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Indymedia (quasi) oscurata

Indymedia oscurata. La notizia rimbalza sulla rete. Prima un tweet, poi un post pubblicato sul blog dell’avvocato Fulvio Sarzana ospitato dal sito de Il Fatto quotidiano. Gli attivisti di uno dei più cliccati network liberi, alternativi e indipendenti ne discutono fra loro, ma al momento nessuno ha ricevuto comunicazione dalla magistratura. E il sito è ancora accessibile. Eppure la richiesta ai provider di oscurare le sezioni di Toscana e Piemonte di Indymedia è già scritta in un’ordinanza datata 24 maggio e firmata da un gip di Milano.
Il provvedimento riguarda quattro articoli pubblicati da un utente anonimo sul network quattro anni fa in cui si parlava di una multinazionale che ha sporto querela. Uno dei pezzi era intitolato «Mafioso è bello» e avrebbe ipotizzato relazioni della società con «soggetti di diretta o indiretta caratura mafiosa». Nell’ordinanza di inibizione all’accesso il gip scrive: «La querelante viene descritta, in estrema sintesi, come una società la cui politica aziendale è stabilmente caratterizzata dall’abitudine al ricorso a scorrette pratiche commerciali, spesso sconfinanti nei reati di corruzione, turbativa d’asta e illegale intercettazione di comunicazioni e conversazioni». Quanto basta per spiccare l’ordine di sequestro per diffamazione.

«E’ allucinante – commentano gli attivisti di Indymedia – si tratterebbe di un oscuramento preventivo per materiale molto vecchio. Noi abbiamo uno spazio apposito dove chiunque può segnalarci le inesattezze e le illegalità che violano anche le nostre regole interne. In questi casi provvediamo immediatamente a rettificare o ad eliminarle. In questo caso, invece, non abbiamo ricevuto nulla, né dall’azienda interessata e neanche dai magistrati». Il provvedimento riguarda quei quattro specifici articoli, ma tecnicamente comporta l’oscuramento di intere sezioni. «E’ come se una querela per il contenuto di uno pezzo comportasse la chiusura preventiva di un intero giornale». Si tratta del secondo caso di applicazione di norme recenti che riguardano la regolamentazione della rete e, guarda caso, colpisce proprio il celebre sito che divenne famoso durante i giorni del G8 di Genova.
fonte: il manifesto

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