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Caso Bianzino; i familiari lanciano appello per nuove indagini sulla morte in carcere

Chiedono la riapertura delle indagini e fanno appello al ministero della Giustizia perché intervenga sulla procura umbra, i familiari di Aldo Bianzino, falegname di Pietralunga, arrestato assieme alla moglie Roberta il 12 ottobre del 2007 per possesso di piante di cannabis e morto due giorni dopo nell’istituto di pena Capanne di Perugia.
Un’emorragia intracranica, lesioni al fegato con versamenti di sangue nell’addome e costole rotte. Questo è stato riscontrato nella prima autopsia sul corpo di Bianzino. L’iter giudiziario iniziato con un’indagine per omicidio si è concluso con una condanna, lo scorso febbraio, a un anno e mezzo per omissione di soccorso a carico dell’agente penitenziario di guardia quella notte. Mentre l’archiviazione del reato più grave si basa sull’ipotesi di morte per aneurisma; le altre lesioni sarebbero il risultato delle operazioni di soccorso. Ma per il padre Giuseppe, il figlio Rudra all’epoca 14enne, e il comitato che si è costituito in suo nome la storia non si è chiusa.

Secondo i legali di parte ci sono una serie di incongruenze tra l’autopsia, la perizia medico-legale, la decisione di archiviare l’indagine per omicidio, nonché l’omissione di un esame sui tessuti che avrebbe potuto datare con maggiore precisione l’ora della morte. “Nel processo – ha ricostruito l’avvocato Massimo Zaganelli, in una conferenza stampa a Roma – quell’aneurisma non è stato rintracciato; la quantità di sangue riversatasi nella zona del fegato non è compatibile con lesioni post mortem e le telecamere alle 7 del mattino, momento dell’asserito ritrovamento del corpo di Aldo, hanno smesso di funzionare: non c’è una sola immagine dei soccorsi”. Per il legale “ora che queste elementi sono emersi sarebbe doveroso riattivare le indagini. L’azione penale non è discrezionale, è obbligatoria e se ci sono elementi così specifici perché la procura non si attiva?. Ne ho sentite tante di storie in questi anni – ha detto Rudra Bianzino, oggi diciannovenne – e vorrei far riflettere sul fatto che è diventato nomale arrivare in mano alle istituzioni e sapere che non si è sicuro”. Al caso si sono interessati i parlamentari Rita Bernardini (partito Radicale) e Walter Verini (Pd), con una serie di interrogazioni parlamentari, l’ultima in cui si chiede al ministro della Giustizia in cui si chiede di esercitare i poteri ispettivi sulla procura.
fonte: Ansa

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