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Il corteo del 25 marzo e quei fogli di via da Roma per insofferenza all’ordine costituito

Parla una dei 30 attivisti a cui è stato imposto l’allontanamento dalla capitale per tre anni. Uno dei 120 ragazzi fermati per tutto sabato a Tor Cervara in un’operazione di polizia preventiva che ha impedito loro di partecipare alla manifestazione. Anche alla luce del loro «orientamento ideologico»

«Siamo partiti da Pisa intorno alle sette di mattina. Alle 11.30 siamo arrivati al casello di Roma Nord. Lì c’era già molto traffico per via dei controlli. Anche noi quattro siamo stati fatti accostare. Hanno chiesto i documenti e perquisito la nostra Panda. Ci hanno trovato in auto quello che avevamo: ovvero due giacchetti neri, una maglietta e un fumogeno. Ci hanno fatti spostare quindi in un’area di servizio, dove ci hanno perquisiti totalmente. Stavamo sotto il sole. Ci impedivano di usare il cellulare, dicendo che era un’operazione di polizia. Abbiamo sentito che chiedevano rinforzi».

Martino ha ventinove anni. Si è laureato in filosofia a Pisa. Sta cercando lavoro. È incensurato. Ha un processo in corso per resistenza, legato a una manifestazione avvenuta nella sua città in occasione della visita di un ministro, non ancora arrivato a sentenza. Ha iniziato a frequentare i movimenti sociali durante “l’Onda” studentesca. E ora Martino è una delle trenta persone a cui la questura di Roma ha assegnato sabato 25 marzo un foglio di via dalla capitale. Il suo ha la durata di tre anni.


Tre anni. Per esser stato trovato mentre andava a un corteo autorizzato portando nel bagagliaio una giacca nera, «che alla fine, come il resto, ci hanno restituito perché non potevano tenerle sotto sequestro». Sul decreto di rimpatrio a suo carico, firmato dal questore di Roma Guido Marino, si legge che è stato “considerato” il fatto che «nella mattinata, alle ore 9.30, sull’itinerario del corteo Eurostop, all’altezza di via Marmorata, venivano rinvenuti 50 bastoni di ferro».

Il ritrovamento citato nel documento viene legato così alla macchina su cui Martino e i suoi tre amici viaggiavano da Pisa intorno alle 11 portando soltanto «due giubbotti e una maglietta di colore nero» oltre che «un fumogeno». Continua il questore, si tratta di «abbigliamento e materiale usati in circostanze analoghe per agevolare il travisamento e rendere difficoltosa l’identificazione dei responsabili di azioni violente». Infine a Martino, «sulla base di accertamenti effettuati presso le banche dati delle forze dell’ordine», ovvero non per casellario giudiziale, ma per le sole segnalazioni di polizia, viene attribuito «un comportamento di assoluta indifferenza ed insofferenza all’ordine costituito con conseguente reiterazione di condotte antigiuridiche sintomatiche».

Parte del materiale sequestrato dalla polizia prima del corteo

Le magliette, il ritrovamento a Roma, i comportamenti “indifferenti all’ordine” sono stati così convogliati per imporre a Martino come ad altre 29 persone atti amministrativi gravi quali il foglio di via dalla città, fino a tre anni (faranno ricorso).

Nella conferenza stampa sui risultati della gestione dell’ordine pubblico durante il 25 marzo,

dove non ci sono stati incidenti nonostante i molteplici allarmi pubblicati nei giorni precedenti, il questore ha lodato il lavoro di «polizia preventiva» messo in campo, appunto, con il controllo complessivo «di duemila persone». Rispondendo a una domanda ha spiegato come «abbiamo verificato non soltanto i loro precedenti penali ma anche il loro orientamento ideologico e questi elementi sono stati adeguatamente valutati e ci hanno portato a questa conclusione».

Il passaggio del foglio di via in cui si fa riferimento all’insofferenza per l’ordine costituito

L’orientamento ideologico. «È una frase gravissima, totalmente estranea allo spirito della costituzione.

Se basta il profilo politico per la sospensione dei diritti, siamo di fronte a una nuova idea di sicurezza che onestamente trovo molto, molto preoccupante», commenta Eleonora Forenza, europarlamentare comunista che ha chiesto alla Commissione europea se intende intervenire sull’Italia per garantire il rispetto del diritto a manifestare. Erasmo Palazzotto di Sinistra Italiana ha presentato un’interrogazione sulla stessa vicenda al ministro dell’Interno Minniti, il cui pacchetto sicurezza, che comprende

il daspo urbano, dovrebbe essere a breve votato definitivamente in parlamento.

Alla Commissione, Forenza fa presente anche l’ostacolo «al proprio potere di sindacato ispettivo» in quanto parlamentare. Il 25 marzo, insieme a Nicoletta Dosio , Forenza ha dovuto infatti insistere ore prima di ottenere l’autorizzazione a entrare nella questura dov’erano trattenuti i ragazzi. È il secondo aspetto di quello che è successo sabato, su cui insistono ora le interrogazioni, ovvero la sospensione del diritto a manifestare.

«Dalla stazione di servizio ci hanno caricato sulle volanti e portato a quello che poi abbiamo capito essere l’ufficio immigrazione di Tor Cervara», continua Martino, che ha raccontato l’accaduto anche in una video-denuncia pubblicata da Infoaut: «Continuavamo a chiedere cosa stesse succedendo, ci rispondevano: “è un fermo normale”. Ci hanno fatto lasciare cintura, accendini, portafogli, soldi, cellulare in una scatola numerata. La mia, se non sbaglio, era C04. Quindi ci hanno portato in una camera di sicurezza che si apriva solo dall’esterno. Era tutta vetri, come un acquario. L’abbiamo misurata, per passare il tempo, sarà stata di 10 metri per 4. Siamo rimasti tutti e quattro insieme. Potevamo uscire solo per andare in bagno. Dopo un po’ abbiamo sentito che arrivavano i pullman nel piazzale, con altri fermati. Ci siamo accorti che hanno improvvisato un corteo nello spiazzo».

Forenza conferma che al suo arrivo a Tor Cervara, intorno alle 16.30, nel perimetro della struttura ci saranno state fra 120 e 150 persone: «considerando che erano tre pullman e alcune macchine». Nel frattempo Martino e i suoi amici venivano fotosegnalati. «Continuavamo a chiedere cosa stessimo aspettando, ci accorgevamo che le ore scivolavano, che il corteo sarebbe partito a breve e noi eravamo chiusi lì. Quando abbiamo sentito che fuori si stavano riscaldando, urlando slogan, anche noi abbiamo iniziato a insistere, a bussare sulle pareti. Ci rispondevano che stavano solo aspettando i fogli di via dalla questura».

Il passaggio del foglio di via obbligatorio in cui c’è la dicitura “in Lire” e anno “19…”

Sono arrivati i documenti, poi. Il numero di protocollo del foglio di via firmato da Martino, che lo costringeva entro un giorno a presentarsi «all’autorità locale» di Pisa per dimostrare di essersene veramente andato da Roma, è lo “09”. Il modulo riporta ancora la dicitura “in L.” ad indicare in Lire, e si segnala che il Comune «provvederà inoltre di mezzo di trasporto con carro od altro simile veicolo». Per la data l’inizio stampato è “19..”.

Quando escono da Tor Cervara sono circa le otto di sera. La manifestazione è finita. Lui, i suoi amici, e più di altre 100 persone, sono rimasti chiusi lì tutto il giorno. «Per noi quella giornata dimostra un cambio di passo», commenta Martino: «Sembra vogliano decidere chi ha diritto a manifestare e chi no. Che manifesti solo chi è conforme? Che la soglia di dissenso accettata sia solo quella che decidono le istituzioni, preventivamente? Volevano mostrare i muscoli, dimostrare come cambierà ora la gestione delle libertà con il nuovo pacchetto di norme? Se doveva essere un’azione repressiva, noi non l’abbiamo vissuta così. L’abbiamo vissuta come una manifestazione politica su quale sia, e sarà, in futuro la tolleranza al dissenso».

Francesca Sironi

da l’Espresso

 

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