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Armi leggere e morti pesanti negli Usa

Il tema della diffusione delle armi leggere nel mondo, dati alla mano, risulta essere molto preoccupante e lo è ancora di più se si considera la situazione negli Stati Uniti. Gli Usa sono allo stesso tempo il maggiore esportatore e importatore di armi da fuoco a uso civile e secondo una delle più recenti analisi, hanno il più elevato tasso di possesso di armi da fuoco. Vi sono ben 89 armi ogni 100 abitanti per un totale di 270 milioni di armi in circolazione nel paese. Il tasso di possesso di armi negli Stati Uniti è del 40 per cento maggiore rispetto a quello dello Yemen (54,8 armi ogni 100 abitanti).

Non si tratta del paese con il più alto tasso di omicidi con armi da fuoco al mondo, ma se si considerano solo i paesi “sviluppati” detiene il primato assoluto. Uno studio della Boston University ha dimostrato inoltre che esiste una correlazione tra incremento del numero di armi in circolazione e numero di omicidi con armi: osservando i dati dal 1981 al 2010 lo studio dimostra che “ogni 1 per cento di incremento nella proporzione di possesso domestico di armi fa fuoco” si è tradotto in un incremento dello 0,9 per cento nel tasso di omicidi.

Vittime per armi da fuoco negli Usa

Negli Usa ogni anno oltre 30.000 persone rimangono uccise dalle armi da fuoco, una media di trenta vittime al giorno. La metà sono giovani (tra i 18 e i 35 anni), un terzo sono giovanissimi (sotto i 20 anni). Osservando i dati degli altri paesi “sviluppati”, viene da chiedersi come sia possibile avere una situazione del genere negli Usa. Basti pensare che gli omicidi con armi da fuoco sono in media 50 in Giappone, meno di 150 in Germania, Italia e Francia, meno di 200 in Canada e oltre 10.000 negli Usa.

Nell’ultimo anno (2015) si potevano contare ben 12.942 vittime negli Usa in seguito a omicidi o spari non intenzionali in entrambi i casi con armi da fuoco, senza contare i suicidi (intorno alle 20.000 persone).

Vittime afroamericane

Dei 30 statunitensi uccisi in media ogni giorno del 2015 dalle armi, circa il 50 per cento erano afroamericani, nonostante questi ultimi rappresentino solo il 6 per cento della popolazione statunitense.

afro

Le vittime minorenni e l’utilizzo accidentale delle armi

Un altro drammatico dato è quello legato all’utilizzo accidentale delle armi da parte degli under 18. Nel 2015 dozzine di bambini sono venuti in possesso di armi da fuoco e hanno involontariamente causato vittime o feriti. Minori sotto i tre anni di età hanno afferrato pistole e sparato a qualcuno almeno 59 volte nel corso del 2015. La maggior parte delle volte questi minori feriscono o uccidono loro stessi, ma in più di una dozzina di casi hanno sparato ad altre persone, in alcuni casi uccidendole. Nello specifico, nel 2015, 19 bambini si sono involontariamente uccisi; 25 si sono involontariamente feriti; 13 hanno ferito altre persone e 2 hanno ucciso altre persone.

Il rischio che minori vengano in possesso di armi è chiaramente ampliato nel momento in cui teniamo in considerazione che vi sono famiglie staunitensi all’interno delle quali è presente non solo un’arma ma più armi, in alcuni casi addirittura dieci. Una ricerca recente ci dice che il numero di statunitensi che possiede dieci o più armi da fuoco è maggiore del numero di abitanti della Danimarca. Ovviamente immaginare un’abitazione nella quale sono presenti allo stesso tempo dieci armi e dei bambini ci porta a pensare che tipo di situazione rischiosa si presenti, nonostante le precauzioni che si possano prendere. Una vicenda molto recente ha mostrato in maniera emblematica la pericolosità del possesso di armi e la possibilità che queste possano entrare in possesso di minori. In Florida, il 9 marzo 2016, Jamie Gilt – un’attivista nota per le sue posizioni a favore del diritto di possedere armi – è stata ferita da un colpo di arma da fuoco esploso dal figlio di quattro anni. Il piccolo aveva trovato l’arma sul pavimento del pick-up della madre senza che questa se ne accorgesse. L’episodio non ha bisogno di commenti.

WCENTER 0XNFAEAJGD epa03686671 James Beaver, 13, looks through the scope of a Bushmaster gun during the 2013 National Rifle Association (NRA) Annual Meetings & Exhibits at the George R. Brown Convention Center in Houston, Texas, USA, 03 May 2013. The National Rifle Association is a nonprofit organization that promotes firearm ownership, as well as police training, firearm safety, marksmanship, hunting and self-defense training in the United States. The association has over four million members. EPA/AARON M. SPRECHER

Opinione personale 

Il tema della diffusione e dell’utilizzo improprio delle armi da fuoco negli Stati Uniti è piuttosto problematico. Si tratta di un argomento considerato molto delicato sia dall’opinione pubblica sia dai politici statunitensi in quanto mette in discussione un aspetto – un diritto secondo molti – che è presente sin dalla nascita del paese e che è stato trascritto dagli stessi padri fondatori.

È dunque chiaro che legiferare in materia non è semplice. L’amministrazione Obama ci ha provato nel corso degli anni precedenti, ma non ha ancora raggiunto risultati del tutto apprezzabili. Il problema è rappresentato da una parte dall’effettiva influenza che la National Rifle Association ha sulla politica di Washington e dall’altra dalla reale riluttanza da parte di buona parte degli americani a rinunciare a quello che ritengono un diritto, ovverosia il possesso delle armi.

Ciononostante appare opportuno per gli Stati Uniti agire il prima possibile per limitare e per contenere la diffusione delle armi nel paese e soprattutto per rendere il sistema dei controlli referenziali ben più efficace e stringente di quanto sia ora. Quest’ultimo aspetto è infatti uno dei principali motivi che in qualche modo hanno “favorito” il verificarsi delle stragi: troppo spesso gli attentatori erano persone con infermità mentali o precedenti penali, ma che erano riusciti ad aggirare i controlli oppure erano riusciti ad ottenere le armi attraverso canali illegali.

Michael Kiefer, of DeFuniak Springs, Fla., checks out a display of rifles at the Rock River Arms booth during the 35th annual SHOT Show, Thursday, Jan. 17, 2013, in Las Vegas. The world's largest gun and outdoor trade show runs through Friday. (AP Photo/Julie Jacobson)

Forse però il problema principale e probabilmente più complicato da risolvere è meno giuridico o politico e più “sociale”. Al di là delle sue controverse posizioni sul tema, il repubblicano Marco Rubio ha espresso un giudizio che riteniamo condivisibile. Ha detto che negli Stati Uniti “esiste un problema di diffusione della violenza”.  Al di là dei controlli, del numero di armi in circolazione e così via, esiste un problema di eccessiva violenza in circolazione e di eccessiva tolleranza da una parte dei cittadini, dei fenomeni violenti e dell’utilizzo della violenza (che può prevedere appunto anche l’utilizzo di armi da fuoco).

Ciò su cui bisognerebbe agire dunque è la concezione stessa degli statunitensi dell’idea di possedere o meno un’arma e del motivo per il quale possederla. Sentirsi più sicuri perché si ha il diritto di comprare e tenere un’arma in casa non rende – a nostro avviso – più sicuri, perché nel momento in cui questo diritto viene garantito in maniera eccessivamente estensiva, non si fa altro che aumentare a dismisura il numero di armi in circolazione. E inevitabilmente alcune di queste armi finiranno in mano a persone con intenti e tendenze negative e finiranno per causare vittime.

Questa è la sfida maggiore che gli Stati Uniti hanno di fronte oggi: capire effettivamente che non è il possesso di armi che riuscirà a garantire maggiore sicurezza e, anzi, paradossalmente esso aumenterà i rischi e inevitabilmente il numero di vittime.

Maged Srour da Comune-Info

Uno studio più approfondito è pubblicato in Gli Stati Uniti, l’Italia e le armi da fuoco di Maged Srour e Ernestina Scalfari, in “Sistema Informativo a Schede” dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo, febbraio 2016

 

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