Questi suicidi non sono quindi legati alla disperazione di chi sa di dover passare molti anni in carcere, ma piuttosto all’angoscia di un “presente” che spesso significa sovraffollamento pauroso, assenza di attività trattamentali, negazione di ogni dignità umana.
Vincenzo Balsamo, suicida a Fermo martedì scorso, prima di morire aveva presentato un ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo contro il sovraffollamento del carcere dove era ristretto. L’Associazione Antigone si è fatta tramite della sua istanza e di altre 1.200 identiche: tutti citano in giudizio lo Stato italiano per la violazione dell’art. 3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo, che proibisce di sottoporre i detenuti a “trattamenti inumani e degradanti”. Ma anche altre Associazioni ed i Radicali si stanno facendo carico dell’invio dei ricorsi alla CEDU, che oramai si contano a migliaia.
Il verdetto sul caso-pilota Sulejmanovic c. Italia (n° 22635/03), conclusosi nel luglio 2009, non lascia scampo: un detenuto deve avere a disposizione almeno 3,5 mq di spazio e deve poter trascorrere fuori dalla cella almeno 6 ore al giorno. In caso contrario è vittima di “trattamento inumano e degradante” e ha diritto a un risarcimento economico per il danno subito.
Oggi quasi nessun carcere italiano rispetta i criteri minimi stabiliti dall’art. 3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo. Nelle celle di 6 mq ci sono 3 detenuti, in quelle da 12 mq anche 10 detenuti.
Le “ore d’aria” generalmente sono 4 al giorno (ma negli istituti più sovraffollati bisogna fare i turni anche per i cortili dei passeggi, così si riducono a 2, o anche meno)… mentre la Convenzione dei Diritti dell’Uomo stabilisce in 6 ore il tempo minimo da concedere fuori dalla cella!
Sovraffollamento e suicidi
Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, in collaborazione con il Volontariato, sta mettendo a punto un “piano” per la prevenzione dei suicidi che contiene misure volte a migliorare – per quanto possibile nell’attuale stato di “emergenza” – le condizioni di vita dei detenuti.
Ma certamente non sarà possibile risolvere, almeno in tempi brevi, la “questione” del sovraffollamento, maggiore responsabile dell’invivibilità del carcere.
Confrontando il tasso di sovraffollamento delle 11 carceri dove sono avvenuti i suicidi di quest’anno con il numero totale dei suicidi registrativi negli ultimi cinque anni (vedi tabella sotto) è emerso che la frequenza dei suicidi arriva a triplicare nelle condizioni di maggiore affollamento, ma anche di particolare fatiscenza delle celle e assenza di attività trattamentali.
Il “primato negativo” spetta al Carcere di Cagliari, con 506 detenuti (affollamento al 146%) e 11 suicidi in 5 anni, con la frequenza di 1 suicidio ogni 46 detenuti. A San Vittore, con 1.127 detenuti (affollamento al 242%) e 13 suicidi in 5 anni, la frequenza è di 1 suicidio ogni 86 detenuti; quindi l’affollamento è quasi doppio, ma ci si suicida la metà!
Per capirne di più su questo apparente paradosso basta leggere alcuni passaggi riguardanti il carcere di Cagliari tratti dal “Rapporto sulle carceri” dell’Associazione Antigone:
“La struttura edilizia è fatiscente e inadeguata. La manutenzione è occasionale e risente dei pochi finanziamenti disponibili…”. “Fuori dalla cella solo le quattro ore d’aria. Spazi di socialità ridotti, quasi nulli. L’aria e la socialità goduti da tutti i detenuti con molte limitazioni per carenza di spazi…”. “Le attività culturali e ricreative sono limitatissime per mancanza di spazi così non esistono attività sportive per totale carenza di spazi…”. “Nessun progetto di reinserimento viene preparato. I trasferimenti vengono comunicati appena prima e di solito per motivi disciplinari…”.
Sulmona, che ha la triste nomea di “carcere dei suicidi”, si colloca al secondo posto: con 481 detenuti, affollamento al 159% e 6 suicidi negli ultimi 5 anni registra una frequenza di un suicidio ogni 80 detenuti.
Il carcere meno affollato è Spoleto: 565 detenuti e affollamento al 124%; in 5 anni vi sono avvenuti 5 suicidi, 1 suicidio ogni 113 detenuti (la metà di San Vittore e 1/3 del Buoncammino di Cagliari).
Il carcere con la minore frequenza di suicidi è Verona, nonostante un affollamento del 162% (956 detenuti e 3 suicidi in 5 anni, pari alla frequenza di 1 suicidio ogni 318 detenuti). Questo risultato positivo è probabilmente in relazione con le numerose attività lavorative, culturali e sportive che vi si svolgono e che consentono ai detenuti di trascorrere parte della giornata fuori dalla cella.
Infine le carceri di Fermo e di Altamura (1 suicidio per ciascuna in cinque anni) presentano un tasso di suicidi molto elevato, ma non indicativo, in quanto rapportato a un numero limitato di detenuti (rispettivamente 68 e 84).