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Il Cpr in Albania funzionerà anche come un carcere

Approvato il testo del disegno di legge sulla “deportazione” dei migranti in Albania. In alcune «aree idonee» detenuti i migranti sottoposti a misure cautelari. Tra tanti dubbi una certezza: il diritto alla difesa dei richiedenti asilo ridotto ai minimi

di Giansandro Merli da il manifesto

Il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) che il governo vuole costruire a Gjader, in territorio albanese, potrà avere anche la funzione di carcere. È la novità più significativa del disegno di legge (ddl) approvato ieri dal Consiglio dei ministri che ora andrà in parlamento. Tra gli agenti per l’ordine pubblico ci sarà anche un nucleo di polizia penitenziaria. In caso di reati commessi nelle aree messe a disposizione da Tirana, su cui varrà la giurisdizione italiana con competenza del tribunale di Roma, la custodia cautelare in carcere disposta dal giudice sarà scontata in «idonee strutture» all’interno del Cpr. Finora, e solo in rari casi, hotspot e centri per il rimpatrio erano stati utilizzati al massimo per gli arresti domiciliari.

PER IL RESTO SI CONFERMANO molte delle indiscrezioni rivelate in anteprima dal manifesto sabato scorso. Le strutture saranno tre: un hotspot al porto di Shengjin, un centro per il trattenimento dei richiedenti asilo sottoposti a procedura d’asilo accelerata in frontiera a Gjader e un Cpr nello stesso luogo. Tutte saranno realizzate dal ministero della Difesa in deroga alla maggior parte delle norme in materia. Nel documento visionato da questo giornale si parlava di 720 posti complessivi. Il governo, che non ha smentito quelle cifre nei giorni scorsi, non ha ancora comunicato nulla di ufficiale sull’effettiva portata del progetto in fase d’avvio. Il giorno in cui è stata siglata l’intesa con l’omologo Edi Rama, la premier Giorgia Meloni aveva annunciato 3mila migranti per un totale di 36mila l’anno. Cifre che appaiono sempre più lontane dalla realtà.

Basta guardare alle assunzioni messe a budget. I numeri si riferiscono alle bozze del testo e i ministri li stavano limando, ma sono significativi. Undici persone in ambito sanitario – cinque medici, quattro infermieri, due amministrativi – affiancate da un ente pubblico che si occupa di sanità per migranti e poveri (Inmp). Per le cinque sezioni della Commissione territoriale d’asilo istituita ad hoc saranno reclutati in 45. Gli organi analoghi che esaminano le domande d’asilo sul territorio nazionale hanno quattro membri.

Generalmente ogni sezione riesce a intervistare quattro richiedenti al giorno, eccezionalmente fino a sei, per quattro giorni a settimana. La quinta giornata è riservata alle riunioni collegiali su casi complessi. Se la Commissione d’oltre Adriatico andasse a ritmo doppio si fermerebbe comunque al di sotto delle mille persone ogni quattro settimane. Il turnover mensile di 3mila migranti annunciato in pompa magna dal governo italiano è solo fantasia.

TUTTO DA VERIFICARE resta poi il funzionamento dei trasferimenti navali. Secondo il ddl possono essere «delocalizzati» solo i migranti imbarcati su navi militari italiane in acque internazionali.

Per arrivare in Albania non bastano le motovedette, serviranno i pattugliatori d’altura della guardia costiera o le grandi navi della marina. Forse il governo pensa di piazzarle al di là delle acque territoriali, magari sulla rotta della Tunisia «paese sicuro», in attesa che si riempiano? Si vedrà. Insieme a tanti altri aspetti che rimangono controversi, se non proprio oscuri.

Di sicuro si prospetta una ulteriore compressione del diritto alla difesa dei richiedenti asilo. Dietro i formalismi che la legge si preoccupa di garantire resta la sostanza: difficoltà a trovare legali di fiducia e a incontrarli. Non solo le udienze davanti a commissione e giudici, ma anche i colloqui riservati con gli avvocati si svolgeranno da remoto.

ALTRO TEMA è quello dei costi. Sabato abbiamo pubblicato una stima ministeriale che per il primo anno partiva da una base di almeno 92 milioni di euro, escluse le spese di trasferimento e quelle per l’ente gestore delle strutture. Ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani (Fi) ha alzato ancora la posta: «Costerà meno di 200 milioni». Aggiungendo: «Molti meno di quelli sequestrati dalla guardia di finanza per un cattivo uso del superbonus».

Vedremo se quelle cifre non lieviteranno quando al piano saranno aggiunti i dettagli. In ogni caso, anche vista la congiuntura economica, potrebbero essere usate meglio che per trasferire in Albania qualche centinaia di migranti l’anno, sperando di ottenere un effetto di dissuasione sulle rotte migratorie.

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