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Genova: Il poliziotto condannato per gli arresti del G8 ora indaga sui colleghi che spacciavano coca

C´è una coda polemica, nella concessione degli arresti domiciliari per l´agente di polizia penitenziaria Antonio Ierardi, accusato di aver portato cocaina e telefonini cellulari ad alcuni detenuti del carcere di Marassi. Subito dopo la cattura, Ierardi ha ufficialmente reso spontanee dichiarazioni ad un ispettore della squadra mobile che poco tempo fa è stato giudicato colpevole di falso e calunnia – in merito ad alcuni arresti operati durante il G8 – , e per questo condannato in primo grado a due anni e tre mesi di reclusione. Niente di formalmente scorretto, perché nonostante i due anni e tre mesi di reclusione comminatigli, il sottufficiale non è mai stato sospeso dal servizio. Al contrario, è stato trasferito dagli uffici della Digos a quelli della mobile. Prima di essere giudicato colpevole deve passare per tutti e tre i gradi di giudizio (anche se la prescrizione ha in pratica già cancellato il reato di calunnia), e dunque ha tutti i diritti di lavorare. Ma negli ambienti giudiziari genovesi se ne fa più che altro una questione di opportunità. E´ giusto che un condannato per falso e calunnia interroghi un arrestato, per di più se appartenente alle forze dell´ordine? Qualcuno potrebbe ironizzare che nessuno meglio di un ispettore come lui può comprendere e comunicare con un agente che ha sbagliato. Il sottufficiale ha sicuramente lavorato con attenzione e professionalità – così come ha sempre fatto in passato, a leggere il suo curriculum – anche in questo delicato caso. Tuttavia, è comprensibile che più di una persona in tribunale abbia espresso perplessità rispetto all´iter investigativo. Abbiamo provato a chiedere un commento al pubblico ministero Andrea Canciani, che ha gestito l´inchiesta e che meglio di ogni altro poteva chiarire i dubbi. «Non parlo con i giornalisti», ha tuttavia tagliato corto.Antonio Ierardi è accusato di corruzione, per aver accettato di portare all´interno della prigione un telefono cellulare ad un detenuto di origine albanese, Blerim Gaci, in cambio della promessa di una «mancia» di 300 euro. Deve rispondere anche dell´introduzione nella cella di un quantitativo non meglio precisato di cocaina, consegnata ad un altro detenuto albanese – Ferdinand Deda – sempre in cambio di denaro e cocaina. Davanti alla squadra mobile e ai magistrati l´agente di polizia penitenziaria ha ammesso di aver fatto la «spesa» per i criminali, e anche di aver assunto cocaina in alcune occasioni.
fonte : La Repubblica

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