 62enne Arnaldo Cestaro, presente nella scuola Diaz al momento dell’irruzione della polizia e vittima di percosse che gli procurarono fratture multiple, sancì tra le irregolarità che portarono alla condanna dello Stato italiano “in parte dalla difficoltà oggettiva della procura a procedere a identificazioni certe, ma al tempo stesso dalla mancanza di cooperazione da parte della polizia”, ma soprattutto la mancanza di strumenti legali in grado di “punire adeguatamente i responsabili di atti di tortura o di altri maltrattamenti”. I reati ascritti alla macelleria della Diaz caddero in prescrizione e secondo la Corte “questo risultato non è imputabile agli indugi o alla negligenza della magistratura, ma alla legislazione penale italiana che non permette di sanzionare gli atti di tortura e di prevenirne altri”.

“Siamo stati trattati peggio dei pedofili o dei mafiosi, per i quali l’istigazione alla commissione di reati odiosi, compresi quelli di violenza o di omicidio, non è punibile, mentre lo è per i poliziotti che, a buon fine, invitano un collega a fare una minaccia fasulla a un delinquente, magari per sapere dove hanno nascosto una bambina sequestrata. Questo è contrario a uno dei principi fondamentali del nostro diritto penale. L’obiettivo della legge è difendere non la brava gente, ma fornire strumenti ai delinquenti. Le vera vittima di questa legge sono le persone perbene”, proseguì Tonelli, rimarcando: “Acute sofferenze psicologiche. Cosa significa sofferenza psicologica verificabile? Da che cosa, da una ricetta medica per farmaci ansiolitici o da una perizia a pagamento? Ogni delinquente può lamentare sintomatologie avendole apprese da Internet”, specificò Tonelli, evidenziando una mancata conoscenza delle modalità di rilevamento di post-traumatico, trattati alla stregua di malattie immaginarie e non diagnosticabili.

Charlotte Matteini da fanpage.it

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