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«Bisogna superare i campi nomadi» Il Consiglio d’Europa bacchetta l’Italia

Il ministro Ferrero corre ai ripari: «Già stanziati 50 milioni di euro per le politiche d’integrazione». E promette ai rom lo status di minoranza linguistica
Quando l’Europa striglia l’Italia di solito è per questioni economiche o politiche. Stavolta l’Unione europea ci bacchetta su un tema altrettanto scottante, specie in questi giorni dove impera la «questione sicurezza», quello dell’integrazione. Ieri il vicesegretario generale del Consiglio d’Europa, la signora Maud De Boer Bouquichio, ha incontrato a Roma il ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero per parlare, appunto, di integrazione: una parola sempre meno diffusa nel vocabolario italiano. Al centro dell’incontro l’attuazione di nuove politiche a favore dei rom, dei sinti, dei camminanti e dei migranti in genere. Tre gli appunti mossi da Bruxelles al nostro paese. Il problema dello sgombero forzato, quello degli alloggi permanenti e l’inadeguatezza dei campi nomadi. Quest’ultima vera e propria emergenza, basta passeggiare per le periferie di una qualunque media o grande città per imbattersi in queste mega-baraccopoli a cielo aperto, zone franche della malavita dove la legalità resta fuori.Occuparsi di rom non è mai facile. Non porta né voti né consensi, anzi rischia di aumentare il dissenso, già alto, tra la gente che alla parola «nomade» continua ad associare sempre quella di «ladro» o «criminale». E così le politiche di esclusione trovano sempre più un terreno fertile tra i sindaci italiani, pronti a risolvere il «problema» a suon di ordinanze comunali o con proposte sui generis. Ultima, in ordine di tempo, quella del primo cittadino di Pavia che è arrivato ad offrire mille euro ad ogni rom disposto a fare le valigie e tornarsene nel proprio paese d’origine.Un approccio diametralmente opposto è quello del ministro Ferrero per il quale bisogna invece avere il «coraggio virile» di dire all’opinione pubblica che integrare 150.000 rom, tanti sono nel nostro paese, è possibile. Come? «Cambiando rotta», perché la soluzione del problema non può essere «quella dei megacampi, né tantomeno quello degli sgomberi forzati». Ma deve necessariamente passare per l’integrazione «con l’inserimento scolastico dei minori, quello lavorativo e il passaggio dai campi alle case».Poi serve un aiuto sostanziale, di tipo economico. E allora sul tavolo sono già pronti 50 milioni di euro, frutto della direttiva sull’utilizzo del Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati, già stanziati e già previsti nella prossima Finanziaria. In particolare: 3 milioni di euro per il superamento dei campi (con particolare riferimento alle aree metropolitane di Roma, Padova, Torino e Milano) e un milione per l’inserimento scolastico (con riferimento alle aree urbane di Roma, Bologna, Napoli, Firenze e Milano). «Questi interventi certo non risolvono il problema – ha detto il ministro – ma segnano la direzione di marcia innestando un percorso verso cui anche altri comuni possano muovere».Perché esempi d’integrazione riuscita ci sono eccome. Il Comune di Pisa, per esempio, dove sono stati integrati 470 rom e dove è stata attuata una politica di inserimento scolastico di tutti i bambini delle comunità nomadi. Altri ci stanno provando. Come in Sardegna dove – è di ieri la notizia – la Regione ha stanziato un milione e mezzo di euro per la realizzazione di campi nomadi più «umani» e per corsi di formazione professionale atti a favorire l’inclusione nel territorio.La strada è però ancora lunga e tortuosa in un paese, come l’Italia, che ancora non riconosce lo status di minoranza etnico-linguistica alla popolazione rom. Anche in questo caso c’è bisogno di colmare la lacuna della legge del ’99 e Ferrero ha promesso che lo farà.

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