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G8 Genova: prima sentenza definitiva. Cinque mesi a Valérie Vie, fece un passo dentro la zona rossa

È una giornalista francese, e fu anche la prima a essere rinchiusa a Bolzaneto.
E´ sempre stata la prima, Valérie. La prima a violare la Zona Rossa. La prima ad essere arrestata dalla polizia durante quei giorni di luglio. E la prima a finire all´inferno di Bolzaneto. Da ieri è la prima ad avere passato il terzo – e definitivo – grado di giudizio per un´ipotesi di reato legata al G8. La Cassazione ha deciso, e la sentenza di condanna rimanda l´eco del paradosso. Perché Valerie Vie dovrà scontare cinque mesi di reclusione per quel mezzo passo fatto in avanti – verso la libertà, dice lei -, dopo che una delle famigerate griglie aveva ceduto. Mentre i protagonisti dei soprusi e delle violenze di Bolzaneto potranno sempre, in caso di condanna, contare sulla prescrizione. Così come molti dei super-poliziotti coinvolti nel sanguinario blitz della scuola Diaz, dove 93 no-global innocenti vennero prima massacrati di botte e poi arrestati con prove false.La sesta sezione della Corte suprema ha deciso per l´inammissibilità del ricorso contro la precedente sentenza d´appello. Confermata la condanna – la pena è naturalmente sospesa -, in più ci sono le spese processuali e trecento euro da versare in favore della cassa delle ammende. Una beffa, per chi sette anni fa era arrivato a manifestare pacificamente, e invece trascorse tre giorni e due notti in un “centro di detenzione temporanea”, tra vessazioni e minacce. Era il pomeriggio del 20 luglio 2001. Valérie era con quelli del movimento Attac, in piazza Dante. Con le mani aggrappate alle griglie, a spingere e a gridare contro gli Otto Grandi per «un altro mondo», un mondo migliore. «Poi all´improvviso la griglia ha ceduto – racconta – e io ho fatto un passo avanti. Un passo. Con le mani alzate, in segno di pace. Ecco, mi sono detta: ora mi faranno parlare con qualche rappresentante governativo, ora potremo anche noi dire la nostra». Invece no. «Mi hanno legato le mani dietro la schiena e sbattuta dentro una strana auto della polizia. Senza sedili, con i finestrini chiusi». Un´ora più tardi entra nella caserma di Bolzaneto. E quando un uomo la tira fuori dalla vettura, intuisce tutto. «La violenza con cui mi ha afferrato. La brutalità, che in quel momento mi è apparsa inutile. E´ stato un attimo, e dietro l´inquietudine è arrivata la consapevolezza. Stava per accadere qualcosa di brutto. E io c´ero dentro fino al collo». Valérie Vie, che in Italia è stata seguita dall´avvocato Antonio Lerici, è una giornalista. Vive non lontano da Avignone. E´ diventata la protagonista di un film-documentario di Pierre Carles, il Michael Moore francese. Che in questi anni l´ha seguita con una telecamera, e continuerà a farlo fino al termine del processo per Bolzaneto. Carles vuole denunciare la follia di quella “caserma” che ha scandalizzato l´Europa. «Sono scesa nel piazzale della caserma. C´era un gran sole, quel giorno. E un silenzio irreale. Strano. Intorno a me ho visto tantissimi uomini, in divisa o in borghese. Non parlavano, mi guardavano fisso. Mi odiavano». L´hanno picchiata, insultata, minacciata: «Queste sono le foto dei tuoi figli? Non li vedrai mai più». Umiliata, derisa. «Le urla che salgono con il passare delle ore, insieme ai lamenti. Il sangue». Sette anni dopo ancora attende la prima sentenza per i suoi aguzzini. «Ma non mi importa che vadano in galera. Mi interessa parlare di quello che è accaduto. Ricordare, documentare. Perché tutto questo non accada mai più». Nel frattempo, hanno condannato lei. Per un passo verso la libertà.
fonte: la Repubblica

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