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#25MarzoStopUE: una giornata di “repressione preventiva”. Il racconto di Nicoletta Dosio

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Tor Cervara. Il nome evoca boschi e campagne, scorci di casali e castelli, sagome di animali in corsa, dolci sguardi di cerbiatti e di agnelli. Forse tutto ciò era vero un tempo, ma oggi questi luoghi non sono altro che degradata periferia, dove si accumulano i rifiutati della città e del mondo.

Su tutto incombe il CIE, o meglio, come specificano i quotidiani,”lufficio stranieri più grande d’Italia con un archivio che supera il milione e mezzo di nominativi. È la principale struttura dove vengono svolti il fotosegnalamento e l’identificazione di immigrati clandestini, ma anche di pregiudicati italiani”. Casermone giallastro, inaugurato una decina di anni fa, ma già sordido, asserragliato tra alte reti, cancelli e piazzali d’asfalto.

In questo non-luogo sono stati dirottati i pullman con centoventi compagne e compagni cui è stato impedito di partecipare al corteo del NO Sociale contro l’UE delle banche, del razzismo e della guerra.

Fuori da quelle mura restiamo bloccati a lungo, nel vano tentativo, non solo di accedere all’interno per constatare le condizioni dei fermati, ma di conoscere i motivi dei fermi, spiegazioni che non vengono date neppure alla deputata europea ed all’avvocata che ci accompagnano: un clima di beffardo ed omertoso silenzio che la dice lunga sulla sospensione delle garanzie costituzionali e sulla morte della democrazia nel mondo e in questo nostro paese la cui sovranità dovrebbe “appartenere al popolo” .

Le ore passano lente. Costeggiamo le reti, cercando di vedere almeno da fuori compagne e compagni che, circondati da agenti in assetto antisommossa hanno improvvisato un piccolo corteo interno; affondiamo in cumuli di rifiuti, una vera e propria discarica abusiva di vetri rotti, elettrodomestici sfondati, stracci e rottami edilizi, tra i quali anche il verde della primavera diventa grigio

A sera la strada si rianima: frotte di donne e bambini rientrano al campo room che sta dall’altra parte della strada, di cui si intravedono, dietro una fitta sterpaglia, baracche di lamiere arrugginite, pozzanghere e desolazione.

Carceri all’apparenza diverse, ma nella sostanza uguali, dove si consuma l’esclusione in tutte le sue declinazioni politiche, economiche, sociali

Lo splendore dei palazzi che, protetti da zone rosse (questa volta chiamate blu in omaggio all’UE), ospitano gli uomini delle banche e della guerra e le loro offensive cerimonie, non sono che l’altra faccia di di tali rottamazioni , di tanto, intollerabile sopruso.

Solo a notte, finiti i cortei, una nostra delegazione riesce ad entrare, riabbracciare i fermati, comunicare loro la solidarietà che in queste ore è giunta dai tanti luoghi della lotta e della resistenza. Nonostante tutto, l’indignazione per la violenza subita è temperata dall’ironia di sempre, dalla certezza che, come sempre, si parte e si torna insieme.

Si risale sui pullman che saranno scortati da ingenti forze di polizia oltre i confini di Roma. Qualcuno ha il foglio di via per tre anni, altri per uno. Tutti sono entrati negli schedari identificativi di Tor Cervara con fotografie e impronte digitali.

Una fredda pioggerellina ha preso a battere le strade.

Dai limiti del campo room un gruppetto di bambini guarda in silenzio.

Nicoletta Dosio

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