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Salvini ordina la Raggi esegue. Sgomberato il campo rom “Camping River”

Matteo Salvini e Virginia Raggi non accettano la sospensione chiesta dalla Corte Europea e decidono che si fa come dicono loro, smantellando stamattina il campo rom sulla Tiberina

Per l’ennesima volta, negli ultimi sei mesi, lo scorso lunedì 23 luglio al Camping River di Roma, sulla via Tiberina, sono arrivati i vigili urbani mandati dalla sindaca Raggi a consegnare a ciascuno dei 240 abitanti l’ordinanza numero 122 che intimava loro lo sgombero entro 48 ore. Oggi sono tornati e hanno scritto la parola fine, perché per l’uomo “che non deve chiedere mai” l’intervento della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo è un inutile “buonismo”.

Da un anno in qua nel campo di via Tenuta Piccirilli i rom sono dimezzati a causa del continuo stillicidio di intimidazioni da parte delle “autorità”, culminato nella devastazione dei container, molto più che per effetto della delibera con la quale la sindaca di Roma pensava di portare a conclusione una vicenda messa in piedi dall’allora giunta capitolina, quindici anni fa: pagamento, ma solo per i “meritevoli”, di un affitto pari a 800 euro al mese per due anni o, in alternativa, 3000 per tornare dai paesi da dove sono venuti. La prima ipotesi si è miseramente infranta di fronte alla diffidenza dei locatari, mentre la seconda ha ottenuto perlopiù l’effetto che qualcuno (in verità pochi) hanno preso i soldi, sono partiti e nel giro di qualche settimana sono tornati.

Partiti per dove?

Coco è bosniaco e vive in Italia da quando aveva sei anni. Lui è rimasto con la sua famiglia, moglie, dieci figli, i nonni. È seduto su una branda che giace tra polvere e mucchi di ferraglie e calcinacci effetto dell’intervento del comune che ha pensato di poter così chiudere il campo. Ma Coco non se n’è andato e ora racconta che, quando ancora una volta, quella stessa mattina sono arrivati i camion coi “guastatori” per smantellare quel poco che ancora c’era, tra cui anche la sua baracca, ha chiesto di non farlo davanti ai suoi figli più piccoli, che lì sono nati e questa – dice – «è stata la loro unica e sola casa». Ma niente: del container resta una parete sfondata, i vetri rotti e, davanti, una montagna di ferraglia e tutto quello che Coco non è riuscito a portare fuori in tempo.

La bambina guarda la sua casa distrutta e non dice una sola parola. Poi torna a giocare in mezzo alla polvere.

Sembrava che la sindaca Raggi fosse riuscita a togliersi dai piedi questa patata bollente. E invece no. Perché tre abitanti del Camping River, sostenuti dall’associazione 21 luglio, pochi giorni prima avevano presentato ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo che, a poche ore dallo scadere dell’ultimatum del Comune, ha imposto una sospensione dello sgombero. L’ora X sarebbe dovuta essere venerdì 27 luglio e solo dopo le precisazioni del governo sul destino degli abitanti rom.

È a questo punto che l’uomo forte interviene: «Non sarà la corte europea a bloccare un problema di ordine pubblico», dice. Poi si incontra con la sindaca che si barcamena ma non decide nulla. È l’uomo forte a farlo al posto suo: «Vanno sgomberati, sono parassiti». E così viene decisa la linea dura: stamattina, un giorno prima dello scadere della sospensiva europea, manda 250 poliziotti del pronto intervento centro storico (uno per ogni rom), Gruppo traffico, Gruppo sicurezza sociale e poi macchine, furgoni, una ruspa, un camion e sfonda il cancello del Campo. È arrivato anche l’Ente per la protezione animali e si attende l’arrivo dei veterinari per prendere in custodia cani e gatti.

Qualcuno degli abitanti cerca di resistere come può, poi si rassegna. Infila le sue cose dentro buste nere della spazzatura, le carica su carrozzine sfondate, e si avvia lungo la stradicciola della Tenuta Piccirilli.

Per dove?

Anna Pizzo

da DinamoPress

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Raggi-Salvini, l’asse funziona: sgomberato il Camping River

Disintegrati. Per Di Maio azione «legale e pacifica» per chi era dentro, no: «Trattati come animali»

«Sui campi rom non guarderò in faccia a nessuno», aveva detto Virginia Raggi due anni fa, appena insediata in Campidoglio, parlando in privato ai suoi assessori. Ha mantenuto la minaccia e ha sgomberato Camping River, a due giorni dallo stop allo sfratto intimato della Corte europea per i diritti umani e all’indomani dell’incontro con Matteo Salvini (che aveva definito senza giri di parole «parassiti» i rom che vivono nelle baraccopoli).

LA SINDACA HA TIRATO DRITTO senza pensarci un attimo. L’operazione è cominciata ieri di buon mattino. Per chiudere l’insediamento sulla via Tiberina dove vivevano fino a ieri quasi trecento persone, con una netta prevalenza di minori, sono intervenuti 250 uomini in divisa, soprattutto dei vari corpi della polizia municipale. Hanno creato un cordone invalicabile attorno all’area: accesso inibito a legali, giornalisti e parlamentari.

«Stanno sgomberando un campo che funziona, che ha un tasso alto di scolarizzazione e che non ha mai creato alcun problema», commentano increduli gli operatori. I rom, dal canto loro, denunciano l’ intervento duro da parte degli uomini in divisa e segnalano l’uso di spray al peperoncino.

Il comandante dei vigili Antonio Di Maggio nega ogni tensione. Si tratta di un agente di esperienza, nominato al vertice del corpo nel marzo scorso quando si trovava a diciotto mesi dalla pensione. È uno che ha la fama di essere un duro, Di Maggio. Che già in passato è stato al centro di polemiche per l’uso spregiudicato dello spray da parte dei suoi uomini. Quando lo sgombero è ancora in corso, dal vertice del Movimento 5 Stelle arriva la copertura politica di Luigi Di Maio: «È stato uno sgombero pacifico e lo ritengo legittimo», dice il vicepremier grillino.

I RACCONTI CHE ARRIVANO da dentro la struttura raccontano una verità diversa. «Ci hanno trattato come animali – riferisce Florin, 31 anni – Hanno spinto a terra alcune donne. Qualcuno è uscito volontariamente, qualcuno è svenuto. Io sto andando a prendere la mia roba non so dove andrò».

Salvini affida la sua soddisfazione a un tweet che invoca «Legalità, ordine e rispetto prima di tutto». La tolleranza zero, è il messaggio, non prevede la solidarietà. Poco è cambiato rispetto alle condizioni di partenza. Con lo sgombero la maggior parte degli abitanti di Camping River finisce in mezzo a una strada, a pochi è stato garantita l’unità del nucleo familiare e un’esigua minoranza ha accettato di dividersi per andare in strutture emergenziali. A una famiglia di 13 persone con un neonato sarebbe stato offerto di andare a vivere nelle casette montabili Ikea che nel’inverno scorso la Croce rossa messo su per far fronte a emergenze del genere. Solo cinque persone, infine, hanno firmato per il bonus di tremila euro in cambio del rimpatrio.

QUANDO IL SOLE del primo pomeriggio infiamma l’asfalto tutto pare già essersi consumato. Regna una calma irreale tra le casette del Camping River rivestite dai sigilli della polizia municipale.

Fuori si radunano molti degli abitanti, compresi quelli che in un primo momento avevano accettato un ricovero d’urgenza. Dal comune hanno provveduto a fare piazza pulita, per di più facendo passare il raid come un intervento a tutela dei rom, dettato da impellenti condizioni di «emergenza sanitaria». È la stessa identica formula che Virginia Raggi aveva utilizzato il giorno prima per chiosare le parole con le quali Salvini sfidava la Corte europea e garantiva l’appoggio delle forze dell’ordine per l’iniziativa del comune. Si era capito bene che il patto tra i due si era stretto ulteriormente ma in pochi si attendevano che la procedura scelta la tempistica avrebbe sfidato apertamente il giudizio della Corte.

«AL CONTRARIO di quanto sostiene Salvini questo sgombero avviene nell’illegalità – ragiona il deputato Riccardo Magi, di Radicali Italiani – L’Italia rischia condanne e sanzioni». Oltre a Magi, sono accorsi il compagno di partito Alessandro Capriccioli, il capogruppo piddino Giulio Pelonzi e Stefano Fassina di Sinistra Italiana. Non è stato avvistato neanche uno dei 25 consiglieri comunali che compongono il monocolore grillino in Campidoglio. Raggi parla di «una ‘terza via’ basata su inclusione e rispetto della legalità, tutela dei diritti e rispetto dei doveri», ma qui fanno notare la durezza della sua scelta. Alcune classi delle scuole di zona chiuderanno per mancanza di iscritti.

Hanno perduto decine di alunni, messi per strada dall’oggi al domani. In serata, da Strasburgo prendono atto dell’atto compiuto e del fatto che il procedimento decade perché proprio i nuclei ricorrenti, nelle ore in cui era vietato l’accesso al campo, hanno alla fine accettato le soluzioni alternative. Alla sindaca tanto basta per dichiarare vittoria.

Giuliano Santoro

da il manifesto

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«Spray al peperonicino per sgomberare i rom» Ma la sindaca nega

«Legalità e tutela dei diritti» : esulta la sindaca Raggi, annunciando lo sgombero del campo rom Camping River. Ma Corte europea dei diritti dell’uomo aveva imposto uno stop.

«Legalità e tutela dei diritti», esulta su Facebook il sindaco di Roma, Virginia Raggi, annunciando lo sgombero del campo rom Camping River. Con questo slogan, ieri, 180 uo- mini della polizia municipale, dei carabinieri e della polizia hanno svuotato, a partire dalle 7 del mattino, le baracche di via della Tenuta Piccirilli, in zona Tiberina, nonostante lo stop imposto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha deliberato la sospensione dello sgombero ordinato dal Comune fino ad oggi, in attesa di prendere una decisione in merito al ricorso presentato da tre abitanti del campo contro il Comune. Una decisione che il sindaco ha condiviso con il ministro dell’Interno Matteo Salvini, esultante per lo «schiaffo all’Europa», in nome della «legalità».

Il piano, afferma il sindaco, è il superamento dei campi rom, a partire da quello «che garantiva la migliore vivibilità e il più alto tasso di frequenza scolastica», afferma Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 Luglio. Lo sgombero è avvenuto sulla base di un’ordinanza emanata dal Comune il 13 luglio scorso, con la quale Raggi ha ordinato «l’allontanamento dall’area» di tutte le persone presenti «entro il termine perentorio di 48 ore» dalla notifica, «per scongiurare i rischi sulla loro salute». Il tutto, dicono le fonti comunali, nella massima tranquillità, Parlano invece di urla, tensioni e spray al peperoncino, i membri della comunità rom, che hanno annunciato ricorsi contro lo Stato italiano. «Ci hanno trattato come animali – racconta ai cronisti un residente -. Hanno spinto le donne e usato lo spray al peperoncino su una signora. Qualcuno è uscito volontariamente, qualcuno è svenuto, le donne strillavano». Circostanza smentita, invece, da Antonio Di Maggio, comandante della polizia locale. «Tutto si è svolto nella massima regolarità – ha affermato -, non abbiamo usato nessuna forma di coazione fisica». Un centinaio di residenti, tra cui decine di bambini, hanno portato fuori dalla struttura materassi, frigoriferi, sedie e mobili, protestando sotbrano to lo striscione ‘ Virginia Raggi lascia in pace le nostre famiglie’. «Una deportazione», ha scritto su Facebook il presidente del Pd Matteo Orfini. «Si è scelto di non tenere conto delle obiezioni della Corte Europea per i diritti umani – ha sottolineato -, si è scelto di procedere senza avere soluzioni alternative stabili, si è scelto di usare la forza, si è scelto di considerare povertà e disagio come una colpa».

Il sindaco difende però le sue scelte: alcune persone afferma, sono state trasferite nelle strutture di accoglienza della Capitale, consentendo «alle famiglie di restare unite». Una bugia, secondo l’associazione 21 Luglio: alcuni nuclei familiari, spiega Stasolla al Dubbio, sono stati divisi, «e circa 100 persone sono rimaste per strada. È successo qualcosa di estremamente grave – aggiunge -, sono stati violati i diritti fondamentali, calpestando la decisione della Cedu. Prendiamo atto che d’ora in poi non verrà più garantito lo Stato di diritto». Nel campo, sottolinea, erano presenti circa 260 persone, cacciate dalle proprie case «in un clima estremamente brutto», costringendo «i bambini ad interrompere il proprio percorso scolastico». Sono circa 160 le donne e i bambini sistemati nelle case famiglia, dove rimarranno fino al 30 settembre. «Successivamente – aggiunge – finiranno per strada. Sarebbe questo il vero volto del piano rom», che prevede la chiusura dei campi e un «accompagnamento all’abitare» dei 4.500 residenti, attraverso la richiesta dell’alloggio popolare e il contributo all’affitto per i primi due anni. Ma ieri, accusa Stasolla, «abbiamo visto che prevede il sacrificio dei diritti».

Il sindaco annuncia la fine della «ghettizzazione» e punta sul rientro volontario assistito in patria: «le testimonianze delle famiglie già tornate a casa ci fanno capire che siamo sulla strada giusta», afferma. Ma questa, commenta Stasolla, sarebbe l’ennesima «bufala» : in due anni «sono stati quattordici i nuclei spediti in Romania, con un contributo di 2mila euro. Peccato però che si tratta di cittadini comunitari che possono tornare in qualsiasi momento» .

Simona Musco

da il dubbio

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CAMPING RIVER: ECCO LA VERITA’ TRA RICORSI, CARLO STASOLLA E POLIZIA MUNICIPALEDENUNCIATO MARCELLO ZUINISI 

PER INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO

 

Stamani mattina, Carlo Stasolla Presidente dell’Associazione 21 Luglio ha presentato, ai numerosi giornalisti accorsi, un COMUNICATO STAMPA con il quale si annunciava che la Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha accolto un ricorso presentato da tre cittadini di etnia Rom, residenti nel Camping River, insieme al proprio avvocato.

Secondo Carlo Stasolla la Corte Europea ha sospeso lo sgombero del Camping River sino al 27 luglio 2018.  Il Consiglio Nazionale dei Rom Sinti Caminanti del Camping River, 52 famiglie, hanno chiesto di avere copia del ricorso. Carlo Stasolla e l’Associazione 21 Luglio hanno rifiutato di dare copia richiesta.

Proprio ieri mattina, Marcello Zuinisi, legale rappresentante Associazione Nazione Rom, su mandato di 52 cittadini/e residenti c/o Camping River, ed in conseguenza e coerenza con il protocollato ricorso gerarchico urgente alla Prefettura UGT di Roma, avverso ordinanza sindacale n. 122 emessa da Roma Capitale, presentato alla Prefettura il 20 luglio 2018 ed alle successive comunicazioni inviatevi con posta certificata, ha CHIUSO A CHIAVE il cancello di ingresso del Camping River, per difendere lo STATO DI DIRITTO CONTRO LA VIOLENZA DEL NON STATO.

Dopo la conferenza stampa di Carlo Stasolla e dell’Associazione 21 luglio, ripresa da tutte le testate giornalistiche nazionali, la Polizia di Stato ha intimato a Marcello Zuinisi una notifica. Tutti i Rom Sinti Caminanti si sono trincerati dentro il Camping River in difesa dello STATO DI DIRITTO CONTRO GLI ABUSI DEL NON STATO. Dalle sbarre la Polizia Municipale di Roma Capitale ha notificato a Marcello Zuinisi una denuncia penale per violazione dell’articolo c.p. 340: “interruzione di pubblico servizio”.

Entro il 26 luglio 2018, la Prefettura dell’Ufficio Territoriale di Governo di Roma, deve rispondere alle nostre istanze presentate con carte bollate: lo dice la legge. Sono due i ricorsi gerarchici presentati da Rom Sinti Caminanti del Camping River e sono uniti ed interconnessi tra loro.

CONTINUIAMO A CHIEDERE:

1) SOSPENSIONE IMMEDIATA DI OGNI EFFETTO PRODOTTO DALL’ORDINANZA SINDACALE 122 DEL 13 LUGLIO 2018 EMESSA DALLA SINDACA VIRGINIA RAGGI

2) INTERVENTO CON URGENZA CON UNITA’ DI PROTEZIONE CIVILE, CON BAGNI CHIMICI, ACQUA, UNITA’ ABITATIVE MOBILI E/O TENDE, ENERGIA ELETTRICA, A SOCCORSO DELLA POPOLAZIONE ROM SINTI CAMINANTI c/o il VILLAGE RIVER COME RICHIESTO DAL DOTT ANGELO BORRELLI CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE IN DATA 12 LUGLIO 2018 (ALLEGATO)

3 CONVOCAZIONE TAVOLO TRA LE PARTI AL FINE DI PROGRAMMA CELERMENTE IL SUPERAMENTO DELL’ATTUALE SITUAZIONE DI EMERGENZA IGIENICO SANITARIA, IMPLEMENTANDO, CON COERENZA GLI ACCORDI QUADRO STRUTTURALI EUROPEI E LA STRATEGIA NAZIONALE DI INCLUSIONE DEI ROM SINTI CAMINATI

http://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2018/07/24/rom-zuinisi-difendiamo-lo-stato-di-diritto_e6412137-8231-4503-b3e1-91f57eb9419d.html

ufficio stampa e comunicazione

Associazione Nazione Rom

c/o Camping River, Via Tenuta Piccirilli n. 207, Roma

tel +39 3281962409 email nazione.rom@gmail.com 

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Associazione 21 Luglio: «Offesa alla Corte Europea, così si perde fiducia nella democrazia»

Parla il presidente dell’associazione, Carlo Stasolla:«Un centinaio di uomini, donne e bambini, già in condizioni di estrema fragilità saranno esposti a un’ancora maggiore vulnerabilità»

«Da oggi chi vive in Italia non può dare per scontati i diritti umani fondamentali». È sconcertato Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 Luglio che aveva assistito tre nuclei di rom per la presentazione del ricorso a Strasburgo.

Martedì scorso era andato in Campidoglio a presentare la petizione firmata da centinaia di romani contrari allo sgombero di Camping River. Quando era arrivato il giudizio che in un primo momento aveva bloccato tutto, dalla 21 Luglio avevano salutato la vittoria dei Davide contro il Golia della politica. Ma non è servito.

Che cosa rappresenta lo sgombero del Camping River?

Di sgomberi purtroppo ne abbiamo visti tanti. Si presentano scene atroci, da non dormirci la notte. In questo caso, però, siamo di fronte a una situazione ancora peggiore. C’è un’aggravante che costituisce un precedente pericoloso: il gesto scellerato che offende in maniera sprezzante l’autorità e le funzioni della Corte europea. Un centinaio di uomini, donne e bambini, già in condizioni di estrema fragilità saranno esposti a un’ancora maggiore vulnerabilità.

Lo sgombero è arrivato prima che la Corte di Strasburgo potesse esprimersi sulle carte del governo italiano.

Noi le avevamo lette e con i nostri avvocati abbiamo presentato le controdeduzioni. Non ci saremmo aspettati un’accelerazione del genere, che potrebbe essere dovuta al timore di una censura ulteriore proveniente da Strasburgo. Presentano questo abuso come riappropriazione di sovranità contro i diktat europei, secondo uno schema adoperato diverse volte da questa maggioranza.

Cosa ne sarà delle persone che vivevano in quel posto?

In pochi hanno accettato i ricoveri di emergenza. In queste ore stiamo apprendendo che anche tra quei pochi alcuni stanno rinunciando, non vogliono che il loro nucleo familiare si divida. Preferiscono rimanere in mezzo a una strada. In questi giorni abbiamo cercato di spiegargli che ancora ci troviamo in uno stato di diritto, che l’Europa difende le minoranze e che non tutto era perduto. Ma adesso dubito che avranno ancora fiducia nelle istituzioni e nelle garanzie democratiche.

Giuliano Santoro

da il manifesto

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