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Colombia, prove tecniche di dittatura

Repressione, torture, violenze sessuali, massacri dei leader sociali, riforme imposte dal FMI, strategie paramilitari: è necessaria una grande mobilitazione di solidarietà internazionale per sostenere le rivendicazioni popolari e fermare il massacro in corso

Pochi giorni prima dell’inizio del Paro Nacional Indefinido, il Consejo Regional Indigena del Cauca – CRIC aveva dichiarato la Minga Hacia Adentro, spazio di organizzazione, discussione e azione delle comunità indigene, dedicata alla lider indigena Sandra Liliana Peña Choucué, assassinata lo scorso 20 aprile presso la comunità Laguna Siberia, nella regione del Norte del Cauca. Sandra Liliana si opponeva alla trasformazione della coca, la pianta ancestrale dei popoli originari andini, in cocaina, e per ricordarla il CRIC aveva deciso di occupare alcuni dei territori utilizzati dal narcotraffico, sradicare le coltivazioni di coca e scontrarsi con gli attori armati che controllano questi luoghi.

Sandra Liliana Peña Chouché fa parte della lunga lista di 1167 leader sociali assassinati dalla firma degli accordi di pace del 2016 a oggi, a cui occorre aggiungere le 28 stragi del 2021 e i 91 massacri del 2020 (Indepaz, 2021), ed infine le violenze compiute nelle ultime settimane dalla forza pubblica, dalla polizia all’ESMAD fino ai militari durante le proteste del Paro Nacional, dove gli agenti continuano a sparare sulla folla per ordine di Ivan Duque, presidente della Colombia, dopo essere stati istigati dall’ex presidente Alvaro Uribe, che aveva lanciato un invito all’uso delle armi contro i “vandali e terroristi” con un tweet, successivamente eliminato.

Emerge quindi chiaramente come la volontà del governo non sia quella di difendere il paese dall’avanzata paramilitare e guerrigliera; piuttosto, questi numeri ci parlano dell’eredità paramilitare uribista dell’attuale governo.

Lo sciopero nazionale indefinito, iniziato il 28 aprile e ancora in corso, è iniziato dopo la proposta di una nefasta riforma tributaria, ma le ragioni della protesta sono anche tante altre, a partire dal pacchetto di riforme del sistema sanitario, del lavoro e delle pensioni, che aumenterebbero ulteriormente la disuguaglianza sociale, comportando perdita di diritti e mercantilizzazione della vita. Altro motivo centrale della protesta, le violenze di Stato e le continue violazioni degli Accordi di Pace, che hanno aumentato del 52% gli omicidi mirati dei e delle leader sociali. Intanto nelle piazze si denunciano gli abusi polizieschi e si rivendica lo smantellamento dell’Esmad, il tristemente noto Escuadrón Móvil Antidisturbios, che ha causato decine di morti negli ultimi anni.

Il governo dell’ultradestra degli ultimi anni ha portato avanti una economia della fame e della miseria, dando priorità agli interessi del mercato invece che ai diritti sociali. La strategia del paramilitarismo come strumento di controllo parallelo del governo nazionale durante i governi dell’ex presidente Alvaro Uribe Velez ha provocato 6402 cosiddetti “falsos positivos”, quei civili, soprattutto abitanti dei quartieri popolari, sequestrati e uccisi dai militari per poi essere presentati come guerriglieri caduti in combattimento per accrescere le statistiche della lotta contro la guerriglia. L’ex presidente Uribe continua a influenzare profondamente la politica statale dell’attuale presidente Ivan Duque, che mostra sempre di più le caratteristiche di una dittatura paramilitare e genocida.

In seguito alle numerose e partecipate manifestazioni degli ultimi giorni, Duque ha dichiarato di voler ritirare la riforma, come mossa tattica per frenare la protesta sociale. Ma non ha raggiunto il suo obiettivo.

Infatti, sarebbe falso affermare che la riforma tributaria è stata annullata: è stata ritirata solo per essere modificata e poi approvata successivamente. Il Presidente ha infatti sottolineato come la riforma tributaria sia necessaria, come sostenuto anche da Alejandro Werner, direttore del dipartimento dell’emisfero occidentale del Fondo Monetario Internazionale. Anche l’Fmi è complice di questa situazione, così come è complice, tra l’altro, della miseria della maggior parte dei paesi dell’America Latina: l’organo incaricato di “regolare l’economia dei paesi iscritti tramite crediti e monitoraggi” interviene da decenni nella definizione delle politiche pubbliche di vari paesi per assicurarsi il pagamento dei debiti.

Con l’attuale capitalismo globalizzato, i Presidenti degli Stati latinoamericani sono spesso al servizio dell’economia globale, delle banche e del Fmi. Riforme e privatizzazioni dei settori della salute, educazione, lavoro e pensioni vengono imposte dallo stesso Fmi, perché pagare il conto è prioritario rispetto ai diritti sociali.

Secondo gli ultimi dati di Defender la Libertad, in meno di tre settimane di protesta si registrano 50 manifestanti assassinati dalla forza pubblica (Polizia e Esmad), 21 casi di violenza sessuale sulle donne da parte delle forze dell’ordine, 524 feriti (35 con lesioni oculari, 51 lesioni arma da fuoco), 1430 persone detenute arbitrariamente e sottoposte a torture, 379 persone desaparecidas (fatte sparire), 753 denunce di abuso poliziesco. Le cifre della violenza aumentano ogni giorno, mentre continuano le proteste del Paro Nacional.

In tale contesto, la censura del governo sta colpendo una grande quantità di video dove viene mostrata la brutalità degli agenti in divisa.

Diverse riprese testimoniano come la polizia abbia rinchiuso persone nelle questure e stazioni del trasporto pubblico Transmilenio per riempirle di manganellate o asfissiarle con gas lacrimogeno, mentre è stato denunciato l’utilizzo di grandi centri polisportivi per rinchiudere momentaneamente i detenuti, ai quali è stata tolta qualsiasi forma di comunicazione con l’esterno e con avvocati e difensori dei diritti umani, e in diversi casi si sono segnalate pratiche di tortura. Sono state riportate irruzioni illegali nelle abitazioni.

Modalità di azione spaventose che ricordano le dittature di Cile e Argentina. In molti casi, le forze dell’ordine hanno usato come strategia la presenza di infiltrati, poliziotti vestiti da civili che hanno realizzato atti violenti durante le manifestazioni per giustificare la repressione armata. Anche questa è stata una strategia comune a molte dittature latinoamericane.

In queste settimane, non solamente è stato fatto ricorso a queste pratiche ma, come testimoniano diversi video, vi sono stati decine di casi in cui poliziotti in borghese o paramilitari armati hanno sparato sulla folla da auto, furgoni e moto non indentificabili.

Dato che anche il presidente della Commissione per i Diritti Umani del Congresso degli Stati Uniti ha dichiarato che i video diffusi in rete mostravano con evidenza l’uso estremo della violenza da parte delle forze dell’ordine e ha invitato il governo statunitense a ritirare i fondi stanziati per le forze pubbliche in Colombia, il governo colombiano per evitare che la brutalità poliziesca sia talmente evidente, manda contro i manifestanti gruppi di civili con armi della polizia o dell’esercito colombiano, appoggiati o protetti dalle stesse forze dell’ordine.

Esemplare da questo punto di vista è stato l’attacco alla Minga Indigena dello scorso 10 maggio, quando uomini armati con il sostegno esplicito della Polizia Nazionale hanno ferito gravemente 8 manifestanti indigeni, mentre stavano partecipando pacificamente alle attività della Minga. Questa ennesima violenza é stata amplificata dai mezzi di comunicazione istituzionale, che hanno presentato le persone armate come “cittadini per bene” stanchi dei blocchi delle manifestazioni, evitando però di segnalare la dimensione paramilitare degli attacchi alla Minga e coprendo la complicità delle forze armate e del governo.

Da questi elementi emerge come in Colombia vi sia una dittatura di fatto, con persecuzioni politiche e censura dei mezzi di comunicazione.

A tutto ciò si aggiunge il pericolo costante della dichiarazione dell’Estado de Conmoción Interior, lo stato di emergenza, che permetterebbe perquisizioni ed arresti senza ordine giudiziario, detenzioni di massa, controllo assoluto dei media, sostituzione della autorità locali da parte del Presidente. Dal partito di governo, il Centro Democratico (che nonostante il nome rappresenta l’estrema destra), è stato richiesto al Presidente questa misura di emergenza che comporterebbe un controllo assoluto della mobilità, la repressione totale delle proteste in nome della necessità di ristabilire l’ordine pubblico, addirittura concedendo al Presidente la facoltà di sospendere le elezioni previste per il 2022.

Oggi nelle città sta accadendo ciò che da decenni il governo sta compiendo nelle aree rurali e indigene: l’eliminazione del dissenso. Il governo ha le mani sporche di sangue: non solo non riconosce come una grave emergenza le sistematiche uccisioni dei leader sociali, ma di fatto le promuove attraverso la persecuzione politica dei leader e dei movimenti sociali, con montaggi giudiziari, militarizzazione dei territori e violazione degli Accordi di Pace. L’impunità delle forze dell’ordine e la creazione di montaggi giudiziari per screditare la protesta sono l’ennesima prova della corruzione del governo.

Per far fronte alla censura mediatica, abbiamo bisogno di rendere visibile la violenza in corso. Abbiamo bisogno di pressione internazionale.

Facciamo appello a partecipare alle mobilitazioni presso le ambasciate e i consolati colombiani in tutti i paesi, a denunciare e diffonder a livello internazionale quello che sta accadendo in Colombia. In questi momenti di dolore e sangue, abbiamo bisogno di sentire l’abbraccio della solidarietà internazionalista: che non sia solo la Colombia a scioperare, ma che si possa costruire una mobilitazione internazionale che denunci i crimini statali e la violenza istituzionale. ¡Todxs lxs compañerxs que por luchar por un país con justicia social fueron asesinadxs por este gobierno: ¡Presentes! ¡ Presentes! ¡ Presentes! ¡No habrà paz sin justicia social!

Questa è la testimonianza di Oneida Huitaca, attivista colombiana del Comite Nacional de Paro di Cota (Cundinamarca) e della comunitá indigena Myska Simty Uta

Immagini nell’articolo: Casa Fractal e Medios Libres Cali

Traduzione dallo spagnolo di Elena Nerea Carta per DINAMOpress

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