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Venezuela, ucciso leader chavista: il quinto in poche settimane

Un altro leader chavista ucciso, il quinto in poche settimane. Questa volta, ad essere ammazzato a colpi di arma da fuoco è stato Angel Benavides, dirigente giovanile del Partido socialista unido (Psuv). Benavides, 27 anni, è stato ucciso domenica nel comune di Lima Blanco, nello stato Cojedes. Il Psuv è tornato a lanciare l’allarme per l’aumento degli omicidi mirati e dei testativi destabilizzanti dell’estrema destra, decisa a far scoppiare nuove violenze per accelerare la cacciata di Maduro dal governo. Il governatore del Tachira, José Vielma Mora, ha denunciato che gruppi estremisti legati al partito politico Voluntad Popular (Vp, quello di Leopoldo Lopez, in carcere per le violenze di piazza del 2014) e all’organizzazione nazista Javu stanno organizzando nuovi attacchi.

Nel Tachira, due killer in moto hanno eliminato di recente un noto dirigente del partito Tupamaros. Gruppi di incappucciati hanno sequestrato diversi autobus pubblici poi dati alle fiamme, hanno ucciso due giovanissimi poliziotti e ne hanno gravemente feriti altri. Le immagini dei cervelli spappolati dei due agenti – una ragazza di 21 anni e uno di 25 – hanno fatto il giro della rete. Nel 2014, le violenze di piazza durante diversi mesi – le guarimbas – hanno provocato 43 morti e oltre 800 feriti. Il parlamento a maggioranza di opposizione ha approvato ora una legge d’amnistia che consentirebbe di far uscire dal carcere gli autori di quelle violenze, e di far rientrare golpisti e banchieri fraudolenti fuggiti a Miami.

In una lettera firmata da 26 organizzazioni per i diritti umani, i familiari delle vittime hanno chiesto a Maduro di non licenziare la legge, com’è nelle sue prerogative, sancite dalla costituzione bolivariana. Le organizzazioni propongono invece la formazione di una Commissione per la verità e la giustizia, formata da diversi settori della società e dalle vittime, per analizzare ogni singolo caso. La legge potrebbe comunque essere invalidata dal Tribunal supremo de Justicia, vero e proprio ago della bilancia fra i cinque poteri previsti dalla Carta Magna venezuelana.

Maduro ha comunque aperto il dibattito nel paese. Intanto, una delegazione che avrebbe dovuto recarsi negli Usa per intervenire presso la Corte interamericana dei diritti umani (Cidh) è stata bloccata perché gli Stati uniti non hanno concesso i visti: in questo modo – hanno denunciato i chavisti – «parleranno solo le solite ong a noi ostili e si dirà che non abbiamo voluto andare».

Secondo Henrique Capriles, candidato di opposizione sconfitto prima da Chavez e poi da Maduro alle presidenziali, sarebbero già stati raccolti «quasi la metà» dei voti necessari per chiedere un referendum revocatorio contro Maduro, possibile a metà mandato. L’opposizione sta anche proponendo una legge per accorciare da 6 a 4 anni il mandato presidenziale, che poi verrebbe sottoposta al Consejo Nacional Electoral (Cne). Un provvedimento a cui vorrebbe dare anche carattere di retroattività. Intanto, le destre hanno anche proposto una legge per ri-privatizzare tutte le imprese pubbliche, a cominciare da quelle autogestite e recuperate, con l’accusa che «sono improduttive».

Un tentativo che ha provocato le proteste di sindacati e assemblee di lavoratori delle imprese espropriate, che denunciano le manovre delle grandi imprese come la Polar, che continuano a intascare i dollari a tasso preferenziale dal governo, ma non investono nella produzione nazionale. Ieri, il presidente ha apertamente accusato «le mafie interne» del settore sanitario, che fornisce gratuitamente medicine molto costose e per questo ha provocato il sabotaggio delle grandi imprese. «Siamo infiltrati dalla corruzione, si falsificano le ricette per rivendere i farmaci – ha detto il presidente – un capitalista direbbe che questo è normale, ma noi non possiamo accettare che sia normale l’accaparramento, il furto e la speculazione».

Intanto, a Caracas, il chavismo ha facilitato l’inizio del dialogo fra il governo colombiano di Manuel Santos e l’Eln, la seconda guerriglia dopo le Farc. La senatrice Piedad Cordoba, scampata di misura a un attentato, ha proposto Maduro al Nobel per la pace.

Geraldina Colotti da il manifesto