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Budroni fu speronato e l’agente sparò da fermo

 Una perizia sull’auto smentisce i poliziotti che inseguivano l’uomo sul Gra di Roma. Ma il pm ritiene di aver già speso troppe energie sul caso



«Centrale del Latte, Centrale del latte, si stà allargando sulla destra. vaje addosso, vaje addosso… stà mandando fuori la Radiomobile…».

Vaje addosso, gridava l’agente nella radio di bordo quella notte che correvano addosso a Dino Budroni. Pochi istanti dopo due spari e la morte di un uomo che fuggiva.

I giornali ne avrebbero parlato poco e sempre alludendo a una «sparatoria sul Gra», il raccordo anulare che circonda Roma. Lo inseguivano una macchina dei carabinieri e due della polizia. Dalle deposizioni degli equipaggi vengono fuori film che non combaciano perfettamente. A volte cozzano tra loro. Ma non coincidono i racconti con le voci registrate nelle radio di bordo. E neppure con il racconto muto delle lamiere della macchina di Budroni.

Gli operatori di polizia descrivono una corsa a 200 all’ora con Budroni che cambiava ripetutamente direzione per speronare le volanti e la gazzella che lo rincorrevano. Chi ha studiato la direzione dello sparo ipotizza che la pistola abbia sparato mentre le auto andavano almeno a 50 km orari e anche fino a 80.

Molti mesi dopo quel 30 luglio del 2011, quelle prime luci dell’alba in cui si svolsero i fatti, la macchina della vittima è stata finalmente periziata e questi dati messi in parallelo con le deposizioni dei protagonisti dell’inseguimento e con la perizia balistica. La voce concitata della radio descrive una scena un po’ diversa.

«Presumibilmente dopo un secondo la Volante “Beta Como” sperona la Ford Focus. Da tale comunicazione – mette nero su bianco il perito stradale nominato dalla famiglia – si evince, chiaramente, la chiara intenzione di speronare volontariamente la Ford Focus (…) Speronamento inutile, in quanto la Ford Focus era bloccata dalla Gazzella dei Carabinieri. Particolare importante è la presenza di tracce gommose sulla portiera posteriore destra che denota che al momento dello speronamento la Volante “Beta Como” era con il pneumatico anteriore sinistro girato a sinistra, che indica l’intenzione del conducente di direzionarsi contro la Focus.

Di conseguenza, la Ford Focus, che aveva di molto rallentato la sua velocità, dovuto dalla manovra posta in essere dalla autovettura dei Carabinieri che era in anticipo sulla Ford Focus, la stessa subiva forzatamente, una rotazione verso destra, dovuta esclusivamente a seguito del violento impatto dinamico ricevuto volontariamente dalla Volante “Beta Como”, sulla fiancata destra, nel mentre la “Volante10” marciava parallela alla sinistra della Ford Focus, verosimilmente a velocità leggermente diversa da quella se non uguale a quella della Ford Focus che iniziava a convergere sulla sua destra, le due auto mantenevano la posizione parallela e serrata, il “convoglio” si apprestava all’arresto, ma qualche istante prima, il Paone esplodeva il primo colpo, in rapida successione esplodeva il secondo, nel momento in cui la Focus si era fermata. I due colpi colpivano lo sportello posteriore sinistro della Ford Focus». Il perito sottolinea che i due bossoli sono stati ritrovati in posizione davanti alla “Volante 10” di alcuni metri «tanto da far supporre, nonostante il rotolamento ed il trascinamento, che il primo colpo sia stato esploso nella fase terminale dell’inseguimento, qualche istante prima che assumessero la loro posizione statica a velocità zero, il secondo a velocità zero».

Se davvero la “Volante 10” fosse andata a una velocità dai 50 agli 80 km/h, «i bossoli a seguito dell’esplosione dei due colpi avrebbero rotolato in senso contrario alla traiettoria di marcia della Volante per effetto della resistenza opposta dallo spostamento dell’aria causata dalla velocità tenuta dalla Volante 10, avremmo avuto il ritrovamento a posteriori della stessa e non nella parte anteriore dell’auto».

Non si potrebbe essere più chiari: la volante ha speronato la Focus – «Budroni deve aver verosimilmente considerato e maturato la decisione di desistere dalla fuga, avendo l’unica via obbligata a destra, tanto da decelerare ulteriormente, inserendo la prima marcia per sfruttare il freno motore, quel tanto da ridurre al minimo la propria velocità per arrestarsi in sicurezza e non andare a collidere violentemente con la Radiomobile dei carabinieri ferma che gli bloccava qualsiasi via di fuga, per poi avere il tempo di azionare il freno di stazionamento per poter arrestare il proprio veicolo a ridosso del guardrail – e in questi istanti conclusivi, dalla “Volante 10”, parallela alla Focus, avendo una velocità residua minima, il Paone esplode il primo colpo, lo stesso attinge nella parte inferiore dello sportello posteriore sinistro della Focus». Tra il primo colpo e il secondo diminuisce la distanza tra la Volante 10 e la Ford Focus, il primo colpo impatterà in posizione più arretrata a circa 4/5 metri dalla Focus. Dino «ha accelerato le operazioni di spegnimento del motore con le luci accese e le chiavi inserite nel cruscotto». Ma poi arriva il secondo colpo, ancora da più vicino, tra i 2,4 e 4,6 metri «quando oramai il “convoglio” era fermo, come l’Appuntato dei Carabinieri De Giudicis sostiene nella sua deposizione, “.ero pressoché fermo quando udivo i due colpi..scendevo immediatamente ..”».

«E’ ragionevole», suppone il perito che il primo colpo sia stato esploso quando i due veicoli erano «pressoché paralleli e in fase di arresto» e che il secondo colpo, «quando oramai la Ford Focus era in posizione di quiete, tanto è vero che lo stesso Budroni ha avuto la lucidità ed il tempo materiale, precedentemente, di inserire la prima marcia, per ridurre al minimo la velocità della propria autovettura, fermarsi ed azionare il freno di stazionamento, ma attinto dal secondo colpo mortale, non ha avuto il tempo materiale di disinserire la prima marcia, sollevando il piede dal pedale della frizione, quel tanto che l’autovettura avanzasse, accostandosi al guardrail con il conseguente spegnimento del motore e le luci anabbaglianti accese». Dunque, per l’esperto di parte civile, è «inverosimile, la dichiarazione del Paone nel sostenere di aver sparato alla gomma posteriore sinistra.. “il mio bersaglio deve essersi improvvisamente spostato”.Un’azione inutile ed insensata, che non avrebbe dato nessuna utilità, in una situazione di autovetture parallele, serrate con una velocità residua minima prossima allo zero, “convoglio bloccato” in fase di arresto a seguito di forte decelerazione».

Non risulta che la Focus abbia urtato le altre autovetture, Budroni, nella fase finale dell’inseguimento, non aveva intenzione di speronare nessuna autovettura delle Forze dell’Ordine, ma bensì risulta essere stato speronato volontariamente dalla “Volante Beta Como”». Dino aveva capito che la corsa era finito. Alza le mani di fronte al carabiniere della Radiomobile. Poi si accascia. Sarà lui, il conducente della gazzella, a dichiarare di aver sentito due colpi «contestualmente all’arresto dei veicoli». Probabilmente, quella mattina, tra agenti e carabinieri non c’è stato il massimo dell’intesa visto che le dichiarazioni non coincidono sugli istanti cruciali del delitto ipotizzato dal pm Orano: omicidio colposo perché sparava a distanza ravvicinata quando ormai «l’utilizzo dell’arma, in quella fase dell’operazione, comportava un rischio non più proporzionato alla residua possibilità di azioni lesive e pericolose». Nessuno gli ordinò di sparare, nemmeno mirando alle ruote.
Se solo in fondo all’articolo si dirà che Budroni era inseguito perché era stato segnalato per danneggiamenti alla casa della sua fidanzata è solo perché tutto ciò non ha a che fare con le modalità e le motivazioni dell’omicidio. Con una velocità sospetta, la stampa che parlava di «sparatoria sul Gra» lo ha etichettato come «stalker». In realtà è un altro “caso Sandri”. Grazie a questo la vicenda è scivolata sulla pelle di un’opinione pubblica troppo distratta quel giorno di esodo estivo. Una macchina della giustizia, quanto meno strabica, processerà quasi due anni dopo, Budroni, già morto, per un’accusa di detenzione di armi (una balestra e un fuciletto) e di rapina (aveva preso la borsetta della fidanzata di allora per convincerla a tornare a casa). La vittima della “rapina” aveva chiarito tutto. 
Dino era morto ma la burocrazia lo ha processato lo stesso. E a questo punto stupisce che il pm senta di aver speso già troppe energie su questo caso così da rifiutare, come ha fatto anche il gip, l’istanza di acquisizione dei tabulati telefonici di quella notte. Potrebbero chiarire meglio gli orari che hanno scandito l’inseguimento. Il processo inizierà il primo ottobre.

Checchino Antonini da popoff

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