Il sistema carcerario italiano è fuorilegge. La capienza regolare, cioè il numero di posti disponibili sulla base delle strutture architettoniche realmente esistenti è stato superato da tempo. Siano ormai oltre il tutto esaurito, 57.030 detenuti (censimento del 16 ottobre scorso) contro i 43.262 posti-cella previsti (quelli che nel regolamento penitenziario del 2000 vengono definiti «camere di pernottamento», intendendo con ciò che durante la giornata i reclusi non dovrebbero sostare nelle celle, come in realtà avviene, ma restare aperti). Per questo motivo un grande numero di istituti penitenziari operano di fatto al di fuori della legalità, cioè non sono in grado di ottemperare alle norme che ne presiedono il quotidiano funzionamento. Superfluo sottolineare che in questo modo si pongono al di fuori dello stesso articolo 27 della costituzione. Posizione abbastanza scomoda e paradossale per una istituzione dello Stato che incarna il luogo dove la Giustizia si traduce nei suoi termini più concreti e materiali, l’esecuzione della sanzione, e perciò stesso rivendica (vedendone affievolita la legittimità) una missione correttiva. Negli anni passati si è pensato di risolvere il sovraffollamento strutturale con una semplice circolare amministrativa che introduceva la nozione di «capienza tollerabile». Un trucco contabile, una truffa vera e propria, una specie di gioco di prestigio che riducendo i parametri minimi vigenti all’interno dell’Unione europea, ovvero la soglia di vivibilità stabilita in base ai metri quadri disponibili per detenuto, ha aumentato la capienza. Così il numero dei posti è salito a 63.568; una soglia esplosiva, un punto di collasso del sistema che secondo le proiezioni stesse del Dap verrà raggiunto entro la fine dell’anno, se non decresce – e non decrescerà affatto con i ddl Berselli e Garfagna già in discussione – il numero degli ingressi che viaggia ormai al ritmo di 800-1000 al mese. La capienza regolamentare è già abbondantemente superata in tutte le regioni, ad eccezione della Valle D’Aosta. In 4 regioni i penitenziari hanno addirittura superato la stessa soglia di capienza tollerabile. In Campania a fronte di una ricevibilità regolamentare di 5.306 posti, tollerati 6.966, si è arrivati a 7.125 detenuti. In Emilia Romagna si è giunti a 3.919 sui 2.270 previsti e 3.761 tollerati. In Veneto a 2.924 sui 1.917 previsti e 2.902 tollerati. Anche in Trentino tetto regolamentare e di tolleranza abbondantemente oltrepassati. In Friuli, Liguria, Lombardia, Marche e Sicilia la soglia di tolleranza è prossima allo sforamento (ancora un 10% di posti virtuali disponibili) e poi sarà il crack.La situazione è talmente grave che il neopresidente del tribunale di sorveglianza di Milano – come racconta il Corriere della sera di ieri -, Pasquale Nobile De Santis, ha scritto al ministro Angelino Alfano per denunciare le condizioni delle carceri di Busto Arsizio, Varese, Monza e Milano san Vittore, dove il numero dei detenuti ha toccato le 1424 unità contro le 900 disponibili. Celle di 3 metri per 2 con letti a castello a tre piani che raggiungono il soffitto, materassi sul pavimento, scarafaggi, infiltrazioni d’acqua, docce col contagocce. Densità da carro bestiame, pulizia da pollaio. In affanno il governo conferma le sue politiche sicuritarie alimentate da quell’industria dell’incarceramento sociale, vera guerra dall’alto contro immigrati, tossicodipendenti, giovani delle periferie (legge Bossi-Fini sull’immigrazione, Fini-Giovanardi sulle droghe, ex Cirielli sulla recidiva) che l’indulto ha solo momentaneamente tamponato. Annuncia l’ampliamento dei padiglioni esistenti e la costruzione di nuove carceri. Ma ci vorranno anni. Intanto la popolazione reclusa si gonfia e gli studenti sono scesi in piazza. Ma non era già successo?
Paolo Persichetti
Share this: