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1 Maggio a Torino: Le balle della Questura, la miseria della politica

COMUNICATO DEL NETWORK ANTAGONISTA TORINESE

All’indomani delle violenti e gratuite cariche che hanno interessato la parte finale del corteo torinese del 1° Maggio, torniamo a prendere parola come compagne e compagni del Network Antagonista Torinese, per restituire il punto di vista nostro sull’andamento della giornata di ieri, puntualizzare alcune cose, correggere le ricostruzioni tendenziose della Questura e rispondere agli scontati attestati di stima reciproca che si scambiano ormai d’ufficio forze di poilzia, partiti politici e rappresentanze sindacali concertative.

Partiamo dalle precisazioni, necessarie per controbattere alle dichiarazioni di comodo con cui la Questura torinese tenta di rifarsi un’immagine dopo la magra figura di ieri, quando, senza alcun motivo e a freddo, ha deciso di caricare un corteo, forse perché troppo scomodo per quello che rappresentava e affermava dai suoi altoparlanti. Oggi leggiamo un comunicato in cui i responsabili cittadini del cosiddetto ordine pubblico riportano quanto segue: «lo spezzone antagonista, composto da circa 200 persone, ha accelerato e cercato, all’altezza di via Cesare Battista, di deviare dal percorso autorizzato. La forza pubblica si è frapposta ed ha creato uno sbarramento. In testa allo spezzone, una ventina circa di persone travisate ed armate di bastone, per tre volte hanno tentato di travolgere gli agenti posti a sbarramento, al fine di raggiungere il luogo dove si teneva il comizio, senza riuscirvi».

Difficile concentrare più menzogne in così poche righe… Ci teniamo quindi a precisare che:

1 – Il corteo era stato fino a quel momento pacifico e intendeva continuare su quel solco. (Quando intendiamo contestare fisicamente, ce lo rivendichiamo pubblicamente, come abbiamo sempre fatto. Così rivendichiamo, rispetto a ieri, tutti i momenti di resistenza con cui il corteo ha sopportato e respinto con determinazione le 4 cariche volute e perseguite con insistenza da Celere e Carabinieri)

2 – Nessun tentativo da parte del corteo di girare su via Cesare Battisti! (Con quale fine poi? Se è vero che volevamo raggiungere piazza San Carlo per terminare il corteo e fare i nostri interventi, non si capisce perché mai avremmo dovuto allungare il tragitto).

3 – Nessun interesse a contestare un palco che di anno in anno rappresenta sempre meno gli interessi dei lavoratori ed è sempre più vuoto. (Ieri il numero di presenze era ridotto al minimo… neanche sindacale. In piazza c’erano solo gli stipendiati dei partiti politici, delle confederazioni sindacali concertative e delle forze dell’ordine: 3 caste esemplificative del lavoro garantito e privilegiato di oggi).

4 – Sotto i portici di via Roma ci sono state cariche indiscriminate e violente contro chiunque si trovasse a tiro di manganello. Oltre a numerosi partecipanti allo spezzone dell’opposizione sociale, sono state battuti a caso ignari spettatori dello spettacolo messo in piedi dalle forze dell’ordine. Si riportano almeno una decina di feriti che hanno dovuto ricorrere a cure di pronto soccorso e diverse decine di contusi. (Contusi che, a differenza dei celerini accarezzati da quasi la totalità delle forze politiche, non potranno ricorrere a mutue, prognosi pagate e altre comodità ad essi riservati. In queste cariche si sono poi distinti numerosi agenti della Digos che, dopo aver fatto finta di non aver avuto alcun ruolo nell’ordinare le cariche – cosa non vera – si sono poi impegnati a fermare e portare in Questura tre persone – di cui 2 minorenni – che hanno avuto la sfortuna di inciampare nei momenti più intensi delle cariche dei loro colleghi).

Dai video e dalle foto che stanno circolando in rete, perlopiù opera di giornalisti, ci si può ben fare un’idea dell’andamento della giornata e delle cariche consumatesi in via Roma. Ci teniamo ora a fare alcune considerazioni di ordine politico, in risposta (e non solo) alle tante dichiarazioni in larga parte scontate (ma non tutte) che si sono succedute da ieri pomeriggio a questa mattina.

La prima considerazione riguarda la vasta schiera dei sostenitori dell’operato delle forze dell’ordine a prescindere. Un ventaglio ampio di personalità delle suddette 3 caste, dove ai rancorosi comunicati di Siulp-Sap-Sip, fanno eco gli automatici attestati di solidarietà del solito Salvini e di diversi esponenti del Partito Democratico ed altre insignificanti forze politiche cittadine ad esso alleate. È interessante notare la sempre più sostanziale identità di forze che si rappresentano agli antipodi dello scacchiere politico ma che convergono in una sostanziale proposta politica da partito(i) dell’ordine. Su tutti, brilla poi il sempreverde Stefano Esposito che merita qui una menzione speciale. Nell’ansia di dimostrare il proprio sostegno agli uomini in divisa – perché in fondo è questo lavoro di servizio a forze dell’ordine e costruttori del Tav che giustifica politicamente il suo ruolo di senatore – Esposito fa lo sforzo di citare tutti e non dimenticare nessuno… non sia mai che qualcuno resti offeso. Già nella tarda mattinata di ieri, ci teneva a ringraziare pubblicamente: Polizia, Carabinieri… e Guardia di Finanza. Peccato che ieri nessuno l’abbia vista, certo non nei momenti delle cariche. Ma appunto, si tratta di ungere a dovere e con le opportune lodi tutti gli apparati preposti al mantenimento dell’ordine pubblico.

La seconda nota aggiunge qualcosa al senso della presenza e dei contenuti portati in quella piazza dal mondo sindacale che, come dicevamo prima, brillava per scarsa presenza e sostanziale mutismo. Non solo non hanno più niente da dire ma si sentono pure imbarazzati a presenziare in una giornata che li riguarda sempre meno, essendo ormai da anni impegnati in ruoli di assistenza fiscale e concertazione al ribasso (La vicenda Alitalia sul piano nazionale, quella della Dussman sul locale, ne sono la riprova concreta). In questo senso brillano per imbarazzante onestà e sono rivelatorie della mentalità del sindacalismo concertativo odierno le dichiarazioni del segretario generale della Fim-Cisl di Torino e del Canavese, secondo cui è necessario «cambiare formula perché ormai facciamo un corteo che serve solo ai centri sociali per avere qualche fotogramma sui telegiornali. […] Penso a una piazza San Carlo con un palco per dare spazio alla musica dei giovani, a un palco per raccontare le esperienze di lavoro e di non lavoro dei giovani; a un palco per il teatro che racconti il lavoro; insomma un palco “vivo” […] Penso a una giornata di festa in cui guardarsi intorno, apprezzare Torino e pensare che Cgil-Cisl-Uil di Torino hanno organizzato un bel Primo Maggio a dimensione dei lavoratori, delle loro famiglie stando insieme godendo di un giorno sereno e andando a “cercarsi” il sindacato, il partito, il movimento (mettano anche i centri sociali il loro gazebo!….nessun altoparlante però)». Queste parole si commentano da sole: il senso politico ridotto a pura kermesse spettacolare della domenica e la lotta sul posto di lavoro a racconto. Nella sua infinità bontà il Chiarle acconsentirebbe anche ad un banchetto per noi, ma senza altoparlanti…!

Sulle diverse testate, on-line e cartacee, che si sono espresse sui fatti di ieri, oltre alle cronache apparse su Repubblica e Stampa, merita una contestazione la versione del Fatto Quotidiano, secondo cui il corteo avrebbe tentato un attacco armato al palco sindacale. Come abbiamo già spiegato, non ci interessava quel palco, non sapevamo neanche chi era preposto a parlare, non rappresenta più niente per noi. L’ansia legalitaria degli amici di Travaglio fa prendere spesso lucciole per lanterne.

Le ultime considerazioni, le riserviamo ai rappresentanti del Movimento 5 Stelle, pochi e timidi ieri nel contrastare sul loro piano l’operato della Questura, corretti dal pomeriggio nel denunciare le violenze e chiedere spiegazioni. A quella parte di essi che non ha l’ansia degli equilibri istituzionali chiediamo di fare ancora uno sforzo e non demordere di fronte ai tentativi in atto da parte della Questura per smorzare i toni. Meno ingenuità: non si tratta di «sbavature» ma dell’ordinaria gestione di piazza di fronte al dissenso vivo e non compatibile con la pace sociale che fa comodo a chi ci comanda. E nel gestire in questi modi l’ordine pubblico c’è anche una precisa volontà politica del Partito Democratico e dello Stato italiano affinché nulla cambi e tutto rimanga come prima.

Per quanto ci riguarda, precisiamo che non ci interessa ottenere il consenso né dei sindacati né dei partiti e continueremo a intendere e attraversare la giornata cittadina del Primo Maggio come un momento di lotta, memori del suo significato originario di lotta, tentando di interpretare le forze vive, interessati ad organizzarci con chi sta da questa parte della società: chi sta sotto ma non accetta la sua condizione, battendosi per modificare lo stato di cose presenti.

Network Antagonista Torinese

csoa Askatasuna – csa Murazzi – Collettivo Universitario Autonomo – Kollettivo Studenti Autorganizzati – Prendocasa Torino

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Quello che abbiamo visto il primo maggio a Torino

Quello che abbiamo visto il primo maggio a Torino è molto semplice, ma vale la pena spiegarlo per bene. Oggi che il clamore si è calmato e la notizia rischia di andare nel solito dimenticatoio, vorremmo provare a mettere i fatti in fila, vorremmo tentare un piccolo ragionamento.

Arriviamo in via Po verso le nove e un quarto; abbiamo con noi nostro figlio che ha meno di due anni, e piove a dirotto, per cui decidiamo di restare sotto i portici. È la prima volta che sfiliamo in questa modalità, non è affatto la prima volta che partecipiamo al primo maggio torinese, né a manifestazioni d’altro tipo. In due ne abbiamo visti tanti, di scontri tra polizia e manifestanti, ben prima dei fatti del 2001 a Genova. Abbiamo visto i tafferugli del 1999, con una carica molto violenta della polizia. Abbiamo visto, a Bologna, le forze dell’ordine ribaltare cassonetti e scooter parcheggiati, creando danni che poi sarebbero stati imputati agli studenti che manifestavano. Abbiamo insomma assistito a molte prove generali, prima di Genova. E ci teniamo a specificarlo, non facciamo parte di alcun movimento antagonista, non siamo simpatizzanti dei centri sociali per partito preso, non siamo iscritti a partiti politici; siamo semplici cittadini, certamente con un’opinione precisa, ma non inquadrati o inquadrabili in qualche schieramento o movimento. Non abitiamo nemmeno a Torino, ma a Genova; ci troviamo lì in visita ai parenti di Paola.

Sappiamo però riconoscere le situazioni, le persone e i loro ruoli durante le manifestazioni. Forti di questo, comunque, come vedrete abbiamo previsto i fatti poco prima che avvenissero Ma andiamo per gradi.

Verso piazza Vittorio ci rendiamo conto molto velocemente che il clima è teso, ma solo tra i poliziotti. Le persone che partecipano alla manifestazione sono allegre nonostante la pioggia o comunque molto tranquille. Sono anche molto poche rispetto al solito. Ma i poliziotti in tenuta antisommossa sono agitati più del dovuto. Si badi bene: non sono semplicemente attenti a cosa succede, sono proprio agitati. Anzi, il corteo non lo guardano nemmeno: è tra loro che si guardano, si spostano da un piede all’altro, aspettano nervosi. Sono fermi accanto a noi sotto il portico e aspettano ordini, evidentemente, mentre il corteo sfila pacifico e colorato.

Ci troviamo all’altezza del caffè Vittorio Veneto quando vediamo un gruppo di poliziotti con accanto un gruppetto di persone con i volti coperti. Sappiamo che in questi casi ci sono molti poliziotti in borghese e/o funzionari di polizia che comunicano con gli auricolari. Chiunque abbia esperienza di manifestazioni sa che ci sono e li riconosce in fretta; uno di questi, lo vediamo chiaramente, si avvicina ai giovani a volto coperto e parla con loro.

Con noi c’è nostro figlio per cui non ci pare il caso di avvicinarci troppo, ma è molto chiaro che la conversazione tra loro è confidenziale. Quei giovani non possono essere degli autonomi, ci diciamo, perché non si sono mai visti degli autonomi parlare così tranquillamente con dei poliziotti.

Quando la parte finale del corteo imbocca via Po, il gruppo di poliziotti inizia ad animarsi. Si raduna e comincia a seguire lo spezzone degli antagonisti, che fin da subito viene lasciato indietro rispetto agli altri. Aspettavano quel pezzo di corteo, quindi, ovvero la parte finale. Non aspettavano la fine del corteo in generale, ma proprio quelle persone, dal momento che in realtà iniziano a precederle restando di fianco, cioè lungo il portico.

Ci muoviamo anche noi verso piazza Castello, molto lentamente, e notiamo altri tizi con i volti coperti che si aggirano sotto i portici, come in attesa di ordini. Il corteo degli autonomi, vorremmo dirlo per chiarezza, non ha ancora fatto nulla, a parte molto rumore con megafoni e musica.

Poi, un po’ prima di Fiorio, sentiamo distintamente uno dei poliziotti in tenuta antisommossa rivolgersi agli altri dicendo: «Dobbiamo andare, li chiudiamo più in là».

Lo ripetiamo: dal corteo non arriva altro che musica, ma l’ordine di chiudere quello spezzone del corteo è già stato dato. Lo abbiamo sentito bene con le nostre orecchie.

A questo punto i poliziotti iniziano a correre in avanti, per chiudere le vie laterali man mano che quello spezzone del corteo avanza. Sempre per chiarezza: la gran parte del corteo è già molto avanti: la polizia non l’ha nemmeno guardato, sta letteralmente tallonando solo questo spezzone, dove non ci sono più di duecento persone.

Procediamo ancora un po’ quando notiamo che la situazione inizia a farsi tesissima. Lo spezzone degli autonomi, però, non è ancora arrivato, mentre tutti gli altri manifestanti sono già passati da un pezzo e stanno prendendo posto in piazza. La tensione, quindi, è tutta sotto il portico: i poliziotti corrono avanti e superano (a quanto pare senza badarci) due ragazzi interamente vestiti di nero, con cappucci e volti coperti, uno di loro ha qualcosa in mano e invita un altro (che nel frattempo fa il doppio nodo ai lacci di una scarpa) a darsi una mossa. Capiamo che si stanno preparando a fare qualcosa.

Noi (con il bambino) siamo praticamente in mezzo. Per cui decidiamo di tornare velocemente indietro e prendere una via laterale prima che partano le cariche. Ormai abbiamo già intuito la situazione: i poliziotti stanno per caricare, anche se (lo ripetiamo ancora una volta) il corteo non sta facendo altro che sfilare per conto suo.

Giriamo in via Bogino e arriviamo in piazza Carlo Alberto. Qui vediamo la manovra di diverse camionette e di un bel numero di poliziotti, che vanno verso via Cesare Battisti a passo sostenuto.

Non può esserci nessun motivo strategico di arrivare adesso e qui, se non quello di convergere in un punto preciso (quello che poi sarà il punto degli scontri). Ma ripetiamolo ancora una volta, perché non ci siano dubbi: gli autonomi non hanno fatto ancora niente. Nessuno, anzi, ha fatto ancora un bel niente se non sfilare in corteo. Eppure i poliziotti stanno convergendo già nel punto in cui avverrà lo scontro che, a detta dei giornali, sarà stato causato dai manifestanti.

Quindi i poliziotti hanno già previsto che i manifestanti faranno qualcosa esattamente in quel punto e in quel momento? Se così è, allora hanno poteri di chiaroveggenza, perché lo sanno evidentemente almeno da un’ora.

I poliziotti che vediamo in piazza Carlo Alberto diretti al punto in cui ci saranno gli scontri non sono di corsa: avanzano soltanto a passo sostenuto. Il che vuol dire che gli scontri ancora non sono iniziati, altrimenti correrebbero. Eppure è lì che stanno andando, precisamente tutti lì.

Difatti noi arriviamo in piazza Castello e tutto è ancora tranquillo. Noi però, per via del bambino, andiamo via da lì, perché abbiamo visto con chiarezza i preparativi. E scusate, se insistiamo, ma occorre essere proprio ripetitivi, per farsi capire bene: nessuno di questi “preparativi” veniva dal corteo. Quello che abbiamo visto sono solo poliziotti e altri soggetti con il viso coperto lasciati indisturbati, che si preparavano a uno scontro, e si preparavano a uno scontro che sarebbe avvenuto in un punto preciso a un momento preciso. Tutti costoro erano sotto i portici o nelle vie laterali. Il corteo, invece, sfilava tranquillo in via Po.

Siamo appena tornati a casa quando leggiamo degli scontri avvenuti proprio all’angolo con via Cesare Battisti, con una tempistica inequivocabile. L’articolo che leggiamo online risulta postato poco dopo il momento in cui noi siamo andati via.

Questi i fatti.

Quando ne parliamo a caldo su Facebook usiamo il termine “infiltrati”, perché tali ci sembravano quelli con il viso coperto. Abbiamo le prove che fossero infiltrati? No, naturalmente (come potremmo averle?), ma siamo pronti a scommettere che non fossero autonomi, e che fossero “benvisti” dai poliziotti, e che fossero soggetti quantomeno sospetti. E allora le domande che potete farvi anche voi sono: chi erano? Perché parlavano con i poliziotti prima degli scontri? Perché i poliziotti li hanno semplicemente ignorati dopo, quando noi (cioè due persone normalissime che per altro stavano badando a un bambino) ci siamo accorti perfettamente di loro e dei loro strani movimenti?

Ma comunque rispondiate a queste domande, quello che abbiamo visto resta chiarissimo: le cariche della polizia erano organizzate, l’ordine era di convergere in via Cesare Battisti, chiudere quella parte di corteo e caricare, indipendentemente dal comportamento dei manifestanti. Questo ordine lo abbiamo prima origliato noi stessi (quando abbiamo sentito un poliziotto dire agli altri «Li chiudiamo là») e poi lo abbiamo visto eseguire (quando abbiamo visto le camionette arrivare da piazza Carlo Alberto).

Molti, dopo, hanno testimoniato che le prime cariche della polizia sono partite “a freddo”, e cioè che i poliziotti avrebbero caricato quello spezzone senza alcun motivo apparente, causando una reazione che ha poi dato vita ai veri e propri scontri.

Altri – come sempre – hanno parlato di “provocazioni” da parte dei manifestanti che avrebbero causato le cariche della polizia come reazione. E diciamo che noi, da testimoni, possiamo senza dubbio escludere questa seconda ipotesi.

Ora, chiunque sia stato in piazza almeno un primo maggio a Torino sa bene che spesso i centri sociali cercano lo scontro; fa parte del gioco, non c’è nessun mistero. Quello che invece ci indigna, e dovrebbe indignare più persone, è il fatto che possano essere le forze di polizia a creare i disordini che poi dicono di reprimere con la forza, coinvolgendo innocenti e passanti.

Questa non è, non dovrebbe essere la normalità. Questo è un abuso di potere che abbiamo visto negli anni della nostra repubblica, teorizzato da alti esponenti del nostro governo e messo in pratica su larga scala a Genova nel 2001.

E, a questo proposito, ci permettiamo un’altra grande domanda, che speriamo possa tormentare voi come fa con noi. Ovvero: come mai i giornali non riescono a ricostruire bene i fatti? Perché gli articoli sono scritti sulla base delle dichiarazioni della polizia o dei politici, invece che da giornalisti che avrebbero potuto benissimo vedere con i loro occhi quello che abbiamo visto noi (mentre badavamo a un bambino piccolo sotto la pioggia)?

Ma del resto tutti (almeno si spera) conoscete l’intervista rilasciata da Francesco Cossiga nel 2008, che ci pare riassuma chiaramente la situazione:

«Maroni – diceva Cossiga – dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno».

Ossia?

«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito…».

Gli universitari, invece?

«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che?

«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che…

«Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».

Anche i docenti?

«Soprattutto i docenti».

* da http://www.ninin.liguria.it/

Antonio Paolacci è nato nel 1974 in provincia di Salerno e vive a Genova. È editor e curatore editoriale, direttore di collane di narrativa e saggistica, insegnante di scrittura creativa ed editoria. Come autore, ha scritto i libri: Flemma (Perdisa Pop, 2007 – Morellini, 2015), Salto d’ottava (Perdisa Pop, 2010), Accelerazione di gravità (Senza Patria, 2010), Tanatosi (Perdisa Pop, 2012) Piano Americano (Morellini, da ottobre 2017).

Paola Ronco è nata nel 1976 a Torino e vive a Genova. È stata finalista al Premio Calvino 2006 con A mani alzate. Nel 2009 ha pubblicato il romanzo Corpi estranei (Perdisa Pop), seguito nel 2013 dal romanzo La luce che illumina il mondo (Indiana). Suoi racconti sono apparsi su riviste on line e in varie antologie, tra cui Tutti giù all’inferno (Giulio Perrone, 2006) e Love out (Transeuropa, 2012).

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Dichiarazione di Ezio Locatelli (Rifondazione Comunista)ù

Locatelli (Prc-Se): 1° maggio a Torino: non più disponibili a farci derubare del diritto di manifestare. Gli organizzatori dicano parole chiare contro l’intervento di polizia

“la si smetta di parlare di scontri tra centri sociali e polizia il primo maggio a Torino. La verità è che la polizia ha deciso scientemente e senza alcuna giustificazione – su ordine di chi? – di spezzare il corteo in due, impedendo a viva forza alla seconda parte dello stesso di entrare in piazza. Prendiamo atto che solo il Pd , al pari di altre forze estranee allo spirito del primo maggio (Lega e destra), ha inneggiato alla linea di condotta dalle forze di polizia fatta di cariche e manganellate. Diciamo, a futura memoria, in maniera molto chiara e netta che il Partito della Rifondazione Comunista non è più disponibile a farsi precludere il diritto a manifestare il primo maggio. Chiediamo che gli organizzatori della manifestazione si assumano la responsabilità di dire parole chiare riguardo la garanzia di presenza e di agibilità politica per tutte e tutti coloro che intendono manifestare il primo maggio e non solo. Il diritto di manifestare deve tornare ad essere garantito a tutte e tutti”.

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