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Detenuto morì di anoressia a Regina Coeli, rinvio a processo per tre medici

Lo avevano chiamato un secondo caso Cucchi perché anche lui, Simone La Penna, era morto in carcere. Appena un mese dopo il geometra romano. E ora anche i medici che dovevano occuparsi di lui rischiano di finire a processo con l’accusa di omicidio colposo.
Il pm Eugenio Albamonte, titolare del fascicolo, ha chiesto il rinvio a giudizio per i tre camici bianchi, Andrea Franceschi, Giuseppe Tizzano e Andrea Silvano. Colpevoli di aver rispedito il detenuto nella sua cella e di non averlo invece tenuto sotto osservazione come avrebbero dovuto. Morto di infarto, dunque, ma ucciso, secondo il magistrato, dalla negligenza di chi, invece, avrebbe dovuto prendersene cura.
Ora tocca al gip decidere se farli sedere sul banco degli imputati. Il cuore di La Penna, anche lui detenuto per problemi di droga, ha smesso di battere per un arresto cardiaco il 26 novembre del 2009. Quando fu ritrovato cadavere nella cella dove i medici del reparto ospedaliero del Regina Coeli lo avevano rispedito, pesava appena 49 chili.
Aveva un passato di anoressia in cui sembrava essere ripiombato dopo l’arresto tanto da essere stato trasferito a Roma dalla casa circondariale di Viterbo, suo paese di origine, per motivi di salute. Due episodi che sembrano avere molto in comune. A partire all’età delle vittime: il geometra romano aveva 31 anni, La Penna 32, una compagna e una bambina. Così come per Stefano Cucchi, anche per il giovane viterbese è stata la famiglia a sporgere denuncia: più volte la sua difesa aveva sollevato la questione sulla incompatibilità della sua salute con il regime carcerario.

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